Salute da salus. La parola latina ha un significato più carico: significa salvezza. Il carcere dovrebbe produrre salvezza: dal passato, nel presente, del futuro. Non produce nemmeno salute, anzi è patogeno, fino ad effetti organici. Matteo, nell’affresco del capitolo 25, accosta la visita agli infermi e la visita ai carcerati. Non si può portare salvezza se non si porta salute. Non si può portare salute se non si porta salvezza.

a cura della Redazione di “Ne vale la pena”

 

 Ammalarsi non è reato

Salute e malattia alla Dozza 

DIETRO LE SBARRE

Il carcere contiene gli scarti?

L’Articolo 32 della nostra Costituzione repubblicana sancisce che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo» e di conseguenza anche negli istituti penitenziari opera il servizio sanitario nazionale, garantendo un servizio rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti.

Infatti, nella Casa Circondariale di Bologna vi erano una serie di studi medici specialistici, dotati dell’attrezzatura necessaria per poter offrire un servizio nei settori della dermatologia, dell’otorino-laringoiatria, dell’oculistica, della cura dentale oltre che nella diagnostica per immagini. Purtroppo, le rivolte accadute in carcere nel mese di marzo hanno portato alla distruzione quasi totale delle infermerie di reparto e degli studi medici, privando di fatto i detenuti della possibilità di potersi curare all’interno dell’istituto ed obbligandoli ad essere trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi o di cura, con liste di attesa spesso insostenibili. Il Paese intanto sta attraversando la pandemia da Covid-19 con la conseguente difficoltà degli ospedali ad affrontare ricoveri ordinari e le emergenze. In questo clima di obiettiva difficoltà il personale sanitario e paramedico affronta quotidianamente gli sforzi necessari per garantire la visita dei detenuti ammalati, di quelli che ne fanno richiesta, e somministrare i farmaci prescritti.

 Il silenzio ne fa di più

Abnegazione e professionalità di chi lavora in una struttura particolarmente esposta qual è il carcere, con socialità imposta e dove il rischio di focolai di infezione è all’ordine del giorno, hanno garantito e continuano a garantire un adeguato servizio. Ma ciò non basta, perché è cambiato il carcere e sono cambiati i detenuti. Questa pandemia ha evidenziato come, purtroppo, gli istituti di pena vengano letti come il contenitore degli scarti, che una società moderna ed orientata al profitto produce, e che, per questo, non è in grado di gestire. Il carcere si sta riempiendo oltre le potenzialità ricettive, di senza tetto, malati psichici, tossicodipendenti, alcolisti e ludopatici. In questo quadro la pandemia ha generato in persone obiettivamente già deboli il senso dell’abbandono, in quanto le prescrizioni rigide imposte agli ingressi dei volontari ha, di fatto, annullato tutti i percorsi di risocializzazione e reinserimento avviati.
Anche per chi ha la fortuna di avere familiari ed affetti, la pandemia ne ha condizionato la continuità, a causa delle limitazioni ai colloqui: ciò provoca fortissimi scompensi nell’equilibrio mentale dei detenuti creando profondi stati d’ansia e di paura tanto per la propria quanto per l’altrui salute. “Questa vita lascia lividi ma il silenzio ne fa di più … " recita una canzone e il carcere lo dimostra. I rapporti umani dovranno essere ridisegnati perché nulla tornerà più come prima e per questo è importante anche uno sforzo da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nell’individuare forme di ristoro materiale ed esistenziale anche per i detenuti che, come tutti, stanno subendo sulla propria pelle le conseguenze di questa tragedia globale.
Nel carcere di Bologna le misure adottate hanno prodotto confortanti risultati e, fortunatamente, eccetto rari casi al momento, il virus non si è diffuso e di ciò va dato atto allo sforzo comune compiuto da tutte le componenti del mondo carcerario, primo tra tutti quello dei detenuti che sono stati privati di spazi di autonomia e di socialità a garanzia della salute di tutti.

Fabrizio Pomes

 La salute è per tutti (liberi e reclusi)

Succede spesso che i detenuti scoprano di avere una malattia soltanto dopo vari controlli medici che vengono effettuati al loro ingresso, oppure durante la loro permanenza negli istituti di pena. Questo è dovuto al fatto che la maggior parte della popolazione detenuta è composta da persone provenienti da contesti di marginalità sociale: tossicodipendenti, immigrati clandestini, cittadini senza fissa dimora. Poiché da persone libere il loro status può, spesso, essere un ostacolo per accedere al servizio sanitario nazionale, l’entrata in carcere diventa un’opportunità per potersi curare.

La privazione della libertà individuale non deve compromettere anche il diritto alla salute ed il libero accesso alle cure garantito dalla Costituzione. Anche negli istituti penitenziari, come nella società libera, vi sono patologie rilevanti, ma i disturbi psichiatrici, come depressione e stati ansiogeni, spesso causati dalla tossicodipendenza, sono i più diffusi dietro le sbarre. Uno dei momenti più critici per l’equilibrio psicofisico è quello dell’ingresso in istituto. Si tratta di un vero e proprio trauma psicologico, in quanto la persona perde il proprio ruolo sociale, gli affetti e gli oggetti che l’accompagnavano nella quotidianità.
Di solito, quando i detenuti vedono un loro compagno giù di morale, non lo lasciano solo, ma gli fanno compagnia e, per consolarlo, gli dicono: «Dai, fatti forza. Non ti lamentare. C’è chi sta peggio di te! Pensa, ad esempio, a chi non è in buona salute e si trova in ospedale». Spesso siamo un sostegno psicologico l’uno per l’altro, dato che la figura dello psicologo è una risorsa quasi impossibile da raggiungere.

 Pillole saltatempo

I soggetti affetti da malattie psichiche manifestano un carattere impulsivo, contrassegnato, spesso, da atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, litigi verbali ed aggressioni fisiche. Ciò, oltre a complicare lo svolgimento del lavoro agli agenti della polizia penitenziaria, rende stressante la vita ristretta degli altri detenuti. La detenzione incide anche sul sonno. Questo porta molti a ricorrere ai sonniferi. Altri invece, non riuscendo ad affrontare la detenzione, cercano rifugio negli psicofarmaci, che aiutano a dimenticare, fanno saltare un pezzo di giornata, accorciano la percezione del tempo. E, infine, alcuni detenuti assumono droga per sballarsi.
Al momento della chiusura delle camere di pernottamento, prima di dover affrontare le lunghe ore della notte, non manca mai il passaggio dell’infermiera, con il carrello per la distribuzione delle terapie: se mancasse questo la notte per molti sarebbe inaffrontabile. Tenendo presente che ci troviamo all’interno di una struttura carceraria, caratterizzata da regole molte rigide, il trattamento sanitario che si riceve si può considerare discreto, poiché, per ogni tipo di malessere, è possibile recarsi negli ambulatori dell’istituto, sia di giorno che di notte. Il carcere è di per sé un luogo di sofferenza, ma potrebbe diventare un luogo di tutela della salute, viste le opportunità di curarsi che il sistema offre.

Igli Meta