Capitani coraggiosi

Per le madri di famiglie mafiose, la possibilità di prendere in mano la vita e rinnovarla 

di Vincenza Rando
avvocato, vicepresidente nazionale di Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie

 Le madri hanno un ruolo determinante nel formare un cosiddetto “uomo d’onore”, trasmettono ai figli i valori (dis-valori) della famiglia mafiosa, della sub cultura mafiosa:

la “forza”, la “potenza”, la “vendetta”, sono messaggi che rappresentano il segno di riconoscimento e appartenenza alla famiglia mafiosa. Il ruolo delle donne potrebbe sembrare marginale e invisibile ma è determinante nel trasmettere e fare crescere la “sub cultura mafiosa”, che è poi la forza della criminalità organizzata.
Le madri/donne però quando percepiscono di vivere con la paura di essere maltrattate, di vivere senza speranza, senza futuro per i propri figli, cominciano a riconoscere questi segni come “violenza”. Esse hanno un sussulto di coraggio e decidono di interrompere la spirale di dolore e di sofferenze, e decidono quindi di spezzare il “legame mafioso”.  Questa coraggiosa decisione viene vissuta dalla famiglia come tradimento.

 Una sofferenza più acuta

Certamente la madre-donna vive uno stato di sofferenza, la paura di vedere morire i propri figli uccisi per una vendetta tra clan, oppure, già da minorenni, in carcere perché hanno commesso gravi reati, la sofferenza per lo stato di detenzione (molte donne sono state per anni in carcere) che impedisce loro di crescere i figli. La sofferenza di crescere i figli da sole poiché i mariti sono quasi sempre in carcere per aver commesso gravi reati e magari condannati all’ergastolo. Tutte queste sensazioni di assenza, di sofferenza le fa riflettere, creando in loro uno stato di grande frustrazione.
Ma dal dolore, dalla sofferenza, in alcune di loro viene fuori un “coraggio spaventato” che può diventare “coraggio coraggioso”, se non le si lascia sole. Molte sono le madri che hanno scelto di intraprendere il percorso che abbiamo chiamato “Liberi di scegliere”. Nel mese di febbraio del 2017, e successivamente rinnovato nel mese di novembre 2019, è stato sottoscritto il protocollo “Assicurare una concreta alternativa di vita ai soggetti minorenni provenienti da famiglie inserite in contesti di criminalità organizzata o che siano vittime della violenza mafiosa e ai familiari che si dissociano dalle logiche criminali”.

Le madri-donne che hanno scelto il coraggio (pur consapevoli di essere in pericolo) non ritornano indietro dopo aver sentito il profumo della libertà e dell’autodeterminazione rispetto al puzzo della loro condizione di sudditanza, di sopraffazione, di intimidazione e di violenza anche di genere, che vivevano da madri e mogli dentro la famiglia mafiosa. L’esperienza di “Liberi di scegliere” è stata avviata anche dopo alcuni provvedimenti di limitazione della potestà genitoriale, emessi dal Tribunale dei Minori di Reggio Calabria e fortemente voluti dal Presidente del Tribunale, dott. Roberto Di Bella.

 Una nuova vita

I provvedimenti prevedono, in presenza di famiglie maltrattanti, l’allontanamento provvisorio dei minori dalle loro famiglie e l’affidamento a famiglie disponibili ad accoglierli. Naturalmente sono provvedimenti delicati, rigorosi e assolutamente motivati che tengono conto di una pluralità di elementi. Ci sono per esempio situazioni nelle quali entrambi i genitori sono detenuti per reati di mafia. In questi casi Libera trova una famiglia affidataria (famiglia che conosce le dinamiche della sub cultura mafiosa) che accompagna i minori (e spesso anche quando raggiungono la maggiore età) nella fase dell’allontanamento temporaneo dalla famiglia. I minori continuano ad avere rapporti con la madre. È anche successo che la famiglia affidataria si è resa disponibile ad accompagnare i minori ad incontrare la madre in carcere, qualora detenuta.
Il ruolo dell’associazione Libera, in questi casi, è importante perché le madri e anche i minori accolti, iniziano un percorso di rivisitazione critica del loro vissuto, ed è determinante la scelta delle madri per sostenere la crescita dei figli in questo nuovo faticoso cammino, in una nuova dimensione culturale. Le mamme scelgono di avvicinarsi ai figli, lasciano tutto (la loro storia di vita, i loro modelli, le loro relazioni) e si trasferiscono in nuove città portando con loro solo una “valigia piena di speranza, di coraggio e di fiducia”.
La rete di Libera (associazione di associazioni) in questi casi è determinante: non fare sentire sole le donne che stanno iniziando il nuovo cammino è la prima vera prova per le donne di potercela fare. Le donne e mamme vogliono lavorare (tutte le donne che ho incontrato vogliono lavorare) e in assenza di una cornice legislativa e/o regolamentare è importante la rete umana di accoglienza e di accompagnamento anche nella ricerca del lavoro, che è la vera condizione per farle sentire pienamente libere e indipendenti. È importante accompagnarle anche nella ricerca di una casa, di un supporto psicologico.
Naturalmente tutto questo necessita di risorse e di capacità dei volontari della rete di Libera di aprire le loro case, le loro relazioni per accogliere, senza pregiudizi e con coraggio, le donne che stanno iniziando una nuova scrittura della loro vita. Donne che guardano al passato con gli occhi disincantati e vogliono camminare nel mondo della legalità riacquistando la voglia di diventare cittadine protagoniste del loro futuro. L’incontro con le mamme che hanno scelto la libertà di autodeterminarsi è sempre particolare ed emozionante.

 Con lo sguardo sempre avanti

Liberi di scegliere è un progetto e un percorso molto “giovane”. Da pochi anni la rete di Libera, nel silenzio e nella fatica, accompagna tante mamme con i loro meravigliosi figli in questa loro scelta e, ad oggi, nessuna di loro è ritornata indietro. Le mamme guardano sempre avanti, anche quando la fatica e la paura è tanta. È importate creare e sollecitare la dovuta attenzione su questo percorso. Si sta cogliendo una riflessione da parte delle istituzioni (oltre a quelli che hanno promosso il progetto e lo portano avanti con fatica ma con tanta determinazione) e da parte del mondo politico.
Si sta iniziando a capire che costruire una rete nella quale i minori più sfortunati possono avere la libertà di studiare, di vivere, di scegliere, è un impegno di civiltà di cui il Paese si deve fare carico e su cui, con responsabilità, deve fermarsi per riflettere. Lottare contro le mafie significa dare gli strumenti ai giovani di scegliere la legalità, di fare conoscere loro che c’è tanta bellezza, e la prima bellezza è quella di “vivere” senza portarsi sempre dietro le paure, le violenze e le intimidazioni. Naturalmente è importante trovare risorse, investire nella formazione delle professionalità che devono accompagnare questi percorsi. Insomma si tratta di una grande sfida culturale e civile ed è necessario costruire una cornice legislativa. Ci sono diversi profili che devono essere approfonditi per addivenire ad una proposta di legge e credo che l’esperienza del Protocollo Liberi di scegliere possa essere considerata una buona prassi da tenere presente.