Cave cor

Bisogna fare attenzione al cuore, più che all’oggetto del proprio sguardo

 di Stefania Monti
clarissa cappuccina del Monastero di Primiero

 Benché la parola “chiesa” sia di genere femminile, la realtà “chiesa” è di genere maschile: le donne non vi compaiono se non come “sante donne” e non hanno gran voce in capitolo;

per lo più, nonostante ispirati documenti pontifici e dichiarazioni altrettanto ispirate, le donne sono ignorate negli ambienti che contano. La chiesa ha una sua identità maschile e clericale che nessuno, almeno per il momento, può contestare. Ne sanno qualcosa, quanto al clericale, gli Ordini mendicanti.

 Una vecchia storia

Un tempo si diceva che nei dicasteri romani ci sono sì delle suore, ma girano il ciclostile. Adesso faran poco di più. La storia di una certa qual diffidenza, in particolare negli ordini monastici, è antica e comincia, qui in occidente e per quel che ci riguarda, da Cassiano (Istituzioni 11.17), giusto per avere un punto di partenza che però a sua volta ha avuto dei predecessori : «Una massima molto vecchia dei padri e che si è conservata fino ad oggi - purtroppo è a mia confusione che la riporto, proprio io che non ho saputo evitare mia sorella né sfuggire dalle mani episcopali - è che il monaco deve fuggire le donne ed i vescovi. La familiarità delle une e degli altri ha lo stesso risultato: è una catena che non lascia più al monaco la libertà di accudire al silenzio della sua cella, né di applicarsi alla contemplazione divina con uno sguardo molto puro sulle cose della fede».
Due cose saltano agli occhi: il fatto che per le donne sia menzionata la sorella (quindi il problema non è la concupiscenza in prima battuta) e il fatto di menzionare anche il vescovo come cifra del potere. Donne e potere sono i grandi ostacoli al silenzio e alla contemplazione. Se per il potere, che raramente è del tutto innocente, la cosa può essere chiara, per le donne, nella fattispecie la sorella, possiamo pensare che l’ostacolo consista nell’essere e rappresentare appunto ogni genere di legame familiare e quindi mondano, ossia con il mondo esterno.

 Preservare la fraternità

In generale però la diffidenza verso le donne nasce dal problema della castità e della concupiscenza. Il che è facilmente comprensibile. A partire da Pacomio ne troviamo traccia in quasi tutte le regole e scritti spirituali. Francesco è severo circa i rapporti con le donne, ma a ben guardare fuori del coro della tradizione. Il testo di Rnb XII recita: «Tutti i frati, dovunque sono o dovunque vanno, evitino gli sguardi cattivi e la frequentazione delle donne» (Rnb XII,1: FF 38); caveant sibi a malo visu et frequentia mulierum. Quel caveant sibi, a mio avviso, è più forte del semplice “si guardino”. Il verbo fa pensare a un’insidia improvvisa e pericolosa. Chi di noi non ricorda Cave canem?
Ora, se vedo bene, questo caveant ricorre alcune volte nella Rnb e sempre a proposito di cose qualificanti la vita dei frati. Al momento dell’accettazione di un candidato “si guardino bene” dall’interessarsi dei beni di lui (Rnb II,2: FF 5); i frati si guardino dal turbarsi o adirarsi per il peccato di un altro (Rnb V,7: FF 18), e dall’appropriarsi di luoghi (Rnb VII,13: FF 26); infine devono guardarsi dal calunniare e disputare (Rnb XI,1: FF 36). Questa ultima occorrenza precede immediatamente quella che stiamo considerando. Viene così da pensare che il problema che Francesco ha in mente non siano le donne in quanto tali, ma la salvaguardia della vita della fraternitas nei suoi elementi qualificanti: la povertà vista nella sua dimensione di provvisorietà e le relazioni interpersonali. La cosa parrebbe confermata da un caveant del Testamento (24: FF 122): anche in questo caso si tratta di non possedere né case né chiese, per quanto povere.
Volendo leggere la questione in positivo, potrebbe essere impostata così: ai frati non devono interessare né i beni dei candidati né dimore stabili (case o chiese); i frati devono avere rapporti diretti e leali, senza calunnie, senza polemiche, senza scandalizzarsi se un confratello cade, perché può succedere a chiunque. E le donne? Le donne possono causare sguardi malevoli che danno motivo di commenti, quando non di calunnie o comunque possono loro malgrado disturbare la quiete di una fraternità e la serenità dei suoi rapporti interni. 

Dal cuore viene la colpa

Va da sè che la colpa non è delle donne, in questo caso, ma di chi guarda le cose con malizia. Omnia munda mundis, dirà secoli dopo il manzoniano fra’ Cristoforo, quasi volesse commentare questo punto della Regola. Il cui contesto infatti non porta a pensare ad un atteggiamento misogino di Francesco, ma a una giusta cautela, conoscendo i frati e quanto siano complessi i rapporti entro una fraternità. Il testo infatti continua «e nessuna donna in maniera assoluta sia ricevuta all’obbedienza da alcun frate, ma una volta datole il consiglio spirituale, essa faccia vita di penitenza dove vorrà», escludendo non solo qualunque forma di coabitazione, ma anche di dipendenza spirituale.
Del resto, così Francesco si è comportato con Chiara. Nessun frate quindi dovrebbe essere padre fondatore  di qualcosa se non agli inizi immediati di un’esperienza, ma deve lasciare poi che ognuno faccia la sua strada. Tanto meno dovrebbe, nel caso di un direttore spirituale, creare legami prolungati o duraturi. Ognuno è tenuto bensì a cercare la propria maturità spirituale in un reciproco distacco, senza il quale non si potrebbe neppure costruire un’autentica comunione. Insisto sul fatto che questo distacco non deve essere frutto delle circostanze (p.es. il frate parte per la missione) ma esito di una decisione condivisa da parte di lui e della persona cui dà consiglio spirituale, quand’anche fosse un uomo.
Solo verso la fine di questo cap XII troviamo un riferimento alla castità: «e tutti dobbiamo custodire con molta cura noi stessi e dobbiamo mantenere incontaminate le nostre membra, poiché dice il Signore: Chiunque avrà guardato una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore». Anche in questa ultima esortazione non viene in primo piano la donna. Al centro dell’attenzione di Francesco e di noi lettori c’è lo sguardo che le si rivolge. Spero di non esagerare se parlo di inclusione tra questo sguardo e gli “sguardi cattivi” con i quali si apre il capitolo. Di questi “sguardi cattivi” si può dare una duplice lettura: può trattarsi del pensar male dei fratelli fino alla calunnia o del desiderio verso la donna, in ogni caso tutto parte, evangelicamente, dal cuore dell’uomo che ne governa gli occhi. Le donne sembrano dunque un semplice casus belli che può inquinare i rapporti tra frati con dispute e calunnie o mettere a rischio la castità, più che la grande tentazione in sé. Francesco ha ben assimilato l’insegnamento biblico secondo cui tutto procede dal cuore dell’uomo. Il “mondo” può offrire pretesti e occasioni, ma chi sia puro di cuore sa governare i propri occhi e vigilare, guardando pretesti e occasioni con realismo e nella loro concretezza.