110 metri ostacoli: il cammino per la parità

La strada lunga e tortuosa per la parità di genere, che si può e si deve percorrere

 di Sabina Fadel
giornalista

 Pare impossibile da credere, oggi, ma fino a una sessantina di anni fa alle donne in Italia era preclusa la possibilità di accesso ad alcune professioni nel pubblico impiego.

Professioni che nel 2018 le donne svolgono regolarmente e nelle quali addirittura hanno superato di gran lunga, nei numeri, gli uomini. Un esempio? La Magistratura, dove, secondo i dati forniti dal CSM, al 5 marzo 2018, le donne rappresentavano il 53 % circa del totale (anche se nessuna donna è ancora arrivata a ricoprire la carica di Primo presidente della Corte di Cassazione e sono poche le donne nel Consiglio Superiore della Magistratura: e questo la dice lunga…). 

 Rosa Oliva: l’inizio della rivolta

E poi? Poi avvenne qualcosa di inimmaginabile per l’epoca, una rivolta non violenta ma determinata, tipicamente femminile, che cambiò la storia delle donne nel nostro Paese. Fautrice di tutto ciò, ovviamente, una donna, dal nome delicato di un fiore: Rosa - anche se lei preferisce farsi chiamare Rosanna - Oliva. Ma che cosa avvenne nello specifico? Rosa si era laureata in Scienze politiche nel 1958 e aveva deciso di presentare domanda per accedere alla carriera prefettizia, pur consapevole di non avere uno dei requisiti fondamentali richiesti dal bando di concorso: l’essere di sesso maschile. Venne così chiamata in commissariato e un maresciallo, piuttosto mortificato, le comunicò la sua esclusione per il solo fatto di essere donna.
Lei chiese che la decisione le venisse comunicata per iscritto e con quel pezzetto di carta nel quale si ribadiva la sua inidoneità per il solo fatto di essere donna, si recò dal professor Costantino Mortati, con il quale si era laureata: lui lo lesse e comprese immediatamente che cosa Rosa si attendeva da lui. Assistita da Mortati, Rosa Oliva iniziò così la trafila per il ricorso contro l’esclusione (basata sull’applicazione della norma contenuta nell’articolo 7 della legge del 17 luglio 1919, n. 1176, e del Regio Decreto del 1920) delle donne da alcune carriere pubbliche.  La Corte Costituzionale, sulla base dei princìpi contenuti negli articoli 3 e 51 della Costituzione, emise la prima importante sentenza in materia di parità dei sessi, la n.33 del 13 maggio 1960. Che, di fatto, aprì la strada alle donne nelle carriere che comportavano l’esercizio di diritti e potestà politiche, come la carriera prefettizia e quella diplomatica. Si dovette però attendere il 1963 per vedere abolite tutte le altre discriminazioni e, addirittura, il 1999 per vedere riconosciuto anche il diritto di accesso alle carriere militari.

 Aspettare stanca…

Rosa Oliva, dopo quella storica sentenza, continuò (e ancor oggi, ultraottantenne, continua) la sua battaglia in difesa della parità di genere. Attiva in numerose associazioni, ha fondato, nel 2006, “Aspettare stanca”, associazione di volontariato che, come si legge sul sito, si propone tra le molte cose, di «battersi affinché nelle istituzioni democratiche siano presenti tante donne, sostenendole prima dell’elezione, ma anche quando rappresenteranno le donne nei luoghi decisionali, che dovranno essere aperti alle cittadine e ai cittadini singoli e organizzati; di promuovere e sostenere il miglioramento della qualità ambientale; favorire gli scambi tra culture diverse, con particolare riguardo agli stranieri e soprattutto alle donne extracomunitarie che si stanno inserendo nell’ambito familiare, lavorativo, o di studio; collegarsi agli organismi istituzionali che si occupano delle donne, affinché vengano promossi: la consulta delle donne, il garante dell’infanzia, uno sportello donna, e uno sportello sicurezza».
Nel 2010, poi, è stata la volta della “Rete per la Parità”, fondata e presieduta da Rosa Oliva con l’obiettivo di avviare iniziative che favoriscano il passaggio, secondo la Costituzione, dalla parità formale uomo-donna a quella sostanziale. Nel 2016, inoltre, ha aderito all’“Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS” , rete di oltre duecento associazioni, fondazioni e sindacati che si propongono di divulgare la conoscenza dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile e di far rispettare gli impegni presi dall’Italia in tale ambito. All’interno di ASviS, Rosa Oliva coordina il gruppo di lavoro per l’Obiettivo 5-parità di genere.

 … ma non ci stanchiamo di lottare!

«Oggi in Italia abbiamo leggi avanzate», ha denunciato in una recente intervista apparsa sul blog VignaClaraBlog.it, «ma le barriere formali non sono state del tutto eliminate. Quella meno conosciuta riguarda la n. 91 del 1981 che impedisce alle donne sportive di diventare professioniste. Servirebbe una legge di modifica, ma si dovrà ancora una volta ricorrere alla Corte costituzionale? Un altro esempio è quello dei cognomi. Fino al 1975 una legge imponeva alle donne coniugate di assumere il cognome del marito. La riforma del diritto di famiglia, risalente a quell’anno e ancora in vigore, prevede che la moglie aggiunge al proprio il cognome del marito. E il marito? E la riforma del diritto di famiglia non ha normato il cognome dei figli e delle figlie, l’Italia è l’unico Paese europeo in cui la legge impone ancora la trasmissione del solo cognome del padre, con un’evidente lesione del diritto all’identità e del principio dell’uguaglianza tra i sessi e tra i coniugi, sanciti dagli articoli 2, 3 e 29  della Costituzione.
Una discriminazione che non si è riusciti a eliminare con la sentenza n. 268/2016 della Corte costituzionale, ancora poco conosciuta e che vale solo se entrambi i genitori sono d’accordo. Servirebbe una legge. Sui risultati importanti vale la pena di ricordare che grazie al movimento femminista della seconda metà del secolo scorso si è passati dal principio dell’uguaglianza a quello della parità, che tiene conto della differenza, e questo ha inciso in maniera molto positiva sull’evoluzione della politica e degli ordinamenti».
Insomma, la strada da percorrere per un’effettiva parità di genere nel nostro Paese, sembra essere ancora lunga: basti pensare al gap retributivo che ancora oggi in Italia esiste nel settore privato tra donne e uomini: le donne, a parità di ruolo, guadagnano circa il 17,9 % in meno dei loro colleghi maschi. Eppure, grazie al coraggio delle tante Rosa Oliva, in poco più di mezzo secolo parecchi obiettivi importanti sono stati raggiunti. E oggi ci sono donne che, come la fisica Fabiola Gianotti, dirigono il Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, o che, come Samantha Cristoforetti, sono diventate astronaute. E tutto ha avuto inizio proprio in quel 13 maggio di quasi sessant’anni fa.

 Per approfondire:
Aspettare stanca
aspettarestanca.wordpress.com
Rete per la Parità:
www.reteperlaparita.it