La cassa di risonanza di Cristo

Francesco d’Assisi: con le parole e i fatti promuove una comunicazione evangelica

di Marzia Ceschia
Suora Francescana Missionaria del Sacro Cuore

Image 042Maestro di comunicazione

Francesco d’Assisi si rivela, anche a un rapido esame delle fonti, un maestro di comunicazione evangelica, nella parola, nel silenzio, nell’azione: ogni suo dire, infatti, assume e attua la forma del santo vangelo e come tale ha una forza performativa.

La comunicazione di Francesco è, anzitutto, verificabile ed esemplare: egli parla e mostra nei fatti l’autenticità di quello che dice. La parola è in stretta correlazione con la “testimonianza” e non ha ragione di sussistere senza di essa: «Tutti i frati tuttavia predichino con le opere» (Rnb XVII,3: FF 46) e «siano cattolici e vivano e parlino cattolicamente» (Rnb XIX, 1: FF 51). È interessante come il Santo ripetutamente si preoccupi di richiamare i suoi frati alle priorità di cui tener conto nella predicazione, ambito privilegiato della parola e dell’apostolato: le loro parole debbono essere «ponderate e caste»; il fine è «l’utilità» e «l’edificazione del popolo»; il discorrere deve essere caratterizzato da «brevità» a motivo del fatto che «il Signore disse sulla terra parole brevi» (Rb IX: FF 99).

L’intenzione comunicativa di chi parla, dunque, si concretizza in un discorso secondo due parametri: non l’abilità e il successo del parlante, ma le esigenze del destinatario e l’aderenza allo stile comunicativo-relazionale di Cristo, che «ogni giorno viene a noi in apparenza umile» realizzando la sua parola di comunione «come egli dice: Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo» (Am I: FF 144-145). In questa linea possiamo leggere e comprendere la massima sinteticità della predica di Francesco alle clarisse (2Cel CLVII: FF 796), articolata su tre concreti strumenti di comunicazione: la sua persona, la cenere con la quale si cosparge il capo e la cui simbologia penitenziale è inequivocabile, la Parola di Dio (il salmo Miserere). Non ci sono parole di Francesco, ma egli, piuttosto, diventa contenuto di quella Parola annunciata.

Attento ai bisogni dei destinatari

La comunicazione di Francesco è anche orientata alla fraternità e questo aspetto è particolarmente evidente nelle situazioni in cui la comunicazione stessa appare interrotta o difficile. L’annuncio della pace, con cui il Santo apre ogni predicazione, si invera, in primis, nell’ambito delle relazioni fraterne, come silenzio pieno di compassione e non di ira, quando la parola può ferire o creare distanze. Emblematico in questo senso è l’atteggiamento che egli suggerisce nella Lettera a un ministro (FF 234-239) nei riguardi del fratello che ha peccato: non sono le parole in questo caso ad essere efficaci, ma lo sguardo di colui che accoglie l’altro nella sua fragilità e anche nella sua incapacità di domandare perdono, di trovare cioè “formule” che sanino la sua anima e, al tempo stesso, la sua relazione con gli altri fratelli. Nel silenzio di parole che sembrano non avere e non dare possibilità è un volto di compassione ad essere eloquente: «che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato quanto più poteva peccare, che dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne ritorni via senza il tuo perdono». Il medium della comunicazione è qui: proprio il bisogno del fratello a partire dal quale pensare e calibrare ciò che è opportuno dire. A questo proposito val la pena richiamare l’episodio dei briganti convertiti presso l’eremitaggio di Monte Casale (Spec 66: FF 1759), certamente un caso di comunicazione difficile.

La modalità di approccio che Francesco suggerisce ai suoi frati presuppone una gradualità: il primo passo è scendere nella terra dell’altro, adeguandosi alle sue esigenze. Se i briganti rubano perché hanno fame sarà concretamente l’offerta di cibo a creare un primo contatto con loro. Il secondo passaggio, dopo il pasto, consisterà nell’annuncio evangelico, una “buona notizia” che tocchi anche la loro vita («parlate loro le parole del Signore»). Soltanto alla fine i frati sono invitati a dire le loro parole, manifestando umilmente anche le loro esigenze, creando uno spazio comune nel quale incontrarsi, ma chiedendo sempre con gradualità e per amor di Dio: «poiché», afferma Francesco, «se domandate tutte le cose in una volta, non vi daranno ascolto; invece, vinti dalla vostra umiltà e affetto, subito accondiscenderanno alla vostra proposta». La comunicazione in Francesco è fraterna perché improntata alla minorità. Questo è un aspetto centrale quando il Santo assisiate, un “pioniere” in questo senso, si preoccupa del dialogo interreligioso - un altro ambito delicato e complesso - dando precise direttive a «quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare fra i Saraceni e altri infedeli» (Rnb XVI: FF 42-45). Due sono le modalità comunicative evangeliche che Francesco indica: in primo luogo «che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani», secondariamente «che, quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio». La comunicazione evangelica è un servizio reso all’altro: l’essere «soggetti» e, pertanto, minori, qualifica l’annuncio come un’altra concretizzazione del lavare i piedi al prossimo, icona di riferimento per ogni percorso relazionale.

Image 048Alter Christus

La comunicazione di Francesco, inoltre, fa del corpo una parola incisiva, tale da entrare in contatto con “la carne” dell’uomo e della donna in ascolto e da essere “cassa di risonanza” di quanto egli sente interiormente. Ne è un esempio la predica dinanzi a papa Onorio e ai cardinali (1Cel XXVII, 73: FF 449): «E parlò con tanto fervore che, quasi fuori di sé per la gioia, mentre proferiva le parole muoveva anche i piedi quasi saltellando; ma quel suo strano comportamento, lungi dall’apparire un segno di leggerezza e dal suscitare riso, provenendo dall’ardore del suo cuore, induceva gli animi a intrattenibile pianto di compunzione».

Fortemente legata alla “parola del corpo” è pure la rappresentazione della Natività allestita a Greccio tre anni prima della sua morte (1Cel XXX: FF 466-471). L’annuncio della nascita di Gesù si fa visibile e i destinatari ne diventano contemporanei interagendo con l’evento annunciato: «Greccio è divenuto come una nuova Betlemme». Parola incisiva sul corpo del Santo, infine, è quella della Croce: le stimmate rendono tutta la sua persona con tutto il suo vissuto parola evangelica, un’altra incarnazione del Verbo. Francesco, alter Christus, non ha più nulla da dire. Egli ha preso la forma della sua stessa comunicazione: «il verace amore di Cristo aveva trasformato l’amante nella immagine stessa dell’amato» (LegM XIII: FF 1228).