Un fru fru tra le fratte

Cercare la gioia camminando fra le montagne sulle tracce di natura e uomini

 di Arturo Mazzoni
Presidente CAI Ravenna

 L’amico padre Dino mi scrive chiedendomi di mandargli la ricetta per non invecchiare,

visto che, nonostante gli acciacchi (due protesi d’anca) e l’età (settantaquattro anni), mi vede, in varie foto, andare ancora in alta montagna, zaino in spalla.
Ebbene sì, carissimi amici, credo che la ricetta principale sia quella di continuare a fare quelle attività che ci portano gioia e ci fanno, anche solo per un attimo, lasciare a casa tutti quei problemi, grandi o piccoli che siano, che normalmente la vita ci presenta.

 Montagna salutare

Io da oltre trent’anni vado in montagna, per lo più con gli amici del Club Alpino Italiano, con cui condivido passione ed ideali. Frequentare la montagna non deve essere considerata una attività sportiva, dove occorra mettere alla prova il proprio fisico per battere record di velocità o resistenza. È molto ma molto di più, almeno per quel che mi riguarda.
È in primo luogo l’avvicinarsi ed immergersi in un ambiente molto diverso da quello cittadino. Gli alberi, le rocce, i silenzi, che normalmente in escursione ci circondano, sono un balsamo per gli occhi e per l’anima. Tu cammini, i tuoi sensi sono focalizzati sul sentiero onde evitare inciampi e non perdere la traccia. Ti accorgi che passano i minuti e le ore e la tua mente ha raggiunto, come per incanto, il vuoto. Nessun pensiero della quotidianità ti turba. Abbiamo quindi un beneficio mentale notevolissimo ed un grosso risparmio di costi per sedute di psicoanalisi. Del resto l’escursionismo in montagna è consigliato anche da terapeuti per combattere certi tipi di disagio.
Certamente c’è anche la fatica, camminare in salita fa venire il fiatone, se non si è allenati, e per questo bisogna approcciarsi gradatamente e trovare gruppi che, come faccio io, quando organizzo escursioni, adeguino il passo a quello del più lento. Poi, piano piano, ci si allena e fare anche dislivelli in salita diventa più facile. Camminare in montagna, seguendo il ritmo del cuore, senza strafare, porta ad un allenamento globale. Oggi infatti che i bastoncini sono oramai nella prassi corrente, il fisico è molto più coinvolto. Tutto questo, unito alla qualità dell’aria che respiriamo, porta ad indubbi benefici per l’apparato cardiorespiratorio, per la pressione arteriosa e per la prevenzione di quelle forme di diabete legate all’età.

 Fra amicizie e solitudine

Come Club Alpino parliamo di escursionismo consapevole, che vuol dire tante cose. In primo luogo deve essere un escursionismo dove i rischi siano ridotti al minimo. Quindi occorre essere preparati ed attrezzati per affrontare le eventuali difficoltà che il terreno ed il meteo ci può riservare. Questo ci permette di camminare tranquilli sapendo sempre dove siamo e certi che, anche se il tempo dovesse volgere al peggio, non sarà una pioggia a crearci problemi.
Io sono un sostenitore del camminare in gruppo. In montagna essere in compagnia è un elemento di sicurezza ma non solo. Credo che condividere con gli amici momenti gioiosi amplifichi queste sensazioni. Poi occorre anche restare da soli pur essendo in gruppo. Per questa ragione, in ogni escursione richiedo un periodo di silenzio. Questo permette di sentire i rumori della natura, il fruscio del vento, il canto degli uccelli ed il nostro cuore. Ricordo ancora, una mattina di ottobre di anni fa, sotto la rupe di La Verna, si camminava con un piccolo gruppo di amici, con padre Dino, avvolti nella nebbia in un paesaggio incantato tra abeti e rocce, e non si osava parlare per non turbare quel magico incanto. Sensazioni che ancora dopo anni mi sono presenti come se fosse ieri. 

Studiare le impronte

Amo inoltre conoscere l’ambiente che attraverso, studiare le tracce lasciate dall’uomo anche se per lo più sono oramai ruderi. Se li osserviamo bene, troviamo ancora elementi che ci parlano di una vita trascorsa tra elementi ostili e fatiche notevoli. Soprattutto nel nostro Appennino è frequente imbattersi in casali, torri, maestà, chiese, ormai abbandonati, che ci raccontano di storie lontane. A volte poi capita di incontrare persone che caparbiamente si impegnano e recuperare queste tracce. Vedi don Antonio Samorì che con i suoi volontari ha riportato in vita gli Eremi di Gamogna, Lozzole, Trebbana e ora da ultimo la chiesa di Brento Sanico.
Ci sono poi le tracce lasciate dall’ultima guerra, con cippi sparsi che ci ricordano i sacrifici fatti dai nostri partigiani per riconquistare la libertà di cui oggi godiamo, San Paolo in Alpe, Biserno, Monte Cece, Monte Battaglia, solo per citarne pochi vicini a noi.
Da ultimo, amo riconoscere gli elementi naturali che ci circondano. Gli alberi, i fiori, gli animali. Amo cercare le tracce del lupo, immaginarne la presenza schiva e silenziosa, sentire i bramiti dei cervi e dei daini in amore.
Credo che tutto questa attività fisica e mentale sia un toccasana per cercare di invecchiare bene e di restare “diversamente giovani”.

Buon cammino a tutti!