Gli adolescenti di oggi hanno i tempi interiori regolati su quelli della rete. Sono abituati ad avere “tutto e subito”, faticano a reggere le frustrazioni e la non soddisfazione immediata dei bisogni; nello stesso tempo troviamo spesso adulti in difficoltà a prendere posizioni educativamente coerenti e stabili e sono spesso in forte difficoltà a reggere il conflitto, concedono tutto e subito, abdicando al ruolo di chi deve porre limiti e dare spiegazioni.

a cura di Valentino Romagnoli 

Il limite libera

Le sfide dell’educazione nel tempo delle identità liquide 

di Marco Sirotti
psicologo e coordinatore terapeutico del Gruppo Ceis

 Permissivi o iperprottetivi?

Oggi abbiamo di fronte due tipi di stile genitoriale: permissivo, che genera insicurezza ed ansia per la mancanza di protezione e punti di riferimento, o iperprotettivo, cioè soffocante,

che genera nell’adolescente lo stesso disorientamento: ansia, incapacità a gestire lo stress e le difficoltà, bassa autostima. Il risultato di questi due stili genitoriali è la solitudine del figlio che cerca risposte nella rete, soluzioni nei tutorial, confronto nelle chat.
La regolazione emotiva è una capacità che si apprende nel proprio percorso di crescita trasmessa da un contesto rassicurante, in ascolto, con il genitore che traduce i sentimenti e fa da specchio, che sostiene le spinte di autonomia e non le soffoca (iperprotettivo) né le abbandona (permissivo). Un adolescente saprà prima vivere, poi riconoscere ed infine dare voce alle proprie emozioni quando il genitore autorevole lo porrà in condizione di sperimentare dei limiti. Sperimentare i limiti trasmette una visione reale al bambino delle proprie capacità. I limiti costituiscono dei cancelli dentro ai quali sentirsi al sicuro al di là della prevedibile opposizione e contestazione. Il genitore che priva il figlio di sperimentare frustrazioni, sofferenze, crisi, rischi e fallimenti alla fine gli evita di sviluppare dentro di sé le risorse necessarie per maturare la capacità di restare in relazione dentro ai conflitti.

 “Vivi subito, vivi tutto”

Significa trasmettere al figlio la capacità di proteggere se stesso senza evitare l’altro, cercando facili risoluzioni, e significa insegnare a non annullarsi per compiacere l’altro. Sapere contenere è farsi madre; sentire il dolore dell’altro, capire le ragioni dell’altro, conoscere le sue fragilità, talvolta specchio delle proprie. Accogliere le fragilità in una relazione di crescita che permette alla resilienza di emergere. Esperienza di relazione che all’adulto genitore permette di scoprire la propria solidità e al figlio giovane il dono di essere accompagnato.
Inoltre la crisi economica che ci investe ormai da diversi lustri sta provocando nei giovani una grossa difficoltà ad orientarsi nel futuro, a proiettarsi nel domani. La precarietà spinge nella dimensione del vivi subito, vivi tutto. Chi non è capace di raggiungere il successo e di soddisfare le ambizioni dei genitori e della società dei consumi si rifugia in casa connesso alla rete (fenomeno del ritiro sociale sempre più diffuso), o aggredisce il proprio corpo o sperimenta sostanze che gli permettano di fare un salto nella “stanza” che gli adulti avevano preparato per loro: quella dell’affermazione di sé, della popolarità, della prestazione sia fisica sia mentale (scolastica, lavorativa…), soluzioni che talvolta richiedono il pagamento di costi altissimi.
Gli adolescenti sperimentano quindi stati ansiosi, difficoltà relazionali, timidezza, scarsa autostima, noia, insicurezza, competizione e, proprio in questa cornice, si inseriscono l’uso di sostanze e/o comportamenti trasgressivi e devianti. La trasgressività, quasi sempre è sostenuta dall’abuso di alcool e sostanze che aiutano a relazionarsi, a essere parte del gruppo, a sentirsi accettati, a vincere il vuoto e la noia, la paura di non farcela, a non sentire, a produrre il cosiddetto “effetto bolla”. L’iperprotettività, frutto dell’ansia degli adulti, ha cercato invano di eliminare il dolore e le esperienze spiacevoli dalla vita dei figli col risultato di farli fuggire ogni qualvolta la vita presenta il suo conto. Il ritiro sociale o l’uso di alcool può rappresentare allora una scorciatoia facilmente accessibile per evitare di affrontare le difficoltà.

 Autorevoli e flessibili

Ecco allora che anche la tecnologia offre l’opportunità con i social di costruirsi un’immagine virtuale vincente ed alternativa, capace di soddisfare il proprio narcisismo ed il pensiero rassicurante di essere presente agli altri, spettatori quotidiani di immagini e pensieri a cui si chiede l’approvazione a suon di like.
Spesso gli adulti che affiancano gli adolescenti vivono la stessa spinta, frutto a sua volta di un narcisismo adolescente che volge lo sguardo al miraggio di un’età dell’oro; incarnazione della eterna bellezza, della freschezza e della forma fisica ossessivamente ricercata. Diventare genitori significa accettare la propria mutazione, così come una madre accetta il cambiamento del proprio corpo per accogliere e crescere una nuova vita e prepararsi al parto. Significa accogliere il nuovo che contiene una parte della sua origine e la forza del diverso e la potenza di cambiamento.
Nell’epoca della rete gli uomini sembrano incapaci di stabilire connessioni con chi è diverso da sé, presi da un sempre più marcato individualismo e da un’affermazione di sé che non lascia il tempo per l’incontro con la complessità dell’altro.
Vorrei concludere il mio intervento con le parole di padre Giuliano Stenico, fondatore del Ceis di Modena, nel libro “Etica del prendersi cura”: «Compito dell’adulto è quello di saper creare un’atmosfera familiare dove la serenità, l’attenzione, il rispetto reciproco, l’espressione dei sentimenti e dei vissuti di ognuno favoriscano scelte frutto di ascolto reciproco e di libertà. Ma è impossibile fare questo senza un reale e continuo coinvolgimento. Ogni assenteismo è dannoso. L’adulto deve essere autorevole, non autoritario. Per questo deve essere flessibile rispetto alle mutanti esigenze che ogni crescita comporta. Sottolineerei anche l’importanza che ciascuno sappia coltivare dei sogni, per aiutare i ragazzi a sognare e a non appiattirsi su una visione troppo realistica della vita».