A Vignola, dal 2 al 6 settembre: cinque giornate di aggiornamento teologico su un tema importante e attualissimo, “Il vicino, il diverso, lo straniero. L’incontro con l’alterità tra opportunità e sfide”. I docenti sono stati due biblisti, una teologa e due psicologi. Vi hanno partecipato una trentina di frati cappuccini dell’Emilia-Romagna, della Liguria, del Veneto e della Lombardia, più alcuni laici.
a cura della Redazione di MC
E fu sera e fu mattina
Calendario e contenuti di aggiornamento teologico
di Andrea Oddone
frate cappuccino ligure
Primo giorno: stranieri tutti
Nella prima giornata Luca Mazzinghi, biblista e docente presso la pontificia università gregoriana, ha offerto una panoramica del tema nell’AT. In Israele osserviamo un’alternanza di accoglienza e separazione dalla diversità. Generalmente troviamo una tendenza alla chiusura nei momenti in cui il popolo, rimasto lontano dalla propria terra e mescolatosi con le altre culture a causa dell’esilio, sente di aver perduto la propria identità e desidera riprendere e custodire la propria appartenenza. In altri momenti invece è sollecitato ad accogliere la sapienza delle altre civiltà sperimentando che il Signore guarda al cuore dell’uomo, alla sua giustizia e rettitudine, piuttosto che ai requisiti di appartenenza o alla perfetta osservanza delle norme cultuali. Troviamo posizioni quasi discriminatorie nei libri di Esdra e Neemia, ma anche testi di segno opposto come i libri sapienziali di Rut e Giuditta. Es 22,20 e 23,9 sollecitano la benevolenza verso lo straniero perché Israele stesso lo è stato in terra di Egitto. L’orfano, il forestiero e la vedova poi formano una triade di figure sociali che ricorre 40 volte nel testo biblico. Si raccomanda sempre, per essi, accoglienza, custodia e protezione. Il comando di amare il prossimo ha una radice teologica (Dio ama lo straniero) e insieme umana (anche Israele è stato straniero). Il Signore esorta sovente Israele a considerarsi straniero e senza patria per orientarlo alla fiducia esclusiva in Lui, la sola e definitiva eredità. La Rivelazione porta gradualmente verso la cancellazione di distinzioni discriminanti tra i popoli perché tutti siamo fratelli di fronte a Dio, tutti pellegrini e forestieri in cammino verso la patria del cielo.
Secondo giorno: Cristo rende possibile il sogno
Nella seconda tappa del nostro percorso don Claudio Doglio, docente di Sacra Scrittura al seminario di Genova e a Milano presso la facoltà teologica dell’Italia settentrionale, ci ha presentato il tema dello straniero nel NT. Negli Atti degli apostoli Pietro così risponde a coloro che erano stati inviati a lui da parte del centurione Cornelio: «Voi sapete che per un giudeo non è lecito ‘avere contatti’ con uno straniero» (At 10,28-29). Ma poi lui stesso, mosso da Spirito Santo, confessa di avere imparato dal Vangelo del Maestro a non dividere il mondo in sacro e profano, puro e impuro, anche se questa separazione era normale in Israele. Ieri come oggi, è l’ospitalità l’elemento determinante per generare continuamente la Chiesa. Nel NT sono proprio gli stranieri, gli estranei al popolo di Dio, che spesso riconoscono il Messia mentre, sulla linea di una certa tradizione biblica, i ‘vicini’ lo misconoscono e lo combattono (cfr. i Magi e il re Erode). Nella parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37) Gesù, in dialogo con uno scriba, ribalta il concetto: può definirsi ‘vicino’ colui che decide di aiutare il povero malcapitato. La prospettiva è rovesciata! Si passa dall'accettare la vicinanza di qualcuno, in ragione dei suoi meriti o delle sue credenziali, all'andare incontro all'altro, farvisi prossimo. Secondo lo schema giudaico, il popolo di Dio è ‘il vicino’, gli altri sono i lontani. Per mezzo e a motivo del Cristo, questa lontananza è stata eliminata: in Cristo siamo tutti ‘vicini’. La sfida evangelica della fraternità è l'ideale reso possibile dall'opera di Cristo.
Terzo giorno: la santità dell’Altro
Nella terza giornata del nostro corso abbiamo ascoltato il contributo della teologa Cristina Simonelli, docente dell’istituto teologico San Zeno (Verona) dal titolo "Il volto di Dio, il volto dell'altro". In primo luogo la teologa toscana ha portato il contributo di figure ebraiche del nostro tempo ricordando Edmond Jabès: coloro che, con il pretesto del razzismo, rifiutano lo straniero ed il diverso, sono persone che faticano a riconoscere in sé stesse la compresenza di tensioni estranee le une alle altre proiettandole, invece, sugli altri. Ma l’estraneità, l’essere e sentirsi stranieri, è una condizione ineliminabile perché appartiene al mistero di Dio creatore che, riprendendo la Bibbia, lo si può vedere solo di spalle. Un'altra testimonianza ricordata è quella di Judith Butler, con il suo appello urgente ad acquisire una coscienza che riconosca indispensabile ogni vita e che, al di là di ogni diversità, sappia adoperarsi per la sua custodia e protezione.
Per fare davvero teologia, occorre lasciarsi ferire dall'alterità dell'Altro/a. Ciò apre ad una fede in Dio capace di donargli lo spazio necessario perché egli possa veramente operare in noi. Papa Francesco parla di “santità della porta accanto”; Edith Stein afferma che nell’oscurità della notte sono nati i più grandi profeti. Occorre un lawami, ossia una particolare illuminazione, effetto della propria dis-locazione, che ci apra all'Altro/a, per consentirci di mettere a fuoco quella santità nascosta dietro un nome ‘diverso’, inedito.
Quarto e quinto giorno: la relazione dimora nel DNA
Negli ultimi due giorni i coniugi Becciu - Colasanti, psicoterapeuti e docenti presso la pontificia università salesiana di Roma, hanno parlato del rapporto con l’altro e con la sua diversità, dalla particolare angolazione delle neuroscienze, sottolineando in particolare la risorsa inestimabile della compassione. La ricerca scientifica sembra aver scoperto che la relazione con l'alterità è insita nel progetto evolutivo contenuto nel DNA. Vivere l'alterità sembrerebbe quindi una dimensione imprescindibile dell’esistenza. A livello comportamentale vengono descritte diverse piste, come quella che va dall’attaccamento all’accudimento e che rende capaci di empatìa ossia tolleranza verso la sofferenza e di atteggiamento non giudicante. Un’altra pista è quella che va dalla competizione alla cooperazione. L'esclusione dell'alterità dalla nostra vita pare determinare malattia mentale. Particolare attenzione va prestata alla percezione che abbiamo degli altri e ai meccanismi che entrano in gioco. Esistono alcuni accorgimenti che possono aiutare in questa direzione. Si tratta di attivare un processo di conversione umana che stronchi le nostre precomprensioni e chiusure, favorendo invece la nascita della compassione, una risorsa da attivare nelle relazioni interpersonali. La persona compassionevole è carica di calore e gentilezza. Così la correzione, se mossa da un atteggiamento compassionevole, è benevola e sospinge chi la riceve a migliorarsi, ad aumentare il proprio livello di competenza e a proiettarsi nel futuro.
I contributi biblici, teologici e psicologici della settimana di formazione vanno integrati concettualmente, ma soprattutto tradotti in sentimenti e atteggiamenti di compassione, di quotidiana accoglienza e valorizzazione delle diversità.