Della vita, della morte, del dare ad esse una risposta

 

Ancora una volta siamo costretti ad assistere in diretta a un massacro e a sentirci impotenti. Quello che vediamo è terribile e quello che sentiamo è bruttissimo. Quello che sta accadendo da quasi un anno in Siria è insopportabile. Ma ancora più insopportabile è dover prendere atto dell’ipocrisia e del cinismo delle cosiddette “democrazie” occidentali. Niente di quello che si doveva fare per prevenire questo nuovo bagno di sangue è stato fatto. E non si tratta solo della Siria. Fintanto che non si restituirà all’Onu la credibilità, il potere e le risorse per adempiere al mandato che sta iscritto nella sua “Carta” e nel Diritto internazionale dei diritti umani l’umanità resterà prigioniera della legge della giungla e dei suoi aguzzini. L’Onu va rafforzata e democratizzata (per esempio creando finalmente l’Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite) perché a più potere deve corrispondere più democrazia. Prevenire guerre e genocidi, difendere i diritti umani è possibile, ma serve una chiara volontà politica. L’Italia, che secondo il Presidente Monti vuole diventare un «attore globale per la pace», non ha solo il dovere ma anche l’interesse di porre questo progetto contro la barbarie tra i principali obiettivi di una rinnovata politica estera.

In Siria, il solo obiettivo “realistico” oggi è fermare la violenza e la sua mostruosa spirale. È difficile ma non impossibile. E in ogni caso è la sola cosa che si possa fare se davvero vogliamo evitare il peggio. Che cos’è il peggio? Una lunghissima guerra civile che nessuno riesce a vincere ma che tutti finiscono per combattere. Noi compresi.

L’intero Medio Oriente è al centro di uno scontro planetario in cui la voglia di libertà e di giustizia per cui sono già morti tanti siriani si è già persa. A giocare con la vita e la morte dei siriani oggi ci sono tutte le potenze del Medio Oriente e i “grandi” della Terra. A loro non interessano i diritti umani. Per loro i diritti umani sono solo un’arma da scagliare contro qualcuno quando serve. Oggi si può gridare contro le stragi e domani se ne può provocare una anche peggiore. La posta in gioco è sempre un’altra: il potere, la supremazia, l’egemonia, il dominio.

In questo impressionante groviglio di interessi non è facile trovare la strada giusta. Ma se vogliamo tentare di scongiurare il peggio o, almeno, se non vogliamo essere complici di questa ennesima tragedia, dobbiamo agire in ogni modo e in ogni sede per fermare la spirale della violenza. Non c’è un altro modo per difendere davvero i diritti umani.

È tempo che l’Italia (e l’Europa) si dia una politica (estera) degna di questo nome. Andare sempre a rimorchio delle scelte altrui, senza un’idea, una visione, una prospettiva, un’iniziativa non ci consente neanche di difendere i nostri interessi. Qualcuno dirà che è un’utopia, ma se non ci battiamo subito per fermare la violenza ne finiremo risucchiati.

Flavio Lotti - Coordinatore Nazionale della Tavola della pace

Carissimi, ho resistito lo scorso anno alla tentazione di scrivervi dopo aver letto il primo numero “al femminile” di MC temendo di fare la figura della inadeguata lettrice che vuole mettersi in mostra. Non posso resistere questa volta dal farvi i miei complimenti dopo aver letto il pezzo di Lucia Lafratta sulle “nuove mete di carità”: esprime esattamente quello che ogni tanto anche io ho goffamente tentato di dire a qualche amico frate sul mio desiderio di vederli diversamente all’opera, chiedendomi come Francesco oggi si muoverebbe “creativamente”, fuori dai conventi... Grazie a Lucia per averlo scritto. Grazie a chi ha deciso di pubblicarlo perché, ne sono certa, ciò sottintende strategicamente che anche la risposta - che ora tutti attenderanno - sarà ugualmente profonda, intelligente, francescanamente sensibile, fresca e stimolante anche per noi semplici laici che tutti i giorni ci chiediamo ciò che Lucia ha saputo così bene esprimere. Grazie!

Elisabetta - Bologna