Ci stiamo abituando all’idea che dialogare sia dibattere come ci viene mostrato nei talk show: forse è bene ricordarci che per un cristiano il dialogo affonda le radici in quel Dio uno e trino in cui crede, che è dialogo in se stesso, eterna dimensione di amore offerto e ricevuto.

a cura di Barbara Bonfiglioli

 Dialogante

La prassi del dialogo interreligioso è radicata in Dio

 di Cristiano Bettega
già direttore dell’Ufficio CEI per Ecumenismo e Dialogo interreligioso

 Tra moda e vocazione: il dialogo

Dialogo interreligioso: buona parte dei nostri lettori potrebbero porre la domanda: «Dialogo interreligioso, e cioè?

Ma serve proprio? Ma non abbiamo problemi più urgenti di cui occuparci? E poi, scusate, ma che c’entro io?».
Certo, di dialogo si sente parlare abbastanza spesso nei nostri contesti quotidiani: il dialogo tra le parti, il dialogo tra le generazioni, il dialogo tra datori di lavoro e dipendenti, il dialogo tra le varie materie scolastiche (che in generale viene chiamato multidisciplinarietà) sono solo alcuni esempi di come il concetto di dialogo è utilizzato nella nostra società. Ho l’impressione però che sotto sotto ci sia un rischio: quello di parlare di dialogo più per convenienza che per convinzione. In altre parole, ad un certo punto dei nostri percorsi (scolastici, politici, civili e quant’altro) ci accorgiamo che conviene metterci in dialogo: forse perché ci permette di acquisire qualche conoscenza in più, forse perché in qualche modo è “di tendenza”, forse perché dialogare può avere alle volte quel certo che di esotico che ci rende più interessanti, chissà…
Motivi degni di attenzione, assolutamente; ai quali però ne va aggiunto un altro, altrettanto assolutamente: come cristiani dialoghiamo proprio perché siamo cristiani. La nostra fede poggia il suo fondamento su un Dio che è uno e trino: “uno”, la roccaforte del singolare, “e trino”, che necessariamente implica uno sguardo al plurale. Anche se facciamo fatica a spiegare come ciò sia possibile, la fede cristiana non può allontanarsi da qui: Dio è uno e unico, ma si declina al plurale, “uno” equivale a “tre” e “tre” equivale a “uno”. Ad aiutarci a capire un pochino di più cosa questo significhi entra in campo proprio la categoria del dialogo: per quel poco che possiamo dire o capire noi, Dio è dialogo in se stesso, è una eterna dimensione di amore offerto e ricevuto, è colui che ama ed è amato. Non è logico, allora, che se crediamo in un Dio che è dialogo in sé sia quasi ovvio riconoscere anche in noi una vocazione al dialogo?

 Il dialogo che viene dall’alto

Come cristiani dovremmo esserne un po’ più consapevoli e convinti: non dialoghiamo perché ci piace o perché ci conviene, ma perché il dialogo è strettamente collegato al nostro essere cristiani. Anzi, di più: il dialogo è scritto nel DNA di ogni uomo e di ogni donna. Infatti, com’è che Dio ha creato l’uomo e la donna? A sua immagine, come sappiamo (cfr. Genesi 1,26), a immagine di lui, che è dialogo in sé. E allora questo allarga gli orizzonti a tutta l’umanità: non solo in quanto cristiani siamo chiamati al dialogo, ma in quanto creature umane, ed ogni creatura umana è capace di dialogo, al di là che lo sappia o meno, al di là che il dialogo lo pratichi o no, al di là della fede che professa o non professa affatto.
La cosa in sé allora è evidentemente molto impegnativa: incontrare l’altro, la sua cultura, la sua fede, la sua vita è sempre faticoso e riveste in qualche modo anche gli abiti della sfida. Ma d’altra parte, vivere in un atteggiamento di dialogo risulta essere anche estremamente liberante e coinvolgente, perché ti libera da tanti preconcetti e ti pone nella condizione di chi ha sempre qualcosa da scoprire e da imparare, cosa che a ben guardare è l’unico “elisir di lunga vita” a portata di tutti. Sì, perché chi si mette in un atteggiamento di dialogo costruttivo, chi si apre all’altro, chi sa confrontare il suo pezzetto di verità mettendosi alla ricerca di una Verità sempre più grande, costui mantiene in sé uno spirito giovane, lo spirito di chi non si appiattisce sul “questo lo so già”, lo spirito di chi cammina, di chi non si accontenta, di chi riconosce che l’altro ha sempre qualcosa di interessante da dire, e di vero. E in definitiva, chi dialoga crede in Dio: che se ne renda conto o no, l’uomo-in-dialogo è l’uomo-credente, proprio perché rispecchia in se stesso il volto del Dio uno e trino e lo riconosce in colui che ha di fronte e con cui a sua volta si mette in atteggiamento di dialogo.

 La spinta del Concilio

Cosa impegnativa, dicevo, ma niente affatto impossibile. Per stringere un po’ il cerchio e arrivare a quella forma di dialogo che è quello tra le religioni, della possibilità e bellezza del dialogo è testimone il cammino che anche la chiesa cattolica italiana sta portando avanti in questi decenni. Come fa con tutta la cattolicità, il Concilio Vaticano II – soprattutto nei documenti Unitatis Redintegratio e Nostra Aetate, a cui è sempre utile tornare – spinge decisamente i credenti italiani su questo cammino. Che è una scoperta nuova, se vogliamo, ma irreversibile: proprio per le ragioni che ho cercato di riassumere sopra. Anche la chiesa cattolica italiana ha accolto questa provocazione del Concilio e la sta portando avanti con convinzione ed intelligenza.
Sono davvero molte le iniziative volte a diffondere una cultura di dialogo tra le religioni in Italia, sia a livello nazionale che locale, in ambienti più culturali o più popolari, generate da incontri accademici o dalla volontà di far qualcosa insieme, e magari qualcosa che vada nella direzione della solidarietà. Dialogo con tutti: con le comunità di fede presenti da sempre sul nostro territorio nazionale (in primis gli ebrei, con i quali oltretutto i cristiani hanno un legame imprescindibile e del tutto particolare) e con quelle che più recentemente sono arrivate ad arricchire il nostro panorama.

 La diversità arricchisce

Già, ad arricchirlo, perché di questo si tratta. Anche se non mancano le fatiche. Perché dialogare può fare anche paura, uscire dalle proprie convinzioni assomiglia ad attraversare un ponte che ti chiede di lasciare dietro di te la terra delle tue abitudini ma anche delle tue chiusure, la terra del “so già tutto” e del “non serve a niente”; ma se quel ponte lo attraversi, ti accorgi che la terra che ti sta di fronte è estremamente ricca, caratterizzata da orizzonti ampi, capace di allargarti il cuore e la mente. È una terra, quella del dialogo, che ti aiuta a scoprirti più vero, più vicino a quell’immagine di Dio che porti scolpita dentro di te; e che condividi con ogni uomo e ogni donna, qualsiasi cosa tu possa pensare di loro.

Una panoramica di ciò che succede a livello nazionale si può avere visitando il sito dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana: www.chiesacattolica.it.
L’Ufficio invia anche una newsletter mensile gratuita, che permette di essere aggiornati e accompagnati nel cammino del dialogo ecumenico e interreligioso; la si può richiedere scrivendo una breve mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o iscrivendosi direttamente dal sito.