In missione augura a tutti i lettori un Natale e un nuovo anno di pace mentre invita a continuare il confronto con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, proposto questa volta attraverso le voci delle Clarisse del Monastero di Sant’Agata Feltria, che si confrontano con il quinto capitolo intitolato “Evangelizzatori con Spirito”, infine, per fare memoria dei tanti campi di lavoro della scorsa estate, un ricordo di quello svolto a Sighet in Romania in luglio.

a cura di Saverio Orselli

 Nel cuore del mondo 

a cura delle Sorelle Povere di santa Chiara
di Sant’Agata Feltria

 In ascolto

Accostarci o meglio lasciarci raggiungere dal messaggio che la Chiesa, attraverso papa Francesco, ci invia nell’Evangelii Gaudium, chiede di lasciare tanti schemi o forse tante pesantezze e prendere il largo in quella freschezza, attualità e radicalità che è del vangelo.

Papa Francesco ci apre gli occhi per vivere una vita di Chiesa che oggi sappia in primo luogo ascoltare, che impari sempre più da Dio a guardare l’umanità riconoscendo in tutti gli uomini dei figli, degli amici. Una Chiesa che respira dello stesso Spirito del concilio Vaticano II, una Chiesa inclusiva che vuole accogliere tutti nel suo grembo. Una Chiesa forse chiamata ad avere dei tratti differenti, ma nello stile non nella fede. Nel quinto capitolo della Evangelii Gaudium Francesco cerca proprio di riconsegnarci lo Spirito che sostiene ogni rinnovamento, ogni cammino nella vita della Chiesa e di riconsegnarci i fondamenti di ogni missione e di ogni annuncio pur in forme diverse.
La Chiesa oggi sente l’urgenza di uno sguardo contemplativo per cogliere i segni della presenza di Dio nella storia di questo mondo. Si tratta di una Chiesa che, intessendo un rapporto profondo, intimo con il suo Signore, non può non farsi compagna di strada di ogni uomo che lo cerca, che cerca semplicemente un senso alla vita o che rischia di morire in una vita alla deriva. Un’altra cosa interessante: questo documento, e in modo speciale questo capitolo quinto, è abitato moltissimo da citazioni della Sacra Scrittura. In questo modo papa Francesco ci appare prima di tutto come un credente in ascolto della Parola di Dio: infatti ogni autentica fedeltà alla tradizione, ma anche ogni vero cammino di rinnovamento nella Chiesa e di ogni vocazione a servizio della Chiesa, non può scaturire che dalla docilità al vangelo, perché tutto sia intessuto in una trama profondamente evangelica. 

 
Una preghiera che ti mette al lavoro

«Evangelizzatori con Spirito significa evangelizzatori che pregano e lavorano. Dal punto di vista dell’evangelizzazione, non servono né le proposte mistiche senza un forte impegno sociale e missionario, né i discorsi e le prassi sociali e pastorali senza una spiritualità che trasformi il cuore (…) Occorre sempre coltivare uno spazio interiore che conferisca senso cristiano all’impegno e all’attività» (cfr EG 262). Ci sembra che Francesco ci indichi i “passi base” della danza dell’evangelizzazione: la preghiera e il lavoro. Non c’è lavoro missionario che rimanga in piedi e che rimanga radicato in Dio, se non ha come fondamento lo stare in disparte con il Signore, solo con lui. D’altra parte, la preghiera non è autentica se non si fa concreta toccando la carne del fratello, se non si fa carico del vivere dell’uomo. Non a caso, nella storia, i monasteri sono sempre stati luoghi di grande preghiera, ma anche luoghi di accoglienza e rifugio per i poveri, i sofferenti, custodi spesso della cultura del luogo e della custodia del creato, luoghi dove l’incontro con il Signore della storia diventava condivisione con gli uomini, suoi figli. Molti sono i monasteri che i vescovi hanno voluto anche in terre lontane da noi, come segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Per Francesco è chiaro che il punto di partenza di ogni evangelizzazione è l’esperienza profonda con Colui che per primo è venuto in mezzo a noi. La prima terra bisognosa dell’evangelizzazione del suo amore è la nostra vita.
«La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più. (…) La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore. Se lo accostiamo in questo modo, la sua bellezza ci stupisce, torna ogni volta ad affascinarci. Perciò è urgente ricuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova» (cfr EG 264).
Non c’è evangelizzazione autentica che raggiunga non solo i bisogni primari dell’uomo, ma il senso profondo della sua vita, se non parte da questo immergersi ogni giorno in quell’amore che ci salva. Solo se ne facciamo continuamente esperienza nella nostra vita allora lo annunceremo ai fratelli e non tanto a parole, ma nella testimonianza di una vita trasformata, abitata da una pace e una gioia che rimangono salde anche in mezzo alle fatiche e avversità. Se l’evangelizzazione perde la sua fonte, se il missionario smette di essere discepolo (EG 266), tutto diventa un servizio sociale, ma non è la Chiesa di Gesù. Annunciare il vangelo, l’amore del Padre deve essere in primo luogo un servizio alla gloria di Dio perché risplenda in ogni angolo della terra, anche in mezzo alla sofferenza di tanta umanità. Chi porta il vangelo non potrà mai risolvere tutti i problemi dell’uomo o risollevarlo da tutte le situazioni di miseria, ma potrà annunciare una speranza che sa fiorire anche in mezzo alla disperazione (EG 267).

 A sostegno di chi vacilla

Riaffermata con forza la radice della missione nel rapporto intimo e profondo con il Signore che ci invia, papa Francesco ci spalanca gli spazi di una fraternità universale, ci fa riprendere coscienza che siamo parte di un popolo, il Suo popolo con cui siamo chiamati a condividere il cammino. Questa è una chiamata per tutti i cristiani, sia che vadano per le strade del mondo, sia che rimangano tra le mura di un monastero. Dobbiamo essere separati dalla “mentalità del mondo” che fa di se stesso un idolo, ma siamo profondamente “nel mondo”, nel suo cuore, “sostegno”, come direbbe santa Chiara, “delle membra deboli e vacillanti del corpo di Cristo”. Chiara d’Assisi è un esempio bellissimo di questo: tante persone portavano a lei i malati; la città di Assisi per ben due volte viene protetta e salvata dallo stare sulla breccia davanti al Signore delle sorelle a San Damiano, armate solo della preghiera e della fede nel Signore. Chiara inoltre, quando sente la notizia dei primi martiri tra i frati in Marocco, vuole partire anche lei per andare in quelle terre ad annunciare l’amore di Dio fino al dono della vita.

 (fine prima parte)