Alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere». (Lc 21,1-4)

 

Divine tabelline

La povertà della vedova è moltiplicata da Dio in un’incalcolabile ricchezza

 di Elizabeth Green
Pastora battista di Cagliari e Carbonia,

membro del Coordinamento Teologhe Italiane

 Povertà e ricchezza sono relative, stanno in relazione l’una all’altra.

La ricchezza di alcuni genera la povertà di altri. Non si è semplicemente poveri bensì impoveriti, resi e rese povere. Segnaliamo subito la differenza di genere non solo perché il nostro brano gira intorno a “una vedova povera”, ma perché è in atto una femminilizzazione della povertà. Quindi, volendo stabilire un contrasto tra ricchi e poveri, Luca sceglie una vedova, figura a lui cara, proprio per il rischio di indigenza che correva.
Come si vede dai primi capitoli degli Atti, a Luca interessa molto la questione del denaro e cosa ne facciamo. Solo nel suo vangelo appare la parabola del ricco e Lazzaro che ribalta - purtroppo solo post mortem - la sorte dei due uomini (16,19-31). Mentre «il povero morì e fu portato dagli angeli accanto a Abramo… morì anche il ricco … e (stava) negli inferi». Non c’è verso di cambiare la situazione, l’unica cosa che il ricco può sperare è che i suoi cari, per evitare la sua fine, diano retta alle Scritture che esortano alla giustizia, alla misericordia e all’attenzione verso i poveri.
In seguito (19,1-10), Luca mostrerà ciò che ai ricchi viene richiesto: un’inversione nella propria vita che raddrizzi la relazione tra ricchezza e povertà. Si tratta della restituzione - addirrittura maggiorata - da parte di Zaccheo di ciò che aveva rubato. La salvezza arriva nella sua casa solo dopo che Zaccheo ha delineato il suo piano d’azione: dare metà dei beni ai poveri e restituire quattro volte tanto a chi aveva rubato. 

Beati i poveri

Luca, infatti, vede la salvezza come il ribaltamento di una condizione umana iniqua. Per dimostrare la sua misericordia, Dio «rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati, e rimanda i ricchi a mani vuote» (1,51-55). Così le parole di Gesù ai poveri «beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio» vengono accompagnate da una parola anche per i ricchi: «Guai a voi ricchi, perché avete già la vostra consolazione» (6,20.24).
Non ci sorprende, quindi, di trovare all’inizio e alla fine del racconto, una vedova. Ambedue sono chiaramente legate alla salvezza che quel luogo, in procinto di essere distrutto, avrebbe dovuto fare circolare. Alla fine del vangelo, laddove Anna aveva annunciato la redenzione di Israele è diventato «un covo di ladri» frequentato da venditori, ricchi e scribi che «divorano le case delle vedove» (19,45; 20,47). La vedova povera del nostro testo, quindi, è figura di contrasto solo ai ricchi e a chi si arrischisce facendo impoverire donne come lei. Eppure questa vedova povera è autrice di un’azione che si rivela fulcro del vangelo e cuore della pietà di Israele.
«La piccola offerta della vedova» è una parabola in azione, che anticipa - per chi la sa guardare - ciò che Gesù avrebbe compiuto da lì a poco. Figura femminile cioè «della grazia del Signore nostro Gesù Cristo: (che) da ricco che era, si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9).
Le ricchezze sono segno tangibile di una relazione squilibrata non solo con la creatura ma anche col Creatore. Sono proprio le ricchezze, l’appropriarsene, l’ammassarne, il conservarne ad ostacolare la nostra relazione con Dio. Impediscono il rapporto diretto con Dio nonché la fiducia assoluta che Gesù richiede. Ancora una volta solo Luca racconta la parabola del ricco stolto (12,13-21) sebbene tutti i vangeli insegnino che ciò che conta davvero non sono le ricchezze bensì l’essere «ricco davanti a Dio». Ma come si riesce ad essere «ricchi davanti a Dio»?

 Solo un’operazione

La risposta paradossale è diventare poveri, togliendo di mezzo ciò che ostacola la relazione con Dio. Così, rispondendo al notabile che gli chiede cosa deve fare per ereditare la vita eterna, Gesù dice «vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi» (18,22). Mentre “il notabile” è assai triste perché era molto ricco, la vedova (che avrebbe avuto ogni motivo per aggrapparsi a quel poco che aveva), non ci pensa due volte, ma getta nel tesoro del tempio gli unici spiccioli che le erano rimasti.
Com’è possibile che lei, avendo gettato nella cassa delle offerte solo due monetine (sgradite a chiese e negozianti) abbia dato “più di tutti” i ricchi? Quale alchimia ha avuto luogo che ha reso un’offerta così infima la maggiore di tutte? Meglio, quale miracolo è accaduto? Secondo una poesia di Jean Lemonnier, Dio ha un rapporto abbastanza strano con i numeri. L’addizione, per esempio, non gli va abbastanza in fretta, «va bene per i contabili, ma - dice Dio - io non sono un contabile». Il suo forte non è nemmeno la divisione (in quanto passa tutto il suo tempo a ripararne i danni), ma la moltiplicazione: «Sì, questa è la mia specialità - dice il Signore. Io stesso mi ritrovo nella moltiplicazione, mi sento a mio agio nella moltiplicazione, sono imbattibile in questo tipo di operazione». Ecco che cosa è accaduto: nell’economia divina Dio ha moltiplicato l’offerta della vedova fino a farne un tesoro, rendendola maggiore delle offerte di tutti i ricchi.

 Il fattore è la Resurrezione

Gesù non ci lascia col fiato sospeso, ma spiega esattamente il perché della sua straordinaria costatazione: «Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella, invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
In altre parole, mentre i ricchi potevano permettersi le loro offerte ingenti, la donna non poteva permettersi minimamente la sua. Mentre le offerte dei ricchi non intaccavano ciò che avevano per vivere, la donna ha messo a rischio la propria vita, ha scommesso il proprio futuro. Ha dato, dice il testo, «dalla sua miseria», ovvero dalla sua mancanza, da ciò che non aveva. Mi azzardo a dire che si è letteralmente svuotata, esattamente come Gesù che stava per «umiliarsi fino alla morte e alla morte in croce» (Fil 2,8). Questo significa che lo straordinario ingrandirsi della sua offerta è frutto di quella dinamica che conosciamo meglio come resurrezione. Ed è proprio questo il miracolo così difficile da comprendere per i ricchi. Così, alla richiesta del ricco Abramo risponde: «Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti» (16,31).
Così, in questo episodio collocato alla fine dell’attività pubblica di Gesù, Luca riassume la sua visione del vangelo declinandola al femminile. La povera vedova che nel tempio getta i suoi due spiccioli nella cassa delle offerte diventa immagine tanto del Cristo che diventò povero per noi affinché noi diventassimo ricchi, quanto della risposta che Dio vuole suscitare in noi, donne e uomini.