Novembre 2006. A Castellammare di Stabia (NA) non fa molto freddo. Alcuni giovani, già mossi dal calore della propria fede, condividono il desiderio di un cammino più solido e condiviso, rispetto al loro modo di credere ordinario. Iniziano dalla preghiera comune. L’esperienza si fa bella, così ben presto nasce il bisogno di un riferimento spirituale, che li possa aiutare nel cammino.

a cura di Gilberto Borghi

 L’adorazione ti mette le ali

Quando la radice è dentro all’ostensorio

 “Vogliamo vedere Gesù”

Trovano sulla loro strada don Fabio Di Martino, che li aiuta a strutturarsi.

A Febbraio 2007 nasce la prima forma di comunità, che prende corpo attorno all’adorazione eucaristica che si identifica nell’esperienza evangelica dei discepoli sul Tabor, da cui prende nome.
Il passaparola e la gioia dell’esperienza moltiplicano le presenza. Nel 2008 si formano gruppi di preghiera detti “Focolai di preghiera” e nel 2009 si aggiunge l’esperienza residenziale che diventerà poi periodica: una convivenza fraterna della durata di una settimana durante la quale ognuno continua le proprie abituali attività di lavoro o di studio, ma centrate sulla preghiera adorante e sulla condivisione di vita. Di desiderio in desiderio, nasce quello di avere una casa propria per rendere stabile la bellezza dell’esperienza. La comunità riesce così a coinvolgere molte persone, promuovendo la loro decisione come iniziativa da lanciare a tutti: “Vogliamo vedere Gesù”.
Da allora, ogni mercoledì dalle 21 alle 22 si radunano nella chiesa di Santa Maria dell’Orto sempre più persone, soprattutto giovani, e, ovviamente, la gioia di quell’incontro non resta ferma. Nasce “Chi Ama chiama”, un evento animato da musica, balli e testimonianze che ha al suo centro l’adorazione eucaristica. Inizialmente proposto ai ragazzi nella palestra di un liceo, la comunità lo ha poi voluto radicare anche nel territorio, organizzandolo in collaborazione con la pastorale giovanile e promuovendolo nei luoghi di maggior aggregazione giovanile: discoteche, pub, pizzerie, stadi. Ogni anno si trasferisce in spiaggia, come Adorazione Eucaristica Summer. Nel 2016 è arrivato anche il contributo degli artisti del territorio e di gruppi ed associazioni impegnati nel servizio al prossimo che hanno rappresentato le opere di misericordia attraverso la loro testimonianza. Lo stile interattivo di evangelizzazione non si fa attendere: flashmob, abbracci gratis, video che coinvolgono vip e attori del quotidiano, tg e video spot, come ad esempio il We People in cui persone di ogni parte del mondo si sono riprese con il cellulare mentre fanno il gesto del passaggio di mano, per testimoniare la volontà di essere uniti nello stesso cammino di fede.

 Il pane-corpo diventa pane-carità

Ma il pane-corpo adorato, inevitabilmente, porta al corpo-pane servito. Collette alimentari a favore delle famiglie e delle persone di Castellamare che si trovano in difficoltà economica; un centro di ascolto e di aiuto a favore di giovani e adolescenti disagiati chiamato "Bussate e vi sarà aperto"; una raccolta fondi per la realizzazione di un centro di accoglienza per una trentina di ragazzi bisognosi di aiuto attraverso il progetto del MIC (“Mettici il cuore”) che prevede l’organizzazione di concerti e cene; un negozio temporaneo, il TemporaryTaborShop, dove è possibile acquistare prodotti artigianali locali; le visite agli anziani e malati nelle loro case, fermandosi a chiacchierare e pregare con loro.
Comunità Tabor si ritaglia un’attenzione particolare nel panorama delle esperienze ecclesiali “nuove” per alcuni motivi particolari. Intanto non nasce dal carisma di qualcuno o come iniziativa all’interno dell’ambito ecclesiale già strutturato, ma come comunità di laici. Non una comunità di consacrati, ma di giovani e di non giovani che compiono un cammino di fede, mossi dal desiderio di vivere in amicizia e fraternità e di mettere in pratica concretamente, nel quotidiano, gli insegnamenti di Gesù. Forse, in questo senso, Tabor realizza in effetti ciò che sarebbe tipico di tutta la Chiesa e di ogni singolo cristiano. Ma forse, proprio la sua esistenza, e la bellezza che da essa promana, richiama fortemente quanto la chiesa “ordinaria”, quella fatta del tessuto delle parrocchie e dei movimenti già strutturati, non riesca spesso a mostrare l’attrattiva del vangelo. Ma, esperienze come il Tabor sono la dimostrazione che anche oggi il vangelo non perde la sua grazia e continua a trasformare la vita delle persone.

 Altri luoghi

In secondo luogo, appare evidente in Tabor come il centro vitale della fede non sia “in primis” la conoscenza razionale della fede, ma l’esperienza anche emozionale e sensoriale dell’incontro con Cristo. La messa al centro dell’adorazione eucaristica indica come, in questa esperienza, l’adesione di fede si appoggia, più che su motivazioni cognitive, su sentimenti condivisi, e un vissuto spirituale che, senza dimenticare la ragione, genera energia e desiderio di bene. Interessante perciò lo stile di questa comunità, perché incarna la fede proprio su quella dimensione del “sentire” prima che del “pensare”, tanto diffusa oggi nelle persone.
In terzo luogo, non certo a caso, Tabor ha una fortissima inclinazione all’evangelizzazione, soprattutto di coloro che sono “limitrofi” alla Chiesa. Essere testimoni della propria fede nella vita di ogni giorno, mettendo in pratica il comandamento di Gesù “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”, spinge potentemente a far proprio il monito del vangelo di Luca “… Ma voi restate in città”. Per Tabor, uscire dal proprio recinto comunitario e restare presenti nella città degli uomini per evangelizzare non è una delle tante opzioni cristiane possibili, ma l’irrinunciabile limite a cui tendere, sospinti dall’incontro disarmante con Cristo. A dire cioè che, oggi, se non si evangelizza, non si vive a sufficienza la propria fede, perché una fede “culturale”, che dà per scontato e condiviso l’orizzonte evangelico della vita, non ha più spazio per poter esistere.
Quarto. L’ultima parola chiave dell’esperienza Tabor è: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini!” (Ap 21,3). A dire che questa esperienza, pur se fortemente spirituale ed evangelica, non vive fuori dal proprio territorio e opera affinché in esso possano fiorire le conseguenze sociali, culturali e politiche della vita evangelica, assumendo le istanze proprie delle situazioni reali in cui si muove e valorizzando le risorse umane che sono già presenti. Un bell’esempio di come una spiritualità forte sia sospinta a spendersi per la città degli uomini e, al contempo, di come la dimensione sociale e politica non sia mai estranea al vangelo vissuto. E ciò diventa ancora più interessante in un tempo in cui si assiste a spiritualità cristiane che si astraggono dalla vita reale o, a rovescio, potentati finanziari e politici che si servono della fede cattolica per i loro interessi.