Non occorre essere grandi esperti di pastorale per capire che tra la Chiesa e i giovani si sta consumando un grande divorzio. In Italia si sono moltiplicate le ricerche sociologiche sui giovani e la fede, con risultati pesantemente convergenti. I giovani sono ormai “fuori dal recinto” della Chiesa, alla ricerca di un “Dio a modo mio”. Per qualcuno siamo di fronte alla “prima generazione incredula dell’occidente”; e, nonostante il grande impegno profuso da parrocchie e gruppi ecclesiali, “piccoli atei crescono” sotto i nostri occhi.

a cura di Valentino Romagnoli e Michele Papi

 Nel cuore della comunità

L’esortazione apostolica Christus vivit

 di Giordano Goccini
parroco di Novellara (RE)

 I banchi vuoti

In questi ultimi decenni abbiamo trovato conforto nei grandi raduni, nelle folle oceaniche che invadono le città in occasione delle GMG.

Abbiamo visto movimenti e gruppi radunare giovani attorno al proprio leader, a un grande ideale, ad un luogo significativo. Ma tutte queste realtà, che hanno trovato in Giovanni Paolo II un convinto sostenitore, sembrano aver esaurito la loro spinta propulsiva proprio nel passaggio al nuovo millennio. Il duc in altum a cui il pontefice ci invitava, si è tradotto sovente nella cura di piccoli orticelli.
L’esperienza quotidiana non lascia scampo alle illusioni: i banchi vuoti nelle nostre chiese stanno lì, con il loro silenzio, a sbatterci in faccia un’assenza dolorosa. Dove sono i giovani? Perché non hanno più interesse alle cose della fede? Perché la loro ricerca di senso, anche quella spirituale, si rivolge altrove? Come mai si è interrotta la trasmissione della fede che, di generazione in generazione, è giunta fino a noi? Risuona la terribile domanda di Gesù: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).

 Il grido dei giovani

È in questo contesto che i vescovi hanno chiesto al Papa di dedicare un Sinodo al tema dei giovani. Esso inizia nel gennaio 2017 con una lettera di Francesco ai giovani: «Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori». Anche i giovani lontani dalla Chiesa: «Un Sinodo dal quale nessun giovane deve sentirsi escluso! […] Sì! Questo è il Sinodo dei giovani, e noi tutti vogliamo ascoltarci. Ogni giovane ha qualcosa da dire agli altri, ha qualcosa da dire agli adulti, ha qualcosa da dire ai preti, alle suore, ai vescovi e al Papa!».
La convocazione sinodale è stata preceduta da un lungo lavoro di consultazione nelle Diocesi e anche attraverso - per la prima volta - un questionario on line. Nel marzo 2018 si è celebrata a Roma una Assemblea presinodale, con trecento giovani da tutto il mondo. Tutte queste consultazioni sono confluite nell’Instrumentum laboris pubblicato l’8 maggio 2018 e che ha costituito la traccia di lavoro. I padri sinodali, nell’ottobre 2018, in un clima di profondo ascolto e preghiera, hanno poi prodotto un Documento finale.

 L’esortazione apostolica

Quando il 25 marzo 2019 papa Francesco sale a Loreto per firmare nella Santa Casa la Christus vivit ha ben presente tutto questo cammino. La sua Esortazione è rivolta «a tutti i giovani cristiani e contemporaneamente a tutto il popolo di Dio». Al centro sta un rinnovato annuncio kerigmatico, proposto ai giovani con grande intensità: Dio ti ama; Gesù Cristo ti salva; Egli vive oggi e ci dona lo Spirito. Come a dire: siccome l’involucro ecclesiale vi sta stretto, guardate all’essenziale, tornate all’esperienza dei discepoli con il Risorto e aiutate tutta la Chiesa a liberarsi dagli schemi che la ingabbiano e la paralizzano. Emergono così due categorie fondamentali per discernere la realtà. Da una parte la giovinezza a cui la Chiesa è chiamata: «Essere giovani, più che un’età, è uno stato del cuore» (CV 34). Dall’altra il rischio di cadere in una spirale di invecchiamento: «Chiediamo al Signore che liberi la Chiesa da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla sul passato, frenarla, renderla immobile» (CV 35).
Le categorie della giovinezza e della vecchiaia vengono caricate di un significato simbolico che travalica la questione anagrafica: in esse si gioca la fedeltà della Chiesa alla sua missione. La preoccupazione per la mancata trasmissione della fede alle nuove generazioni cede il passo all’urgenza di una conversione ecclesiale che proprio dai giovani può trarre energia e consapevolezza. Non si tratta più di trovare una ricetta pastorale per curare la frattura tra i giovani e la Chiesa, ma di lasciarsi rinnovare da essa accogliendo l’invito a rinnovarsi. La Chiesa «è giovane quando è sé stessa, quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell’Eucaristia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. È giovane quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte» (CV 35). Naturalmente questo rinnovamento chiede ai giovani un protagonismo dall’interno: «Non rinunciate al meglio della vostra giovinezza, non osservate la vita dal balcone. Non confondete la felicità con un divano e non passate tutta la vostra vita davanti a uno schermo. Non siate auto parcheggiate, lasciate piuttosto sbocciare i sogni e prendete decisioni. Rischiate, anche se sbaglierete» (CV 143).

 Una pastorale sinodale

Occorre arrivare al capitolo VII per trovare alcune linee pastorali per il cammino ecclesiale. Rimane tuttavia frustrata l’attesa di ricette pastorali. Al loro posto Francesco propone un percorso sinodale che riconosca i giovani stessi come protagonisti e si esprima in un cammino di tutto il popolo di Dio. Il Papa raccomanda di «fare ricorso all’astuzia, all’ingegno e alla conoscenza che i giovani stessi hanno della sensibilità, del linguaggio e delle problematiche degli altri giovani. Essi ci mostrano la necessità di assumere nuovi stili e nuove strategie» (CV 203-204).
Una proposta interessante è quella di valorizzare la pastorale giovanile popolare «che ha un altro stile, altri tempi, un altro ritmo, un’altra metodologia. Consiste in una pastorale più ampia e flessibile che stimoli, nei diversi luoghi in cui si muovono concretamente i giovani, quelle guide naturali e quei carismi che lo Spirito Santo ha già seminato tra loro» (CV 230). La prospettiva di ogni azione ecclesiale è quella di una azione missionaria che coinvolga tutti: «Non è necessario fare un lungo percorso perché i giovani diventino missionari. Anche i più deboli, limitati e feriti possono esserlo a modo loro» (CV 239). La tensione più forte rimane quella vocazionale che chiede un rinnovato sforzo di accompagnamento: «È la comunità intera che deve sentirsi responsabile di accoglierli, motivarli, incoraggiarli e stimolarli» (CV 243).
È evidente il ribaltamento di prospettiva che ha trovato espressione nel Sinodo: dalla sindrome dei banchi vuoti che preoccupa le nostre comunità ad una conversione ecclesiale che chiede di tornare al kerigma delle origini e che vede nei giovani i primi protagonisti: «Sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci» (CV 299).