Pensieri dal sottosuolo

Alla ricerca delle radici religiose dell’uomo 

di Monica Catani
insegnante di religione cattolica a Monaco di Baviera

 Alla ricerca d’ispirazione per questo articolo, oggi ho deciso di fare una passeggiata nel bosco, il luogo fisico delle radici.

Non che qui le radici si debbano per forza vedere meglio, rimangono pur sempre sotto la terra, ma, con tanti alberi di tutte le dimensioni, la loro presenza è parte integrante del paesaggio: dovunque tu sia hai la certezza che la terra sotto ai tuoi piedi sia permeata, sorretta e costituita da una rete di migliaia di inestricabili radici. Sono nascoste, lavorano al buio e in silenzio. A volte sporgono, diventano visibili, scorrono in mezzo al sentiero come immobili, durissimi serpenti, diventano un ostacolo o costituiscono un pericolo d’inciampo. Con il loro essere potente e silenzioso canalizzano la mia attenzione.
La persona e le sue radici religiose: cerco di lasciarmi prendere per mano da questa immagine e di sbrigliare i pensieri. Le radici, la parte nascosta della pianta, quella che nutre, mantiene la vita, si sottrae alla vista, sta alla base, che scende a cercare profondità inaudite o rimane in superficie, che schiva gli ostacoli, imbriglia i sassi, che tiene ferma la terra impedendo lo smottamento, che cresce, che si allarga ramificandosi, che con forza e pazienza riesce a farsi largo addirittura nell’asfalto delle nostre città. Oggi sappiamo anche che le radici sono il mezzo privilegiato con cui le piante entrano in relazione fra di loro, comunicano in un linguaggio a noi in gran parte sconosciuto. Le radici in genere non hanno particolare bisogno di cure, crescono guidate da quella volontà di vita che muove il mondo, a volte si possono seccare o venire divorate da qualche bestiolina affamata che vive sotto terra con inevitabili funeste conseguenze per la pianta in questione.

 Più vive che mai

Se accetto la sfida di riflettere sulle condizioni di salute delle radici religiose nella persona in questo nostro tempo, sento la necessità di differenziare. Come la radice è un organismo ampio e svariato nelle sue componenti, così l’ambito religioso può e deve essere distinto nella specificità delle sue sfaccettature: religione, religiosità, fede, sacro, culto, spiritualità. Specchio minimalista della complessità ed individualità che ognuno di noi coltiva nel rapporto personale col divino.
Pensando agli amici o ai tanti scolari conosciuti insegnando religione, sono profondamente convinta che le radici religiose anche oggi siano più vive che mai. Possono essere visibili e ben salde nel senso di appartenenza a una religione, ma anche essere ancorate alla ribellione, allo scandalo, alla critica feroce come a quella dolorosa, alla consolazione e al sostegno ma anche all’autoritarismo e al sopruso. Sono presenti nella ricerca dell’altro da sé, nelle religioni dal fascino sconosciuto ed esotico, e si dimostrano altrettanto vive anche nel rifiuto categorico o nella paura di queste.
Anche la tradizione millenaria di una religione legata ai luoghi, alla visibilità pubblica e al legame indissolubile e millenario creato con l’arte è un terreno fertile da cui le radici religiose traggono copioso nutrimento, in parte anche inconsapevolmente.
Sappiamo che a volte la religione istituzionalizzata, per una certa lentezza e pesantezza strutturale o per lo scandalo dato da qualche responsabile, non gode sempre e solo di simpatia. Per contro assistiamo ad un vero fiorire dell’interesse per la spiritualità. La fede tramandata e vissuta anche in famiglia come ce la proponevano spesso con l’esempio di vita i nostri nonni è diventata materia rara. L’anno liturgico con le sue scadenze, se escludiamo le feste principali, è ormai sconosciuto alla maggioranza. Si potrebbe pensare ad una perdita irreparabile, una radice religiosa portante che si è seccata. Potrebbe però anche trattarsi di una fine fisiologica che dà spazio ad altre ramificazioni che portano nutrimento ad altre parti della pianta.

 Pronti a una nuova fioritura

Nel confronto coi bambini ho occasione di toccare con mano il loro bisogno di mettere le proprie radici religiose. Spontanei e fiduciosi tendono a gettarle accanto a quelle dei loro genitori o insegnanti e ne traggono nutrimento godendone la stabilità che gli dà libertà di movimento come il giunco, sottile e flessibile, che si muove nel vento saldamente ancorato alla terra. I giovani invece cercano il confronto e vogliono capire, non si accontentano di frasi preconfezionate o di esperienze vissute da altri. Alcuni imboccano la strada della ribellione e i più estremi tentano di troncare radicalmente le radici, con risultati che possiamo immaginare.
Esistono radici quasi impossibili da estirpare, quelle che quando pensi di averle tolte completamente, poi tornano a rigettare o a fiorire come un regalo inaspettato. Basta che ne rimanga un pezzettino piccolo ma vitale, che questo riprende a crescere invisibile e indomabile. Io penso che le nostre radici religiose siano di questo tipo: certo hanno anche bisogno di cura per fare crescere la nostra fede e approfondire la nostra spiritualità, ma, anche se vengono trascurate e non possono svilupparsi al meglio, poi al momento in cui si va consapevolmente a cercarle le si ritrova, sempre al loro posto, vitali, pronte a dare nutrimento e a fare sbocciare la fioritura.

 Un bosco, molte radici

Continuando a dipanare l’immagine delle radici religiose, mi chiedo quale sia il terreno adatto su cui abbiamo innestato le nostre e quale il fertilizzante che può nutrire e garantire la loro crescita ottimale. Le radici religiose s’innestano direttamente nel divino, in quel divino in cui viviamo immersi e spesso inconsapevoli, come i pesci vivono immersi e inconsapevoli nell’acqua. Poi per nutrirle al meglio e concimarle c’è bisogno di libertà, tolleranza, apertura, coraggio, sincerità con sé stessi e con gli altri, capacità di mettersi in discussione, cultura, studio, riflessione, dialogo. Conosciamo fin troppo bene i frutti amari di radici religiose alimentate da chiusura, esasperato rigore, pretesa esclusività e cieca condanna.
È pensabile anche una differenza specifica delle radici in base al tipo di pianta? Sappiamo che ci sono alberi le cui radici si trovano a loro agio non troppo lontano dalla superficie e si espandono in larghezza, altre invece che hanno la capacità - verrebbe quasi da parlare di volontà - di svilupparsi fino a oltre un centinaio di metri nel profondo della terra. Altrettanto differenziate possono essere le radici religiose e variegati sono poi i loro frutti nel rapporto col divino: ci sono le persone con una fede incrollabile e quelle piene di dubbi, le fedelissime alla liturgia e quelle che amano la solitudine e la meditazione. C’è chi agisce, chi parla, chi studia, chi danza, chi prega, chi assapora il silenzio e chi fa sia l’uno che l’altro.
Concludo con un famoso aforisma attribuito a Goethe, una quintessenza dell’educazione, in due parole: i doni più grandi che i genitori possano fare ai loro figli sono radici e ali. Un antitetico, indispensabile bagaglio a mano per una vita in pienezza.