L’OBLATO


Ricordand
o fra Antonio Bravaglieri
 

 

Ferrara, 13 giugno 1942

† Reggio Emilia, 16 ottobre 2018

 

Come venuto dal nulla, Tonino visse tra noi da oblato, in silenzio e con gratitudine

 

Un uomo come venuto dal nulla, anche se diceva da Ferrara, ma nulla di più, forse egli stesso non ne sapeva molto di più; o, forse, sapeva delle sofferenze e delle umiliazioni ricevute da molti, relegato dalla prima giovinezza ad accudire in aperta campagna gli animali, ai quali comunque rimase sempre affezionato, come a qualcuno o a qualcosa che lo legava con una certa affinità, come il silenzio e la docilità.
Fu così che un giorno bussò alla porta di un convento; ad accoglierlo e a fornirgli un pasto e un letto fu padre Marino Cini. C’era spazio nel convento di Ravenna, da quando il collegio serafico fu chiuso già ai primi anni Cinquanta. Quello spazio, da collegio divenne ospizio nel vero senso della parola, ospitava cioè operai che avevano trovato lavoro all’ANIC di Ravenna e provenivano da altrove. E un letto ci fu sempre per Tonino. Purtroppo le leggi sono leggi, il luogo non corrispondeva alle norme, e fu chiuso. Fu così che fu accolto fra noi, successivamente come uomo di convento, poi come oblato, 2011, dal Provinciale, padre Grasselli, su ripetute sollecitazioni da parte del suo mentore, padre Vincenzo Bandini.
E Tonino fu sempre come l’ombra di padre Vincenzo, lo seguiva particolarmente nei lavori della Chiesa e della sacristia, alzare e abbassare le panche, trasportare vasi, particolarmente quelli pesanti. Nel tempo libero cullava qualche hobby, dava da mangiare alle galline; sparite le quali, trasferì tutta la sua attenzione sulla Birba, la cagnetta che padre Dino aveva accolto in convento. Purtroppo anche questo grazioso animale si ammalò a morte, fu sepolto in terra: spesso in quell’angolo dell’orto del convento si vedeva Tonino aggirarsi da quelle parti. Ma aveva un altro hobby: nei momenti liberi della giornata si affacciava sul portone davanti alla chiesa per vedere chi passava per via Oberdan a salutare quelli di passaggio che conosceva e ne era ricambiato con affetto: lui, per tutti l’omino in nero, vestito com’era sempre con il suo grembiule nero, inverno o estate che fosse.
Purtroppo venne anche la decisione di chiudere il convento, 2014; per Tonino fu come perdere la casa e le sue numerose cose; si propose padre Paolo Carlin a riceverlo con lui a Faenza, per assisterlo, almeno nei primi tempi. Purtroppo sopraggiunse la malattia anche per lui e fu trasferito nell’infermeria di Reggio Emilia; ovviamente avvertiva la solitudine, e quando si capitava a Reggio ed egli era seduto nella stanzetta della televisione, si alzava con la mano tesa, attratto come da una calamita, per il saluto, come a ricevere e a dare il suo affetto.
L’uomo del silenzio, del desiderio di affetto, manifestato con i gesti, non una parola di più, men che meno, una parola che non fosse di gratitudine. Riposa nel cimitero di Reggio Emilia.

Alberto Casalboni