«Oggi vi narrerò non una, ma ben tre storie, tratte dalla Bibbia. Vi racconto di tre donne che interpretano molto differentemente l’esperienza del generare, dell’avere un figlio» parte Maura con energia, dopo il benvenuto iniziale ed il ripasso delle regole di comunicazione.

a cura della Caritas Diocesana di Bologna

 Libera madre, liberi figli

La fecondità di chi genera in libertà

 IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

Tre madri fuori

«Sara, Agar e Anna sono accumunate da esperienze di maternità fuori dall’ordinario… due di loro sono sterili mentre Agar è una schiava: potremmo dire che il suo è praticamente il caso di “un utero in affitto”…

Vi avverto però: ascoltando le loro storie non potremo certo applicare le nostre categorie di oggi. Sarebbe un errore madornale! Possiamo invece lasciare che queste figure femminili ci interroghino e ci aiutino a portare a galla le nostre diverse esperienze di generatività…».
Maura sceglie con cura ogni parola: sa che l’argomento di oggi potrebbe essere doloroso e difficile da affrontare. Sintetizza con maestria i tre profili di donne e traccia tre modi diversissimi di generare alla vita: «Agar è serva di Sara: di fatto lei è vittima dell’impazienza della sua padrona che non riesce a rimanere incinta e per questo è costretta a subire la violenza di Abramo. Eppure questo male si trasforma per lei in liberazione, perché generando la vita di Ismaele prende consapevolezza di essere donna prima che schiava: questa maternità sarà per lei occasione di dare inizio a qualcosa di nuovo. Poi la promessa di Dio si avvera e Sara - ormai vecchia - genera Isacco. Nella Bibbia, Sara è descritta come una “mamma chioccia”: non riesce a lasciar andare il figlio e con il  suo amore protettivo finisce per soffocarlo, lo ostacola trattenendolo per sé… Esattamente il contrario di ciò che vive Anna: lei – sterile ma da sempre desiderosa di divenire madre - comprende da subito che il figlio Samuele non è “suo”, sa che le è donato da Dio al quale lo aveva chiesto disperatamente e coglie che non può legarlo a sé; sente di doverlo restituire alla Vita stessa che gliel’ha donato». Maura prende fiato, alza il volto e si guarda intorno. Con gli occhi abbraccia ognuno e registra le reazioni alle sue parole. Tutti seguono con attenzione. Biagio, assorto, sta addirittura prendendo appunti sul suo microscopico taccuino. Maria Rosaria, al mio fianco, si agita sulla sedia, irrequieta.

Il figlio tatuato nel cuore

«Dunque, che cosa dicono queste storie?» riprende Maura «Sostanzialmente dicono che l’uomo e la donna hanno in sé il desiderio di generare, non necessariamente figli ma anche altro: perciò vi chiedo: che cosa vuol dire “generare” nella vostra vita? Quando vi è capitato di essere generativi?».
Biagio è il più pronto a parlare: «Per me “generare” è “conservare”. Conservare un uso o un costume per esempio…Generare significa essere capaci di mantenere per tramandare!».
«Io ve l’ho già raccontato» la voce stanca di Maria Rosaria affonda dolcemente nel cerchio portando con sé il peso di tanta sofferenza. Tutti la ascoltiamo inteneriti: «Sedici anni fa ho avuto un figlio e l’ho fatto adottare. Come Agar, là…». Maria Rosaria indica con la mano un luogo distante e doloroso che in tante hanno attraversato. «Anche io non volevo questo bimbo. Facevo una vita di stenti. Allora ho rinunciato alla vita di mamma perché lui potesse avere quello che non potevo avere io. L’ho lasciato in ospedale e da allora non l’ho visto più. Ma non è stato facile. Dopo ho avuto un crollo psichiatrico. Poi piano piano ho capito che dovevo lasciarlo andare davvero, non potevo pensare continuamente a lui. Ho tatuato il suo nome qui sul braccio e oggi mi porto Luca nel cuore. Se Dio vorrà, ci incontreremo un giorno…».
«Scusate se parlo adesso» quasi l’interrompe Maurizio con urgenza «ma lei ha detto una cosa così commovente, che non posso proprio tacere! Una persona non si realizza solo nei figli, questo è vero… però è importante “creare” qualcosa che rimanga. Gesù ad esempio, non ha avuto figli ma certamente nella sua vita ha creato tantissime cose che sono rimaste» continua Maurizio guardando Maria Rosaria con il sorriso negli occhi. «Tu hai creato un figlio! Capisci? Dio ci ha creati tutti e anche noi non l’abbiamo ancora conosciuto. Allora tu non devi sentirti da meno, perché anche tu hai creato, messo al mondo e lasciato andare un figlio… Hai fatto una cosa paragonabile a ciò che Dio fa per noi: creare per liberare!».
Maura ed io ci scambiamo uno sguardo emozionato, entrambe incantate da tanta profondità di fede e di amore. Ma ci sono anche altri cuori in ascolto: «Mauro, hai detto una cosa bellissima e vera!» ribatte Biagio che si dichiara ateo: «Generare è amare e rispettare. È lasciar andare, sennò che amore è? E tu Rosaria hai fatto una cosa grande! Senz’altro chi ha adottato Luca avrà potuto seguirlo in modo migliore di quanto avresti potuto fare tu nelle condizioni in cui eri».

 lo la libertà crea

«Io ho un figlio che tra poco avrà 33 anni» dice poi Diego scandendo le parole «ma fra noi il rapporto si è rovinato dopo il mio divorzio. Ho due nipoti che non mi hanno nemmeno mai conosciuto. Fa male. Quando ho avuto una mia famiglia, ho desiderato fortemente quel figlio perché volevo mantenere e trasmettere il mio cognome, unico in Italia. Solo io potevo farlo, perché ero l’unico maschio in casa mia. Mi sentivo sulle spalle una grandissima responsabilità. Ecco: per me “generare” è portare il peso di un’appartenenza».
«Carla, vuoi dirci qualcosa?» Maura si è alzata e ha raggiunto una ragazza sul lato opposto della stanza. Mi accorgo a distanza che lacrime lucenti le galleggiano sugli occhi: «Scusate, mi spiace, non volevo… Il fatto è che mi sono commossa… Piango perché sento le vostre storie dentro di me. Vedete? Se personalmente penso alla parola “generare”, mi vengono subito in mente le emozioni e i sentimenti che mi nascono dentro e che vivo quando ascolto le persone…».
«Io nella mia vita ho generato cinque figli» interviene Matilda sorridendo «e sono sempre stata brava a “creare” cose con le mani. Sono sempre stata molto creativa, anzi nei momenti peggiori della vita lo ero di più. Ma ho spesso fatto uno sbaglio: per anni mi sono sforzata di usare le mie doti per fare ciò che gli altri si aspettavano da me. E così ho imparato ad essere falsa per piacere. Ma lasciare che altri ci sottopongano a un giudizio, ci impone di mettere una maschera che non ci realizza. Ho scoperto da poco che posso “generare” davvero, solo se mi sento libera di essere me stessa…».

 Generativi-

«Scusate, io vorrei ringraziarvi tutti per quel che avete detto oggi» interviene dolcemente Ilaria, per la prima volta al tè. «Io non ho figli, ma con il mio lavoro nel mondo del sociale, in qualche modo, sento di generare anch’io... Però mi son resa conto oggi, ascoltando le vostre esperienze, che sto ancora trattenendo troppo; ho sempre paura che qualcosa mi sfugga, perciò vorrei poter controllare e determinare tutto per stare tranquilla. Ma questo è un grave errore! Ho capito qui che, per “generare” qualcosa che sia davvero patrimonio di tutti, debbo anch’io imparare a “privarmi” di qualche sicurezza …».
Affrontare il rischio dell’incontro con l’altro per generare una consapevolezza che prima non c’era… eccolo qua il generativi-tè!