La panoramica delle attività caritative dei Frati cappuccini dell’Italia del Nord, curata da fr. Giordano Ferri, termina qui, con la Mensa di Trento. Ma intanto sono già nate altre iniziative di cui renderemo conto nei numeri di MC del prossimo anno.

a cura della Redazione di MC

 «Te ghe pensi ti»

Provvidenza e impegno alla Mensa di Trento

 di Fabio Squizzato
frate cappuccino veneto

 Un piccolo esercito

Mi sembra di vederlo ancora lì con la sua lunga barba e quel sorriso autentico, lui padre Fabrizio Forti, che si rivolge al crocifisso e in dialetto trentino se ne esce con la frase «O te ghe pensi ti o mi sero».

È questa una delle prime immagini che vivono nel ricordo di Enzo Perego, “quel de la Mensa”, come lo chiamano tutti: erano gli incontri con i volontari alla fine degli anni Novanta quando a Trento presso il convento dei cappuccini in via della Cervara nasceva la Mensa della Provvidenza. Inizialmente erano talmente pochi quelli che bussavano alla porta dei frati per dare una mano ad organizzare questo servizio a favore dei poveri che la tentazione di chiudere ci fu davvero.
Ma da quella supplica di padre Fabrizio sono passati quasi venticinque anni e da quel manipolo di volontari si è passati ad un piccolo esercito della carità organizzato in maniera da tenere aperta la Mensa per la cena sette giorni su sette. Parliamo di più di quattrocento persone divise in squadre di dieci volontari per turno, circa trecento singoli e un centinaio dai gruppi parrocchiali.
Inizialmente la Mensa era organizzata nella parte alta del convento dove i padri insieme a pochi volontari con una buona dose di pionierismo riuscivano ad ospitare qualche decina di poveri per dar loro da mangiare. Un perfetto spirito francescano che non è venuto meno quando nel 2005 è stata aperta la nuova sala-mensa nella parte bassa del convento e dove oltre ai tavoli e alle sedie sono stati ricavati anche i locali per le provviste ed una moderna e funzionale cucina.

 Un bel salto

Un bel salto di qualità è stato fatto anche nell’accoglienza, con la recente costruzione di una tettoia per garantire un riparo a chi attende di poter entrare per mangiare un pasto caldo. Oggi infatti i poveri che ogni giorno frequentano la mensa sono circa un centinaio e il servizio viene organizzato su due turni dalle ore 17.00 fino alle 19.00.
A coordinare ed organizzare i turni dei volontari c’è ancora Enzo Perego: la sua presenza - ama dire - è «frutto della provvidenza» come molti segni ed episodi che ha vissuto in questi venticinque anni; come quella volta che per gli ospiti mancava il dolce ed il servizio era ormai prossimo all’apertura; pochi minuti prima di togliere il chiavistello dalla porta, telefonò il dipendente di una grossa azienda dove, dopo aver organizzato un rinfresco, erano rimaste cento fette di torta. «Se non son segni della provvidenza questi…», mormora sottovoce sorridendo il buon Enzo mentre sottomano tiene il foglio con tutti gli incastri dei turni della settimana successiva.
Il sottoscritto fra Fabio Squizzato è l’ultimo tra i cappuccini in ordine di tempo a prendere in mano la responsabilità del servizio della Mensa, che non offre solo cibo a chi ha fame, ma è un luogo dove chi va per prestare servizio trova accoglienza per sé stesso e per i propri drammi: è come se per qualche ora si deponesse la propria croce nelle mani della provvidenza, perché il dare ed il ricevere al convento di via della Cervara a Trento si alimentano in maniera vicendevole.
Partendo da padre Fabrizio Forti, passando per fra Massimo Lorandini e fra Gianpiero Vignandel, recentemente scomparso a causa del Covid e che ha lasciato un’impronta di umanità indelebile tra i volontari, sono stati molti coloro che tra i cappuccini hanno posato una pietra per costruire l’attuale Mensa della Provvidenza. 

Covid e take away

Proprio il Covid, il lockdown, le restrizioni e le cautele imposte dal periodo che stiamo vivendo hanno costretto padre Fabio ed Enzo a rivedere l’organizzazione del servizio. L’accesso alla mensa per questioni di distanziamento sociale non è più possibile ed ora ogni giorno il pasto viene distribuito in modalità da asporto. Questo non ha fatto venir meno l’impegno, anzi lo ha moltiplicato, perché, dal semplice panino dei primi giorni, in poche settimane si è passati a confezionare pasta, riso freddo, verdure e dessert, insomma un menu ad hoc nonostante le difficoltà.
Ad approvvigionare la Mensa sono molte realtà del territorio, ingrossi alimentari, punti vendita ed associazioni. Accanto al pasto per i poveri, vengono anche distribuiti dei pacchi viveri per le famiglie in difficoltà economiche.
Cibo, ma anche medicinali e assistenza tout court, perché alla Mensa vi è anche un supporto personale dal punto di vista sanitario ed anche un’assistenza per aiutare i poveri nel rapporto con la burocrazia e con i permessi di soggiorno.
Dopo il lungo periodo passato insieme a padre Fabrizio Forti dove la mensa è nata, cresciuta e si è strutturata, oggi il servizio sembra poter camminare solidamente sulle proprie gambe. Io sono arrivato a Trento dopo l’esperienza di tredici anni in una cooperativa che si occupava soprattutto di dipendenze, alcool, minori, droghe ed emarginazione. La vicinanza e l’attenzione ai poveri fa parte della nostra vocazione francescana, il contatto con le persone e soprattutto quelle povere serve anche a me, alla mia vocazione, anche per capire il futuro. Secondo me i poveri ci dicono molto anche di come sta evolvendo la società.
La mia sarà una breve parentesi a Trento prima di tornare in laguna per prestare servizio alle parrocchie della Giudecca e al carcere femminile di Venezia; la responsabilità della mensa e del convento passerà a padre Luca Trivellato chiamato a portare avanti quest’opera insieme ai volontari.
Attualmente il convento dei cappuccini a Trento conta otto frati, il numero sarà confermato anche per i prossimi tre anni; la Mensa rappresenta l’attività principale insieme al servizio liturgico nella badia di San Lorenzo.
Volgendo lo sguardo al futuro, la sfida è quella di pensare a come riorganizzare gradualmente l’accoglienza dei poveri all’interno della struttura e rinforzare la collaborazione con le altre associazioni e con il sistema di welfare pubblico che si occupa dei poveri. Oggi non è più possibile lavorare all’interno dell’ambiente sociale da soli. Per esempio, se le tessere delle borse alimentari distribuite mensilmente presso di noi facessero parte di un circuito di carità cittadino, a cui queste persone si possono rivolgere, sarebbe un bell’inizio di lavoro in rete.