Se ci fermiamo un momento ad osservare gli adolescenti attuali, comodamente seduti sulle panchine di un parco, in treno, sugli autobus, o anche in piedi in attesa che il treno o l’autobus arrivino, l’aspetto che più ci colpisce è la costante presenza dello smartphone.

a cura di Valentino Romagnoli

 Chi di schermo ferisce

Presi nella rete: giovani, tecnologici e … disfunzionali

 di Elvis Mazzoni
docente di psicologia dell’età evolutiva presso l’università di Bologna

 Tu progetti? Io uso!

Sherry Turkle, nel suo libro dal titolo “Insieme ma soli”, evidenzia come la presenza dello smartphone e delle app determini, soprattutto nei gruppi di adolescenti, la strana sensazione di essere fisicamente presenti, insieme, ma socialmente distanti, immersi in conversazioni online che si perdono nei meandri della rete.

Anche il termine Phubbing, letteralmente phone snubbing, caratterizza la distanza dagli altri: è stato infatti coniato per definire quel comportamento, agito durante conversazioni in presenza, allorché si “snobba” l’interlocutore per rivolgere la propria attenzione ai messaggi ricevuti sulle varie app attivate sullo smartphone. Ma questo non è che uno dei tanti comportamenti disfunzionali che molti adolescenti mettono in atto quotidianamente online.
L’aspetto importante di questi comportamenti disfunzionali non è determinato semplicemente dagli effetti che possono avere sulla persona che li mette in pratica, ma anche e soprattutto per le conseguenze sociali che determinano in tutti coloro che partecipano alle interazioni. Ma cosa significa “utilizzo disfunzionale di Internet”? Tale concetto è cambiato nel corso degli anni al passo con il cambiamento delle abitudini e dei comportamenti dei singoli individui nell’utilizzo di tali strumenti. D’altronde, non sempre gli artefatti tecnologici sono utilizzati esattamente come previsto in fase di progettazione.
Donald A. Norman, uno dei più eminenti studiosi dei processi cognitivi a livello internazionale, ha rappresentato tale processo nel volume La caffettiera del masochista - Psicopatologia degli oggetti quotidiani. Dal punto di vista di Norman, progettista e utente hanno due distinti modelli concettuali su come funziona una tecnologia. I due modelli concettuali “dialogano” attraverso l'immagine del sistema ovvero tramite le caratteristiche che il progettista ha implementato sullo strumento e ciò che l'utente percepisce di tali caratteristiche. Lo stesso Norman ammette che non sempre si riesce a raggiungere l’incontro fra i due modelli progettuali, per cui spesso il risultato nell'utilizzo di vari dispositivi tecnologici è alquanto lontano da ciò che si era ipotizzato in partenza.

 Compensare e non potenziare

Ma perché la funzione di uno strumento tecnologico potrebbe essere differente nel modello progettuale e nel modello dell'utente? Se, dal punto di vista ergonomico, ciò può essere determinato semplicemente da una progettazione carente dell'interfaccia dello strumento, vi sono anche altri aspetti (principalmente socio-psicologici) da considerare in quanto influenzano profondamente il motivo per cui (perché) e il modo in cui (come) utilizziamo specifici dispositivi tecnologici.
Un’interessante suggestione ci proviene da Zywica and Danowski (2008), con la loro ipotesi del potenziamento sociale vs. compensazione sociale. Secondo tali autori, l'uso problematico che facciamo degli applicativi di Internet, in particolare di quelli volti all'interazione sociale online, sarebbe determinato dal fatto che spesso non li utilizziamo per svolgere meglio le nostre attività (ipotesi del potenziamento sociale), bensì per compensare carenze e lacune che sentiamo di avere nella vita quotidiana. Ciò vale soprattutto per gli adolescenti in quanto attraversano un periodo carico di tensioni ed emozioni determinate. Partendo da questa prospettiva, possiamo reinterpretare alcuni comportamenti nell’utilizzo di Internet, come la traslazione di una funzione del dispositivo tecnologico volta a compensare una carenza. Vediamo alcuni esempi.
La percezione di bassa autostima e/o di scarsa soddisfazione di vita, spesso determinate da esperienze poco stimolanti e poco valorizzanti nella vita quotidiana, possono portare a rifugiarsi in mondi fantastici come quelli degli online games, in particolare quelli che propongono importanti esperienze di interazione di gruppo e di leadership. Ciò vale soprattutto per il periodo adolescenziale, caratterizzato dal livello di autostima solitamente più basso che si incontri durante l’intero ciclo di vita. Questo è determinato dalla fluidità dell’identità personale e sociale che l’adolescente sta vivendo, dall’essere “in costruzione” rispetto ad altri periodi di vita. Da questo punto di vista, la funzione di partenza del gioco, essenzialmente ludica e volta al relax dell'individuo, viene deviata su una funzione di crescita di autostima e rivalsa sociale che, in molti casi, non è assolutamente presente nel modello progettuale.

 Schermare chi c’è, comunicare con chi non c’è

Pensiamo ora ai Siti per il Social Networking (come Facebook, Instagram, LinkedIn, e altri) e alla loro funzione principale: costruire reti sociali e permettere l'interazione e la condivisione di risorse, superando le barriere spazio-temporali tipiche delle interazioni in presenza. La difficoltà di costruire relazioni sociali nel quotidiano può portare a sovrastimare le potenzialità di Internet e vedere nelle relazioni sociali online, più facili da costruire e non basate sulla prossimità, un modo per sopperire alla carenza di relazioni in presenza. Ma tutto ciò ha un costo: le relazioni online sono molto differenti, più effimere, spesso costruite a partire da immagini basate su proiezioni di desideri, anziché su dati oggettivi, per cui si generano aspettative irreali rispetto alle possibilità effettive.
Per fare un esempio, un “mi piace” oppure un commento positivo online non si nega quasi mai a nessuno, ma è veramente ciò che pensiamo oppure stiamo generando aspettative irreali dall'altra parte dello schermo? Quante volte online mentiamo in risposta a commenti positivi o lusinghe che ci vengono postati? Quante volte abbiamo detto “sì si potrebbe fare” oppure “sarebbe davvero bello” oppure semplicemente cliccato “Mi piace”, ben sapendo che lo schermo rappresenta una barriera invalicabile che mette al riparo da spiacevoli inconvenienti? Quest’aspetto ha ricadute importanti soprattutto nel periodo adolescenziale, caratterizzato da relazioni più effimere rispetto ad altri periodi e, soprattutto, dalla ricerca di contatti più che di amici veri e propri. Per gli adolescenti, infatti, è molto importante avere un pubblico ampio.
Sherry Turkle ha proposto l'interessante ipotesi che la nostra fiducia nelle tecnologie sia determinata anche dal fatto che ci consentono di controllare la “giusta distanza” nelle relazioni con gli altri. La prossimità genera l'imprevedibilità della comunicazione, mentre la distanza assicurata dagli schermi fa sì che possiamo addurre vari tipi di scuse per interrompere o non attivare l'interazione. Dunque, la funzione di superamento delle barriere spazio-temporali per cui è stato costruito Internet viene traslata sulla costruzione di barriere tecnologiche (gli schermi) che permettono di “tenere alla giusta distanza” le persone. 
Tutto ciò, soprattutto in adolescenza (ma non solo), può generare dunque utilizzi disfunzionali delle TIC, che possono andare dai più semplici comportamenti disfunzionali sino a sfociare nella cosiddetta Dipendenza da Internet.

 Dell’Autore segnaliamo:
ELVIS MAZZONI - MARTINA BENVENUTI
Developmental Technologies: Evoluzione Tecnologica e Sviluppo Umano
Apogeo Education, Bologna 2019, pp. 240.