«Dio è l’autore della giovinezza e opera in ogni giovane. La giovinezza è un tempo benedetto per il giovane e una benedizione per la Chiesa e per il mondo. È una gioia, un canto di speranza e una beatitudine. Apprezzare la giovinezza significa vedere questo periodo della vita come un momento prezioso e non come una fase di passaggio in cui i giovani si sentono spinti verso l’età adulta» (dall’Esortazione apostolica post sinodale Christus vivit).

a cura di Valentino Romagnoli 

«Vi ho chiamato amici»

L’amicizia con Cristo è la giovinezza della Chiesa 

di Alessia Martinelli
Suora Missionaria Francescana del Verbo Incarnato

 Prima il desiderio

Mi piace pensare che la Chiesa continui ad accogliere la sfida a sentirsi giovane, cioè capace di rinnovarsi attraverso la Parola, che ogni giorno semina qualcosa di nuovo nella vita delle persone e ci invita ad uscire da noi stessi per incontrare Dio e coloro che ci sono accanto.

Quando parliamo di rinnovamento, pensiamo ai cambiamenti che si fanno, pensiamo già al risultato, ma credo che il primo passaggio per far sì che avvenga un rinnovamento, lo dobbiamo desiderare, pensare, sognare e tutto questo richiede impegno, attenzione e dedizione.
Gesù è stato un rinnovatore, ha portato una novità, “il sogno di Dio sul mondo”, e per realizzarlo ha “dato se stesso” alla maniera più imprevedibile. Forse possiamo osare di dire: nella maniera più giovane che si potesse pensare, perché giovinezza è anche ciò che “ancora” non è stato già compiuto. L’ha sognato per ciascuno di noi, e l’ha sognato in grande. L’ha sognato per coloro che ha chiamato amici e quindi anche per ciascuno di noi. Troppo spesso non teniamo in considerazione questa parola che più volte Gesù ha pronunciato: «Vi ho chiamato amici» (Gv 15,15).
Sì, è questa la relazione che Gesù vuole instaurare con noi, e l’amicizia richiede un cuore sempre giovane, non a livello anagrafico, ma di stile, un cuore aperto e disponibile al confronto, alla critica, all’accoglienza, alla condivisione. Soprattutto un cuore che osa alla misura di Dio! L’amicizia con Cristo non è unilaterale, ma richiede di mettersi in gioco, di sapersi mettere uno di fronte all’altro nella disponibilità di sapersi ascoltare. Coltivare un’amicizia penso sia una delle sfide più grandi: spesso contiamo le nostre amicizie a partire dai contatti social, dalle persone che conosciamo e con le quali entriamo in contatto. 

L’esempio della volpe e del principe

Penso che l’amicizia sia qualcosa di molto più profondo, richiede tempo e pazienza, fiducia, rispetto e tanto coraggio. L’amicizia con Gesù ha le stesse caratteristiche, ha bisogno di tempo per crescere, è l’incontro tra due persone che devono trovare il proprio modo di relazionarsi, il desiderio di incontrarsi e di fidarsi l’uno dell’altro. Quando penso all’amicizia, penso sempre alla relazione tra la volpe e il piccolo Principe. I due protagonisti di questa splendida storia, hanno saputo coltivare nell’amicizia la loro relazione, hanno saputo rispettare dei tempi, hanno desiderato il bene l’uno per l’altro e nel momento del distacco hanno provato sofferenza, ma tutto questo non ha impedito all’amicizia di rafforzarsi e crescere; hanno sognato insieme qualcosa di bello che duri nel tempo. Anche Gesù vuole instaurare con ciascuno di noi questo rapporto, vuole sognare con noi qualcosa di bello per la nostra vita. Vedo tanti giovani impegnati a testimoniare il loro incontro con Cristo, desiderosi di lasciarsi attrarre da Lui.
Una vecchia favola diceva che i sogni son desideri di felicità. Mi piace pensare che ogni giovane porta con sé un sogno da realizzare, un sogno che porta alla felicità, porta in sé il desiderio di poter fare della propria vita il capolavoro per il quale il Signore ci ha creati e ci chiede di collaborare. L’amicizia con Gesù, che si manifesta nel suo amore per noi, è un’avventura bellissima, fatta di storie a volte inaspettate, di colpi di scena. I nostri sogni con Lui non vengono meno. Se facciamo crescere la nostra relazione con Lui, possiamo sperimentare che quel sogno che portavo nel cuore non è stato distrutto, dimenticato né accantonato, ma da Lui trasformato. Sì, cari giovani, proprio così: Dio trasforma i nostri sogni in qualcosa di grande! Sono convinta che la Chiesa ha questo desiderio e il “lasciarsi abitare” dai giovani porta proprio lì, a saper rischiare e, insieme a Dio, fare cose grandi. Perché è tipico dell’età giovanile il sognare, il lottare per grandi ideali, ma questo è un atteggiamento che tutti dovremmo portare nel cuore, quello di lasciarci trasformare ogni giorno dalla sua Parola, dalla relazione con Lui e dal Suo amore, così la Chiesa continuerà a portare la buona novella con novità di Spirito. Lasciamo entrare lo Spirito Santo nelle nostre vite, lasciamo che Lui ci guidi alle scelte da fare.

 L’inquietudine è una possibilità

Ci sono alcuni momenti nei quali forse la paura di sbagliare ci invade e allora ci chiudiamo e fossilizziamo in quelle scelte che ci danno sicurezza: è naturale! Perché all’interno di queste scelte sappiamo come muoverci, ne conosciamo gli imprevisti e li sappiamo in qualche modo controllare. Tutto questo però è rischioso, perché vuol dire tarpare le ali allo Spirito, che nella sua giovinezza ci chiama ad uscire da noi: non importa quello che sappiamo fare, quali sono i doni che Dio ci ha fatto, quello che conta è che li mettiamo a servizio della Chiesa e del mondo; ed ecco allora che i sogni possono diventare realtà, le distanze si accorciano, la sofferenza trova consolazione, i poveri trovano voce, gli ultimi e dimenticati uno sguardo di considerazione. Sì, sono convinta che, se ci lasciamo interpellare dalla voce di Dio che abita le nostre vite, possiamo vedere avverare i sogni di bene, possiamo vedere una Chiesa che rifiorisce e come il giorno di Pasqua possiamo, con gioia, andare ad annunciare che Gesù cammina con noi, che ci incoraggia nelle nostre scelte, che abita le nostre paure, sostiene le nostre fragilità.
Fare delle scelte è da coraggiosi, e lo stesso grado di coraggio si trova in chi sa lasciarsi abitare da quella sana inquietudine che fa sperimentare il non essere mai arrivato, il dover sempre essere pronto a partire e ri-partire. Un’arma vincente può essere l’inquietudine, non vista come la paura che ci blocca, ma come la possibilità di farci rimanere sempre nella ricerca, senza cedere alla tentazione di non definire mai la propria esistenza. Penso all’inquietudine dell’età giovanile come il trampolino di lancio, fatto di timore perché non si conosce l’oltre, ma anche della gioia di potersi mettere in gioco e sperimentare, di mettere la propria vita in scacco per qualcosa per cui ne vale davvero la pena.
Vorrei concludere con le parole di san Giovanni: «Scrivo a voi giovani perché avete vinto il Maligno… ho scritto a voi giovani, perché siete forti e la Parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno» (1 Gv 2,12.14).
E infine un augurio: che ogni giovane possa sentire per sé queste parole, possa fare esperienza nella sua vita della fiducia di Dio in Lui, possa scoprire quel progetto d’amore che insieme a Dio va costruendo e custodendo. Perché la Chiesa continui ad essere animata da giovani forti, testimoni audaci e gioiosi dell’Amore!