C’era una volta (e c’è ancora)

Breve storiella per smascherare qualche ipocrisia di troppo

 di Fabio Colagrande
giornalista

 Nel ridente centro campestre di Modestino è tutto pronto per l’attesa visita pastorale del vescovo Evaristo Ricconi, pastore severo, ma giusto, che anche quest’anno omaggerà i fedeli in occasione della festa del Santo Patrono.

Le pie donne del piccolo ma dignitoso paesino hanno ornato umilmente a festa i cadenti balconi e colorato di fiori la piazzetta di fronte alla vetusta, ma imponente cattedrale. Un coro di orfanelli un po’ svociati, adeguatamente addestrati dal parroco don Franco Miseria, intona con trasporto allegri, ma rispettosi canti di benvenuto. I membri della banda del paese, impettiti nelle loro divise rattoppate, soffiano nei vecchi ottoni ammaccati, mentre il sindaco Nunzio Accattone, nel suo liso frac d’ordinanza, è pronto per il breve, ma intenso discorso di benvenuto.
Quand’ecco il lucido, ma sobrio SUV pilotato dall’elegante, ma morigerato segretario del presule fa il suo ingresso rombante nella piazza accolto da un flebile, ma fremente battimani.
«Ben… Benvenuto Eccellenza!», balbetta rauco il primo cittadino in un microfono gracchiante, mentre il presule lo raggiunge con passo maestoso, ma umile sul traballante palchetto allestito per l’occasione. «È con gioia ed emozione che la accogliamo fra di noi in questa giornata dedicata al nostro patrono San Pezzente». Il vescovo lo ascolta pensoso, accarezzando al contempo la croce francescana d’oro massiccio poggiata delicatamente sul suo ventre prominente, ma buono.
«Eccellenza reverendissima… ben conoscendo la sua nota insistenza affinché l’opzione preferenziale per i poveri, così centrale nel vangelo, si traduca in scelte pastorali concrete - prosegue con tono flebile ma deciso il sindaco - si è pensato che il modo più cristianamente corretto di renderle omaggio in questo Santo giorno fosse quello di dedicarle un gesto di misericordia…».
Si avvicina claudicante, ma solenne al microfono il parroco don Miseria. Barba lunga di qualche giorno, la tonaca impataccata, ma un lampo di soddisfazione nei limpidi occhi chiari: «Eccellenza… in occasione della sua agognata visita pastorale i parrocchiani hanno organizzato una piccola colletta destinata a finanziare la costruzione di un centro di accoglienza frugale, ma ospitale, destinato a disagiati e indigenti… Le umili, ma generose famiglie della nostra comunità, incuranti dei loro disagi economici, acuiti dalle recenti epidemie e conseguenti carestie, si sono tolte il pane di bocca per contribuire all’edificazione di quest’opera santa che recherà conforto a senza tetto, madri sfortunate, disoccupati, orfani, migranti e profughi…». Il lungo elenco di disgraziati sembra irritare leggermente il vescovo che sbuffa sommesso giocherellando con la sua croce d’oro, muovendo nervosamente i piedi fasciati dai lucidi, ma austeri mocassini.
Il sindaco Accattone nota la reazione dell’illustre ospite e interrompe il parroco esibendo al contempo il contenuto della cesta: «Ecco Ecce… Eccelle… nza! Ben trentaduemila euro raccolti in pochi mesi per avviare i lavori del nostro centro di accoglienza che vorremmo intitolare al nostro Santo protettore: Centro Pezzente!». Applausi convinti dall’assemblea. La cifra snocciolata con “nonchalance” dal primo cittadino di Modestino ha inaspettatamente un effetto rinvigorente per l’anziano prelato: il suo volto si illumina.
«Questo denaro», prosegue il sindaco, «viene oggi consegnato simbolicamente al nostro patrono, nel giorno a lui dedicato, perché servirà a iniziare quest’opera, di cui ci auguriamo sarà lei, Eccellenza, a porre prossimamente la prima pietra!». Con gesto grave, ma contenuto il sindaco consegna la cesta al parroco che, con mano tremante, ma felice, la pone reverente e emozionato ai piedi della statua del Santo.
«Carissimi fratelli e sorelle«, scandisce all’improvviso con tono suadente, ma fermo l’arcivescovo Evaristo Ricconi, interrompendo l’ovazione cittadina e allontanando bruscamente dal microfono il sindaco di Modestino, «è con gioia e trepidazione che accolgo cotesto vostro gesto di solidarietà così opportuno e inaspettato in questo tempo di egoismi e individualismi. Un tempo, ahimè», prosegue mesto, ma dignitoso il presule, «in cui la nostra Santa Chiesa si trova da sola ad affrontare la prepotenza e l’avidità di un mondo ateo e secolarizzato dominato da un’economia che spesso… uccide!». La pausa teatrale del navigato oratore genera un applauso accorato dall’attenta assemblea. «Sì… fratelli e sorelle, un’economia che uccide, perché basata su un sistema di sviluppo che umilia i più poveri secondo l’implacabile cultura dello scarto. Ma i poveri non sono scarti… anzi sono la carne di Cristo!». Un nuovo applauso esplode inevitabile, accompagnato da grida di sacro giubilo.
«Ma fratelli e sorelle», prosegue mite, ma fermo il saggio prelato, «cosa accadrebbe se il frutto del vostro eroico e benedetto gesto di solidarietà, invece di concorrere alla realizzazione della storia della salvezza, trasformandosi in carità operante, cadesse nelle mani dei lupi?». Una nuova studiata pausa del vescovo fa calare un silenzio timoroso, ma rispettoso nella piazzetta di Modestino. Il segretario don Clelio Benestante sogghigna intuendo per esperienza dove vada a parare il suo principale.
«Avete pensato ai rischi che il peccato di corruzione dilapidi in rivoli diabolici il denaro della vostra santa colletta?». All’evocazione di satana un fremito di orrore attraversa la piazza. «Avete considerato la possibilità che quegli scomunicati degli uomini della criminalità organizzata si impossessino subdolamente dei soldi odorosi di bene da voi faticosamente raccolti?». Altro fremito di orrore tra gli astanti, altra pausa tattica dell’oratore.
«Carissimi fratelli e sorelle… non abbiate paura! Ma allora che ci sta a fare il vostro buon pastore, il vostro amato vescovo Evaristo? Eh?». Un raggio di speranza illumina i volti degli sprovveduti fedeli di Modestino. «Cosa sono venuto a fare oggi, se non per mettere al sicuro il frutto del vostro amore e impedire che gli artigli del diavolo vi strappino cotesta piccola ma umanitaria somma raccolta con tanti sforzi?».
«Piccola un piffero…» sussurra fra sé e sé il sindaco che ha già capito l’antifona.
«Ed è per questo che, ringraziandovi per questa opera benemerita, che certamente concorre a sgombrare il vostro cammino verso il Paradiso, preferisco accollarmi l’onere di custodire nella sicura e santa cassaforte curiale questi pochi denari, in attesa che raccogliate il resto della somma necessaria al completamento di questa santa opera di beneficenza!».
«Pochi denari?», sussurra dubbioso, ma irritato il parroco, «Cosa intende per pochi? Sono trentaduemila euro, Eccellenza!».
Ma la domanda del parroco di campagna resta senza risposta. L’arcivescovo ha appena pronunciato l’ultima parola che con gesto regale, ma inesorabile, il segretario si è impossessato della cesta ed è balzato con il presule a bordo del SUV ripartito a razzo lasciandosi dietro solo una nuvola di gas di scarico. Puzzolente, ma santa, ovviamente.

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