È possibile costruire percorsi pastorali di accoglienza, non improvvisati o generati dal buonismo, che diano spessore anche professionale a questa emergenza mondiale con cui anche la Chiesa deve fare i conti? Una risposta affermativa arriva da Ragusa.

                                                                                                                      a cura di Gilberto Borghi

 Adesso per il prossimo

Il bisogno di un uomo appartiene ad ogni uomo

 di Chiara Gatti
mediatrice culturale

 L’“inferno” che ti fa crescere

La celebre definizione di Sartre “l’inferno sono gli altri” sembra oggi tornata di moda sul tema dell’immigrazione.

L’altro, in questo caso il migrante, viene visto oggi troppo spesso come “inferno” in quanto diverso da noi, incomprensibile perché troppo lontano da come lo si pensa, lo si vive, lo si incontra. E così molte volte la stessa realtà dell’immigrazione, fenomeno antropologico prima ancora che sociale, passa nel tritacarne di una continua ribalta mediatica che, portando le ragioni di una parte e di quella opposta, rischia sempre più di confonderci, anche per la drammaticità di notizie di cronaca tanto cruente da farci perdere il contorno della realtà.
Ma può l’altro, il “migrante”, passare da “inferno” a “soggetto da conoscere”, o meglio riconoscere, nel cui incontro anche noi possiamo “crescere” umanamente? L’Istituto Gestalt Therapy Kairos offre una risposta sapiente nelle parole della direttrice Valeria Conte (insieme a padre Giovanni Salonia, cappuccino e psicoterapeuta): «Le relazioni nella postmodernità ci sfidano a trovare sia nuovi modi di ascoltare e di comunicare con l’altro, sia nuovi percorsi di comprensione, inclusivi di ciò che a noi è così distante e incomprensibile, proprio perché il diverso da noi rappresenta la nostra possibilità di crescere e di cambiare»
Questa sfida positiva trova corpo nel corso “Incontrare il migrante. Il now for next: ri-conoscere l’altro” organizzato dallo stesso Istituto Gestalt Therapy Kairos, che offre ai partecipanti un contenitore entro il quale trovare una professionalità, una competenza e una direzione nell’accoglienza e nel prendersi cura degli stranieri migranti, tenendo conto del panorama storico, legislativo e sociale attuali.

 Cassetta degli attrezzi e difficoltà sul campo

Il corso, che prenderà l’avvio presso la sede dell’Istituto di Ragusa entro il 2019 e che è in fase di accreditamento ECM, si rivolge principalmente agli operatori nel settore (educatori, assistenti sociali, psicologi, volontari), sia ecclesiali che non, ma anche a tutti coloro che entrano in contatto con il mondo dei migranti e vogliono farlo con una formazione seria e qualificata, unitamente ad una profonda condivisione di esperienze e buone pratiche nelle forme di accoglienza, sostegno e tutela dello straniero.
Attraverso un itinerario modulare di nove incontri, questo corso, infatti, oltre a fornire contenuti teorici altamente qualificati, propone laboratori di apprendimento ed esercitazioni attraverso role-play e simulate, circle time e focus group che consentano ai partecipanti di acquisire anche una concreta capacità di gestione della relazione e modalità comunicative che spesso, oggi, non sono bagaglio acquisito di chi entra in una quotidiana relazione di cura con lo straniero, anche in ambito pastorale.
Le difficoltà sul campo, dovute spesso proprio a problemi di lingua, di mediazione culturale e di presenza di sfondi multipli e complessi, il senso di frustrazione che può generarsi nello stesso operatore ed il rischio di burnout sono realtà familiari a chi quotidianamente mette in campo se stesso in tali relazioni d’aiuto. Per questo motivo il corso si propone di garantire anche una fattiva supervisione volta al sostegno emotivo e pratico dei partecipanti. La Psicoterapia della Gestalt, contesto teorico da cui questo corso prende l’avvio, offre infatti una ricca “grammatica” della relazione interpersonale, come afferma Giovanni Salonia: «L’irriducibile novità dell’altro - il suo volto, direbbe Lévinas - è scritta nella realtà corporea ed invoca e provoca un continuo esodo dal conosciuto e dal familiare verso sentieri ignoti ma, proprio per questo, fecondi. La paura e il coraggio che sono richiesti per andare oltre, lungo i sentieri dell’alterità, sono fattori indispensabili di ogni maturazione umana in quanto dischiudono potenzialità nascoste del nostro mondo interiore. La chiamata dell’altro si colloca però nella dimensione temporale: ogni relazione umana è costretta a continue modificazioni. Si può parlare di un ciclo vitale delle relazioni umane. L’uomo, in realtà, cresce nella misura in cui risponde ai cambiamenti che il rapporto con l’altro richiede, incamminandosi per sentieri sempre nuovi, mai scontati, incessantemente aperti a nuove provocazioni».

 Il bene comune dell’umanità

Proprio questo avviene nella relazione d’aiuto tra il migrante e l’operatore di struttura, o comunque la persona che intende prendersi cura di lui, dove un disagio emotivo, un aspetto conflittuale o un intoppo relazionale possono originarsi se il contesto di riferimento non risulta solido e sempre passibile di chiarificazione, anche grazie al lavoro di un’equipe di riferimento. Ma anche dove l’operatore stesso si “rimodella” e cresce umanamente, proprio nell’aiuto offerto all’altro.
L’aspetto interessante da notare è che questo modello di formazione contiene un alto valore in sé, a prescindere da ogni schieramento politico, confessionale o religioso; è per una crescita dell’uomo a favore dell’uomo: «…oggi abbiamo bisogno di recuperare un implicito paradossalmente nuovo: la condizione umana. L’umanità come unica ragione di stare insieme è una sfida per il terzo millennio… Qui ritorna la necessità di una crescita nella maturità umana, nella capacità di conoscere l’altro in quanto uomo, al di là delle categorie (compresa quella di povero)» (Salonia). Come non riconoscere che proprio di questo le nostre comunità e la nostra pastorale ha profondamente bisogno?
Tale proposta formativa, dunque, ben lungi dal trascendere nei toni e nelle iniziative “da barricata” che a volte si sentono, rilancia la sfida dell’essere costruttivi sempre e del tener viva l’attenzione a decentrare il proprio punto di vista, senza perdere d’occhio la propria identità fondante. Assimilare la novità ha pertanto una valenza trasformativa e imprevedibile; non si tratta tanto di aggiungere un’informazione, leggendola secondo schemi precedenti, ma di diventare “altri”, pur nella continuità della propria identità.
Ci sembra, allora, che l’esplicazione del titolo, “now for next”, sintetizzi bene il centro della proposta formativa: in un rapporto che si prende cura dello straniero l’incontro, il “now”, cioè l’adesso, permette di aprirsi e preparare il “next”, cioè il prossimo e il successivo, sia di sé che dell’altro. E come non sentire nel tradurre questa parola “prossimo” l’evocazione della parabola evangelica: «Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s'imbatté nei ladroni?» (Lc 10, 29-37). Prossimo nel tempo, prossimo nello spazio, prossimo nel chiamarci all’essere uomini migliori, perché anche lui uomo!

Chi fosse interessato può visionare la pagina del sito dell’Istituto:
www.gestaltherapy.it