L’Ufficio nazionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso ritiene importante pensare e creare dei momenti insieme a Coreis, Ucoii e Cii: la Summer School di quest’anno ha riunito giovani delle diverse religioni per approfondire insieme il “documento sulla fratellanza umana” di Abu Dhabi.

a cura di Barbara Bonfiglioli 

Pace vo imparando

Montesole: la pace del dialogo interreligioso 

di Stefano Folli
francescano secolare di Faenza

 Summertime

“Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”: questo il titolo che l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (Unedi) della Conferenza episcopale italiana ha scelto per la seconda edizione della propria Summer school,

che si è tenuta dal 5 all’8 settembre 2019 nella sede della Scuola di pace di Monte Sole (Marzabotto, Bologna). Quattro giorni di dialogo, confronto, riflessioni e vita insieme tra giovani musulmani e cristiani, per dare la possibilità “di dialogare, di incontrare, di costruire passi concreti di pace, di giustizia e di umanità nuova”, come spiega don Giuliano Savina, direttore Unedi, a partire dal Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi. Abbiamo chiesto a due partecipanti alla Summer School di raccontarci quanto hanno vissuto in quella significativa cornice.

 Giorgia

«Eravamo 45 tra ragazzi e ragazze», spiega Giorgia, ventisei anni, studente di Lingue orientali e attualmente responsabile del servizio civile Caritas a Faenza «provenienti da tutta Italia, 23 musulmani e 22 cristiani. Partendo dal documento di Abu Dhabi, firmato lo scorso febbraio da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, ci siamo confrontati, attraverso vari momenti interattivi, su diversi temi: fratellanza, dialogo, giustizia riparativa, conflitti, storia e memoria del nostro paese. Ho trovato molto stimolanti i momenti di confronto preparati per noi con grande cura; ma il vero dialogo non lo abbiamo fatto sedendoci intorno ad un tavolo. O meglio, è anche così che lo abbiamo fatto, ma solo in un secondo momento, perché prima di tutto ci siamo conosciuti! Abbiamo vissuto insieme, mangiato insieme, pregato insieme. È solo dalla conoscenza reciproca, dallo stare insieme in modo semplice, che può partire un dialogo autentico».
Ma questo non basta; l’obiettivo è ancora più grande: «Il documento di Abu Dhabi, però», continua Giorgia, «va oltre e parla addirittura di fratellanza umana. Non semplicemente “dialogo”, non una banale “convivenza”, bensì “fratellanza” è ciò a cui siamo chiamati, quello a cui vogliamo e dobbiamo puntare. La potenza di questo documento sta, in primis, proprio nella sua grande umiltà: nessuno si arroga, qui, il diritto di possedere l’Assoluto. È solo con questo spirito che si possono porre le basi ‘per la pace mondiale e la convivenza comune’. Non vorrei essere fraintesa, non sto cercando di farla semplice. Avere dei fratelli, gestire dei legami, richiede un grande sforzo. E maggiori sono le differenze tra noi, più grande ci sembra la fatica da fare per raggiungere i compromessi che crediamo necessari per andare d’accordo. È lecito farsi abbattere o spaventare da una strada in salita, perché è di questo che parliamo: praticare la fratellanza umana è quantomeno una strada in salita. Ma una volta assaggiato il gusto che si prova nel raggiungere la cima, non c’è fatica o paura che tenga. C’è una forza nella giovinezza - e non parlo di quella anagrafica, perché conosco 70enni più giovani di me - che unisce la curiosità e il desiderio profondo di conoscere, di andare verso qualcosa di diverso e di altro da te, alla convinzione che le cose si possono cambiare. È quella forza che mi fa dire che questa fratellanza è possibile e che dipende da noi, dipende anche da me».
Anche il luogo scelto per la Summer School non è un elemento secondario: «Credo», conclude Giorgia, «che sia stato fondamentale l’aver vissuto questa esperienza proprio a Monte Sole. Il luogo del più grande eccidio di civili della seconda guerra mondiale è stato, a mio parere, cornice perfetta per ciò che eravamo chiamati a vivere in quei pochi giorni insieme. Siamo entrati in empatia con questa storia, con la storia dell’eccidio, abbiamo visitato i suoi luoghi e ascoltato Ferruccio Laffi, sopravvissuto alla strage, che dopo settant’anni riesce ancora a trovare la forza di raccontarsi a degli sconosciuti, nonostante il dolore che provoca il fare memoria. La pace, ci ha detto Ferruccio, bisogna conquistarla. Posso dire di aver incontrato 44 ragazzi che, come me, vogliono impegnarsi per farlo e sono certa che ce ne sono molti altri in circolazione. La Summer School è stata solo l’inizio, il meglio deve ancora venire». 

Noura

Anche Noura (23 anni, studentessa e lavoratrice) racconta di essere tornata più fiduciosa nella possibilità di costruire una società più accogliente e aperta alla bellezza della diversità: «Per me la scelta di andare alla Summer School è stata principalmente per imparare ad ascoltare. Parlare di meno e ascoltare un po’ di più. Ed è stato bello sentire e raccontare storie di vita che si incrociano. Ci sono due esperienze che porterò a vita sulla mia pelle. Una sera la mia vicina di letto mi ha detto: “Ho il cellulare scarico, ti scoccia mettermi la sveglia per le 7 che dovrei fare la preghiera?”. Lei era cristiana, io musulmana col velo. Lei ha superato tutte le barriere. Alla mattina, così, sono andata da lei: “Stef, svegliati, che è l’ora della preghiera”. E qui capisci che la diversità nella religione è possibile. La seconda cosa che mi porto a casa: ho imparato che, per conoscere davvero le persone, ci vuole tempo, pazienza; bisogna superare molti pregiudizi, e per questo ci vuole tempo».
La conclusione di Noura è piena di speranza: «E beh, dico che ho, finalmente, trovato un sollievo e inizio a credere in una Italia di valori, non di interessi. L’Italia dei valori umani esiste e la faremo noi giovani!».
Una speranza che parte dai giovani per allargarsi a tutta la società.