Creati da un unico fango

Nei testi dei Padri della Chiesa, si coglie una sostanziale parità di genere

 di Giuseppe Scimè
sacerdote di Bologna, fratello delle Famiglie della Visitazione, docente di Patrologia alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna

 La rivoluzione del Vangelo

Perché i Padri della Chiesa erano tanto misogini?

Domanda della serie: perché gli americani sono imperialisti, i russi mangiano i bambini, i cinesi sono atei, i cattolici bigotti, gli islamici terroristi, gli ebrei fanatici, i migranti delinquenti, i preti sono tutti pedofili? Forse la domanda è dunque un’approssimazione generica e andrebbe verificata onestamente sulle fonti. È troppo facile e spesso fuorviante giudicare i Padri a posteriori con tante etichette: antigiudei, antisemiti, integralisti, fondamentalisti, conservatori, vetero cattolici e dunque, perché no, misogini.
I Padri, cioè gli autori cristiani dei primi sette secoli, sono vissuti per lo più nel contesto culturale delle civiltà greca e romana ed hanno testimoniato il Vangelo confrontandosi da un lato con la matrice religiosa giudaica e dall’altro con le religioni orientali e occidentali, ben radicate nella società del tempo. L’argomento della donna nei loro scritti e la relazione con essa nella loro vita risentono perciò di variegati fattori culturali, religiosi e sociali, nonché dell’esperienza personale di ognuno di loro.
Ovviamente i Padri elaborano una teologia fondamentalmente biblica e la loro percezione della rivoluzione portata da Cristo è molto più forte di quanto non sia per noi la rivoluzione sessuale di mezzo secolo fa o la rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo al giorno d’oggi. La testimonianza e la predicazione del Vangelo portano in concreto una nuova luce sulla condizione della donna antica, prima non considerata o ritenuta, al pari degli oggetti e degli schiavi, merce di scambio al mercato.
La buona notizia che Gesù incontrava le donne, rivolgeva loro la parola, di fatto non permetteva di lapidare una prostituta, si lasciava accostare e toccare da pubbliche peccatrici, non condannava ma accoglieva e perdonava anche peccati gravi di donne, dialogava con esse in materia di fede e di culto ed aveva addirittura delle discepole che lo seguivano e condividevano con lui e con gli apostoli i loro beni, e soprattutto l’inedita decisione di affidare alle donne per prime la responsabilità di comunicare l’evento centrale della sua vita, cioè la sua risurrezione dai morti, produsse un vero e proprio ribaltamento dei valori tradizionali delle società giudaica, greca e romana e introdusse l’idea fondamentale della dignità inalienabile della donna e della sua uguaglianza di fronte ai maschi. 

Due occhi, un volto

Anche se c’è chi discute sulla possibile riduzione dello spazio dato alle donne nel passaggio da Gesù alle Chiese apostoliche (A. Destro, M. Pesce), i Padri raccolgono dalle tradizioni del proto cristianesimo soprattutto i grandi riferimenti ideali rappresentati da due donne, Eva e Maria (M.G. Mara), e li elaborano al punto da muoversi diremmo come un pendolo tra la prima donna, «madre dei viventi», e la seconda, madre dell’umanità redenta da Cristo. Eva rappresenta e ricapitola per i Padri tutte le caratteristiche negative della femminilità: fragilità, debolezza davanti alle tentazioni, cedimento al male, disobbedienza, passionalità e peccato; Maria, al contrario, è la donna ideale perché umile, forte, fedele al bene, obbediente a Dio, vergine e madre del Verbo. Ne viene per i Padri una fondamentale ambivalenza di tutte le donne, ora portatrici di peccato ora di grazia. In definitiva per loro la donna diviene la cifra dell’intera umanità decaduta e redenta. Ogni donna porta in sé una duplice personalità, lasciando emergere di volta in volta il male o il bene. Del resto l’esegesi biblica dei Padri si sofferma su tutte le figure femminili dell’Antico e del Nuovo Testamento ricavando da esse o il messaggio negativo dell’umanità decaduta o il lieto annunzio dell’umanità nuova inaugurata con Maria sotto la croce. La Chiesa stessa è definita da Ambrogio casta meretrix, cioè una prostituta casta perché redenta.
Efrem il Siro, che nel IV secolo ha composto meravigliosi inni, parla dei due occhi di una stessa persona. Leggiamo per esempio il seguente inno, citato da S. Brock: «Maria ed Eva nei loro simboli assomigliano ad un corpo, i cui occhi uno è cieco e oscurato mentre l’altro è chiaro e luminoso, e dà luce a tutto. Il mondo, tu vedi, ha due occhi in sé: Eva era il suo occhio sinistro, cieco, mentre l’occhio destro, luminoso, è Maria. Attraverso l’occhio che fu oscurato l’intero mondo fu oscurato, e il popolo andava a tentoni e pensava che ogni pietra su cui inciampava fosse un dio, chiamando una menzogna verità. Ma quando fu illuminato da un altro occhio, e dalla luce celeste che risiedeva in esso, gli uomini furono riconciliati ancora una volta, e compresero che ciò in cui avevano inciampato distruggeva la loro vita».

 Una sensibilità moderna

Infine, nell’antico contesto culturale di inesorabile inferiorità della donna rispetto al maschio, i Padri mostrano un’acutezza sorprendente di analisi della situazione ed una sensibilità che diremmo senz’altro moderna. Gregorio di Nazianzo, per esempio, commentando la diatriba dei farisei con Gesù sul ripudio (Mt 19,3ss.) scrive: «Perché mai, infatti, essi hanno punito la donna e non l’uomo? La donna che ha disonorato il letto del marito commette adulterio, e deve subire le aspre condanne delle leggi; invece, l’uomo che è infedele alla moglie, è innocente. Io non accetto questa legislazione, io non approvo questa consuetudine. Sono degli uomini quelli che hanno legiferato, e per questo la legislazione è contro le donne; è per questo che hanno posto i figli sotto l’autorità dei padri, senza curarsi del sesso più debole. Dio non si è comportato così, ma ha detto: “Onora il padre e la madre”, che è il primo comandamento posto tra le promesse, “per il tuo bene”. “Colui che maledice il padre e la madre muoia di morte”. Allo stesso modo, ha lodato il bene e punito il male. E ancora: “La benedizione del padre rende salde le case dei figli, ma la maledizione della madre le sradica fin dalle fondamenta”. Osservate l’equità della Legge. Unico è il creatore dell’uomo e della donna, unico il fango che usa per entrambi, unica l’immagine; unica la Legge, unica la morte, unica la risurrezione. Noi siamo nati sia dall’uomo sia dalla donna; unico è il debito dei figli nei confronti di coloro che li hanno generati» (Disc. 37,6). Si noti, tra l’altro, come il concetto basilare della cultura e società romana, quello della patria potestas, che significava anche il diritto di vita e di morte sulla moglie e sui figli, venga messo in discussione dall’interpretazione cristiana dei precetti della Legge mosaica.
Ciò detto, pazienti lettrici e lettori di queste parole, statene certi: le approssimazioni di cui sopra prevarranno sulla verità perché essa è sempre complessa e scomoda da gestire nei primi secoli come al giorno d’oggi.