Dio non è Dracula

Una sorgente nuova diventa fiume in piena

 IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

La figlia che difende il Figlio

Ancora confusa in mezzo alla folla, come l’altra volta, ma adesso nessuno chiede guarigioni a questo Gesù, portato in giudizio davanti a Pilato dalla sua stessa gente.

«Si è fatto figlio di Dio, secondo la nostra Legge deve morire» pretendono i custodi di questa Legge; «crocifiggilo» urla il popolo, sobillato e fin troppo smemorato. Lui tace, ma io no, non posso tacere, proprio come quella volta, non posso tacere, c’è una vita innocente di mezzo, e grido: «Io pativo flusso di sangue, ma toccai il suo mantello e l’emorragia, che durava da 12 anni, cessò. Come può essere reo di morte chi ha restituito la vita?». Ma loro, pronti, ribattono: «Abbiamo per Legge di non presentare una donna come teste», così le mie parole caddero nel vuoto… «Figlia», non solo ero guarita da quel male che, in nome di quella stessa Legge, mi rendeva impura, intoccabile, reietta e segno della punizione di Dio per chissà quali colpe, ma, davanti a tutti, mi aveva chiamata Figlia, riconoscendomi dignità, identità e appartenenza. Io liberata perché Figlia, Lui condannato perché Figlio, ma se Lui tace griderò io, senza paura, griderò anche se non mi ascolteranno, l’innocenza del suo sangue, come, muta, gridai l’innocenza del mio».
Eccoci qui, ancora “distanziati” ma presenti e raccolti nella commozione davanti a questa donna straordinaria che abbiamo voluto raccontare aggiungendo al testo di Marco un brano preso dalla tradizione apocrifa, dal Vangelo di Nicodemo, perché ci è sembrato perfettamente coerente con il carattere che di lei delinea Marco stesso.
Ci sentiamo piccoli davanti a lei, infatti tardano ad arrivare le riflessioni degli amici del tè. «Non è mica facile» sbotta Serena, mentre traccio le possibili linee su cui orientarsi: è capitato anche a me di sentire la vita sfuggire? Ho avuto la forza di reagire? Qualcuno mi ha aiutato e in che modo? Oppure io ho espresso quella “potenza” che ha favorito una resurrezione? E come potremmo intendere quella “potenza” che Gesù dice di aver sentito uscire da sé? 

Amore con amor si paga

È Maurizio a scattare deciso: «Quell’energia è amore! C’è un detto, “amore con amor si paga; Gesù, che è amore puro, può non rispondere a chi glielo dimostra per primo con tanta fede e coraggio?». Poi continua sorridendo: «Nel mezzo del cammin di nostra vita la diritta via era smarrita: allora, un po’ per il mio buon carattere, un po’ perché ho incontrato delle persone speciali, sono riuscito a credere in me stesso e a diventare una persona nuova in cui mi trovo proprio bene. Ho avuto fede sì, in me stesso, in Dio e anche in queste persone che mi hanno capito e che mi vogliono bene».
Ha un’eco lontana la voce di Azadeh, mentre ci presenta, orgogliosa, una bambina che vive a Teheran, imbrigliata in un reticolo di norme che non possono essere messe in discussione: «Non lo voglio hegiab, il velo, perché io sì e mio fratello no? Mi fa caldo, è scomodo e brutto, non lo capisco e quindi non lo voglio! Avevo sette anni, ho tolto il velo in classe e mi hanno buttato via dalle scuole elementari, era il 1986». Stiamo ancora ammirando questa bambina ribelle quando Azadeh riprende: «Ma c’è voluto ancor più coraggio per portare mio figlio in Italia: aveva sette anni e tutti mi erano contro, non avevo soldi, ero sola, non lavoravo e non avevo il Visto per il suo espatrio, né il permesso di suo padre... In Iran una madre non ha nessun diritto sui figli, solo il padre può chiederne il passaporto, problemi su problemi, sembrava impossibile. Sì, sono stata coraggiosa, e anche furba, devo dire; ho avuto tanti momenti di sconforto, ma ho lottato per lui e ce l’ho fatta! Adesso siamo insieme, Benjamin è felice di stare in Italia, è bravissimo a scuola e suona il clarinetto in un’orchestra di ragazzi». Purtroppo possiamo solo immaginare lo sguardo di Azadeh, ma so che nei suoi occhi brillano le stelle.

 Come un angelo dal sesto piano

«Tutto il mio amore, invece, non è bastato a restituire ad Anna il coraggio di vivere» è Daniele che, con tono dimesso, quasi colpevole, ci coinvolge in una storia dolorosa. «Avevo trovato in lei quanto di meglio può desiderare un uomo, era bellissima, ed era bella dentro, ma tanta bellezza nascondeva una ferita che non ha mai smesso di sanguinare: violentata da suo padre, la forza, il coraggio, l’umiliazione di dover mangiare alla stessa tavola, di dover convivere con il suo stupratore, non si possono immaginare. “Dimentica, con il tempo passerà”, le ripetevano al Consultorio e giù di psicofarmaci. Le proposi di sospenderli perché stava diventando uno zombie, ci amavamo tantissimo e ci provò, ma per lei quella croce era troppo pesante e, infine, l’ha scaricata disegnandola su una lavagna, prima di volare, come un angelo, dal sesto piano».
Adesso sono io a sentire il bisogno di silenzio, per cullare Anna in un abbraccio senza parole.
Ci riscuote Gianfranco portandoci a Milano dove, molti anni fa, prestò servizio in Caritas e all’Opera S. Francesco e lì incontrò Marius, moglie e figlia in Romania, senza lavoro e un affitto condiviso da pagare. Frequentava i cinema porno e i locali gay per raccattare un po’ di soldi. «Mi faceva rabbrividire la disperata accettazione di questa vita apparentemente giocosa. Di fatto quella melma lo stava, giorno per giorno, uccidendo. Per farla breve siamo riusciti a trovare quanto occorreva per farlo rimpatriare, sono andato con lui per risistemare la casa e costruire una centrale a legna per il riscaldamento. Adesso Marius ha due bellissime figlie, produce ortaggi e alleva galline e maiali; è felice con la sua famiglia che ho avuto la gioia di conoscere».
Che strano questo tè a distanza, eppure quale corrente di fiducia ci permette tanta sincerità! Proprio in questa corrente si immette Gloria: «Mi sono sentita proprio come la donna del vangelo quando, prima di conoscere Stefano, mi ero invischiata in una relazione difficile con un uomo molto più grande di me, con un passato burrascoso, costellato di menzogne e tradimenti. Sentivo che questo rapporto mi stava mangiando dentro, tutti me lo dicevano, ma io, caparbia, resistevo. Mi ha salvata un amico, un amico vero e, anche se non ho corrisposto al suo amore, gli voglio un gran bene, grazie a lui mi sono liberata». 

Ho camminato nel fango

«Due volte liberata, dal suo male e da una solitudine che diventa emarginazione: come mi ci ritrovo» sospira Denise, la voce rotta dal pianto. «Gli amici del tè non mi conoscono e allora vi dico che ho ventisette anni, sono nata con un deficit neurologico per cui cammino male, non ho un uso perfetto delle mani, sono dislessica e via andare. Vivo a Pescara con mio padre, che ha tanti  problemi di salute e sta quasi tutto il giorno a letto. Frequento l’Università, Sociologia e criminologia, con il supporto di un tutor. Per me il coraggio è la quotidianità, è resistere alle richieste opposte dei miei genitori separati e difendere il mio diritto di essere me stessa. Un giorno, con Daniele e Maura, siamo andati a Premilcuore (FO), e abbiamo fatto un pic nic sul fiume, ho camminato sui ciottoli e fra le radici, in salita e in discesa, ero così orgogliosa di me che ho mandato un messaggio ai miei amici: “non chiedetemi dove sono, né con chi, chiedetemi solo se sono felice”. Qualcuno mi ha risposto che dovrei essere meno presuntuosa e più riconoscente... Ho camminato nel fango, ho sporcato le scarpe, cosa che mia madre mi ha sempre proibito, al braccio di Maura mi sono sentita sicura... perché anch’io non dovrei sentirmi libera e felice? E, proprio come la donna del vangelo, non per un giorno solo?».
A nome di tutti: ti aspettiamo al tè, Denise!
A questo punto, Serena, che ha ascoltato partecipando delle emozioni di tutti, decide di dire la sua,  quasi con riluttanza, come chi ha paura di andare fuori tema: «Nell’educazione che ho ricevuta i miei mi facevano sempre notare dove sbagliavo, e ho faticato a sentirmi adeguata nella vita e a imparare a fidarmi di me stessa. Questa donna decide di compiere un gesto che sa essere contrario alla Legge di quel Dio in cui l’hanno educata. E se Gesù si fosse accorto e l’avesse pubblicamente redarguita? Comunque, per come la sento io, lei, nel preciso momento in cui lo tocca, non solo si sente guarita nel corpo, ma anche nello spirito, scopre un Dio diverso, non un dio che dissangua la vita a furia di precetti e proibizioni, ma un Dio che dà la vita, e la dà in pienezza. E questa scoperta si fa strada in lei come una sorgente nuova, fresca, dirompente e, il tempo che Gesù si ferma, si guarda attorno e scambia quelle due battute con gli apostoli, è già diventata un fiume in piena che rompe gli argini: Dio non fa paura, Dio è dalla sua parte... eccomi, sono qui».