«Forse è per vendetta, o forse è per paura, o forse solo per pazzia, ma da sempre tu sei quella che paga di più: se vuoi volare ti tirano giù e se comincia la caccia alle streghe la strega sei tu» (Edoardo Bennato, La fata). E noi siamo con te quando ti tirano giù o ti danno la caccia.

Marcello Matté (Redazione di “Ne vale la pena”)

Che fare senza le fate?

I detenuti e le donne “dalle quali nullo homo po’ skappare”

  DIETRO LE SBARRE

I pensieri son rimpianti e desideri

Ogni detenuto ha la propria storia sentimentale ed un proprio pensiero sulle donne.

Qualunque detenuto cerca di mantenere vivi i rapporti con loro avvalendosi di quanti più mezzi riesce ad avere a disposizione, che siano colloqui, telefonate o lettere postali. È proprio quest’ultimo mezzo il più utilizzato, nonostante l’avvento degli smartphone e dei mezzi multimediali; come decine di anni fa, la vecchia corrispondenza via lettera mantiene ogni giorno le persone unite, portando un raggio di sole dietro queste mura grigie. Le moltitudini di racconti, storie di vita e pensieri che “volano” al di fuori dei penitenziari sono le più disparate, ma tutti quanti abbiamo sempre in mente qualche donna a cui esprimere il nostro sentimento, rammaricandoci spesso del fatto che al tempo della libertà, distratti da un mondo che corre velocemente e toglie l’attenzione dal sentimento vero e profondo, non siamo stati capaci di dare le giuste attenzioni.
Ma non è tutto qui… per alcuni proprio una donna può essere stata la causa della detenzione, magari, ad esempio, spingendo il proprio compagno a compiere atti criminosi, pretendendo lussi, che, altrimenti, sarebbero risultati inavvicinabili. Ci sono anche storie di rimpianti, cose non dette, parole non ascoltate, che a pensarci su ti logorano e ti fanno viaggiare con la mente in un universo di fantasia dove si cercano soluzioni a storie mai vissute o non pienamente gestite e ormai passate.
C’è anche il desiderio fisico della donna che, purtroppo, per ovvi motivi, nelle strutture carcerarie è un desiderio che rimane insoddisfatto. Non intendo solo la necessità puramente fisica, che ovviamente è molto presente qui dentro, ma anche il desiderio di affetto, per cui si vorrebbe guardare in dolce compagnia un film sul divano sotto una coperta in una gelida serata invernale, ricevere attenzioni e cure quando si sta male, avere qualcuno da abbracciare la sera quando ci mettiamo nel letto sotto le coperte.
La colpa delle donne è proprio questa: entrare dentro fino nelle ossa, così quando non le hai vicino capisci quanto vitale sia la loro esistenza per noi, tanto da promettere a te stesso che, una volta fuori, non trascurerai mai più questa ricchezza.
Credo che il pensiero del detenuto riguardo al rapporto con le donne sia proprio questo misto di malinconia, rabbia, amore e rimpianti che ogni giorno suscitano in noi milioni di pensieri positivi e negativi.
Neanche le donne dei detenuti, d’altra parte, hanno vita facile all’esterno del carcere, perché comunque, oltre a fare i conti con le medesime sensazioni, devono anche portare avanti la vita quotidiana, facendo fronte agli obblighi giornalieri, senza mai però avere il tempo di fermarsi a ragionare sui propri sentimenti.

Gennaro Paone 

Quasi un tabù

A tutti noi la vita è stata donata da una donna. E anche solo per questo motivo, la donna andrebbe messa sempre al primo posto, davanti a tutto e tutti. Ma troppo spesso qualcuno se ne dimentica. Una volta che si entra in carcere si comincia per forza di cose a sentirne la mancanza, soprattutto a causa di un sistema che permette poco alla vita di relazione, facendo diventare la donna quasi un tabù. Il secondo aspetto è che penso che nessuna madre sia meritevole di essere detenuta nelle carceri italiane, che ancora sono lontane dalla parola “civiltà” e il solo pensiero di questa ingiustizia mi fa indignare.
Mi sento fortunato ad avere avuto la possibilità di conoscere nella mia vita donne dalle quali ho imparato tanto e auguro al resto dell’universo femminile, che magari si è smarrito, di poter calcare lo stesso sentiero di quelle grandi donne che hanno combattuto per quei diritti e quei valori che hanno fatto la storia, che oggi sembrano scontati e ai quali non si dà più la giusta importanza.
Io amo le donne e ciò che racchiude tutto il mio pensiero per loro è un’infinita gratitudine per quello che nella mia vita hanno rappresentato e rappresentano.
Non vorrei apparire un santo, ma non vorrei nemmeno cadere nello stereotipo più banale del detenuto. Concludo citando una frase attribuita a Catone: «Gli uomini governano la repubblica, le donne governano gli uomini».

Gabriele Baraldi

 Qualcuno che mi corrisponda

La donna è per me un essere umano straordinario. È una figura sempre presente nella vita dell’uomo, come madre, moglie, sorella, figlia. “Prendersi cura” dell’altro è il suo ruolo naturale: una madre, dopo aver portato, a volte anche con fatica, il suo bambino in grembo per nove mesi, lo svezza, gli insegna a camminare, a parlare, a leggere, a scrivere, ma soprattutto è sempre al suo, al nostro fianco.
In carcere, si pensa molto alle donne. Innanzitutto perché ci mancano le nostri mogli, compagne, madri, che possiamo vedere e sentire solo poche volte al mese tramite colloqui e per telefono. Questa condizione affligge enormemente il carcerato e, molte volte, gli affetti vanno “a farsi benedire”. Talvolta si rimane soli: i matrimoni o le unioni di fatto s’interrompono con il trascorrere del tempo, per la fatica di tenere vive le relazioni affettive. Viene così a mancare ciò che di più importante c’è nella vita, e cioè la compagnia di qualcuno con cui condividere l’esistenza, in tutte le sue dimensioni.

Maurizio Bianchi

 Astrattamente Donna

È a mio parere sempre ingiusto vedere un corpo femminile entrare in carcere, sia che si tratti di una detenuta, di un’anziana madre, di una bimba, o anche di una volontaria, insegnante o di qualsiasi altra donna che ci lavora. Ritengo infatti che questo ambiente sia inadatto a qualunque donna, in quanto, quando penso a una donna, sento una sensazione di dolcezza e di fragilità.
Quando si è reclusi, si pensa molto alle donne, e forse molti di noi si toglierebbero un’ulteriore costola per averne accanto una, per avere il conforto affettivo che solo la donna sa donare nei momenti di dolcezza, quando si è uniti da un amore reciproco. Penso che molti di noi si sentano smarriti senza una figura femminile al fianco; alcuni intraprendono rapporti epistolari con donne che nemmeno conoscono mettendo inserzioni su riviste nazionali, oppure chiedono alla direzione l’autorizzazione al colloquio interno con detenute del reparto femminile. Ogni tanto anche qui nascono storie d’amore, ed alcuni arrivano anche a sposarsi. La donna, quindi, è uno dei tanti pensieri che accompagna molti di noi, e che spesso diventa un desiderio amplificato, una necessità di relazione, anche platonica, con una figura femminile. Se Dio creò l’uomo e la donna un motivo c’è, e la situazione del carcere rende evidente che neanche un adamo in catene può stare senza la sua eva.

Daniele Villa Ruscelloni