“Tu sei bellezza”... Sì, Tu, ma anche tutti noi che ci siamo ritrovati nelle piazze di Bologna dal 28 al 30 settembre per il decimo Festival Francescano. Ed eravamo davvero tanti, molti capitati lì per caso, altrettanti per scelta, per servizio, per una testimonianza, tutti protagonisti - almeno nella mia mente - di un ossessivo ritornello di mezzo secolo fa delle gemelle Kessler: «quelli belli come noi e sono tanti, a cantarla tutto il giorno vanno avanti… ».

a cura della Redazione di MC

 Lo stupore è fotogenico

Fotografie del Festival tagliate in forma di stupore

 di Saverio Orselli
della Redazione di MC

 Due per duecentotrenta

Le giornate al Festival sono lunghe, intense e melodiose, dalle prime note delle Lodi mattutine, passando per danze spontanee di tonache e sai tra gli stand, fino alle note laiche o religiose dei concerti delle notti.

«Fotografie tagliate in forma di stupore». Non ricordavo quel verso di una canzone dei Radiodervish riascoltata nella notte del venerdì festivaliero ma, come una luce accesa all’improvviso, mi è sembrata illuminare l’intero Festival Francescano, dedicato a quell’unica acclamazione ripetuta due volte da san Francesco nelle Lodi di Dio Altissimo. E ripetuta almeno 230 volte - quanti erano gli eventi organizzati per la decima edizione - nei tre giorni bolognesi, quando ci siamo trovati in migliaia a meditare un tema tanto effimero quanto concreto, la bellezza. Pericoloso oltremodo, perché basta un niente per scivolare nello scontato, nello stucchevole, nell’inutilmente moralistico. Una sfida ardua insomma, che a detta dei tanti che ho interpellato è stata ampiamente vinta, senza neppure dover fare ricorso ai professionisti della partecipazione, costretti a passare da un palco all’altro senza neppure una sosta per capire dove si trovano.
«Perché non venite a portare il vostro Festival a Milano? Ce ne sarebbe bisogno e sono certa che la città ne sarebbe soddisfatta», mi ha detto un’ospite da cui mai mi sarei aspettato un simile complimento. «L’atmosfera che ho incontrato mi è piaciuta moltissimo e mi piacerebbe ritrovarla anche nella mia città: venite a fare il Festival Francescano a Verona!» ci aveva detto il giorno prima un’altra ospite, come se spostare il Festival fosse facile come muovere un camper, in cerca di un parcheggio migliore. La speranza è che il festival metta al mondo figli, capaci di camminare con Francesco per altre piazze sulle proprie gambe, le abbiamo risposto, perché il nostro sogno non è coprire buchi moltiplicando gli appuntamenti, ma diffondere un contagio positivo che riporti il maggior numero di persone nelle piazze a confrontarsi e ragionare insieme. 

Album 

Tra le “fotografie tagliate in forma di stupore” non posso non ricordarne alcune, in ordine sparso. La prima fotografia ritrae il volto sorridente delle addette alla vendita di libri in uno stand presente a tutte le dieci edizioni, vissute interamente in un fazzoletto di selciato, circondate dai libri. «È stato un festival molto riuscito, al punto che anche noi abbiamo venduto molti più libri del solito» e mi mostrano un’opera voluminosa in tre tomi sul medioevo, meravigliate loro per prime d’essere riuscite a vendere persino una copia di quella! Un miracolo nel miracolo… visto che ormai è così che si è costretti a definire nel nostro paese la vendita di libri.
La seconda fotografia ritrae la bellezza della semplicità dei ragazzi diversamente abili - e per una volta la scelta di questa formula letterale non è casuale - impegnati a dividere il palco con normodotati, coi quali danno vita a una compagnia teatrale tanto originale da definirsi composta da «Attori e disabili professionisti, per un teatro sociale di interesse collettivo, dai linguaggi artistici e poetici che parlano a tutti». Iniziato lo spettacolo, alcuni di loro si sono accorti che la telecamera riprendeva la scena e la trasmetteva nel maxischermo montato accanto a san Petronio ed ecco la tentazione di recitare non girati verso la platea ma verso il grande schermo, per vedersi ripresi… giusto un attimo e poi ha prevalso la professionalità e l’attenzione per il pubblico pronto ad applaudire convinto.

Un terzo ritaglio di stupore lo si poteva trovare negli spazi per i giochi e per la  musica, dove si potevano ammirare piccoli percussionisti condividere in amicizia lo stesso tamburo o abili costruttori impilare legnetti l’uno sull’altro, formando fragili torri all’ombra delle più famose Garisenda e Asinelli, come quelle inclinate ma, in questo caso, verso lo stand dove i cuochi bolognesi hanno preparato per tre giorni chilometri di stupende tagliatelle al ragù: oltre 6000 abbondanti porzioni cotte al punto giusto e servite per raccogliere fondi per la mensa dei poveri dell’Antoniano.

 Il peso delle scarpe

Un’immagine che rimarrà nel cuore dei presenti è quella richiamata da Enzo Romeo, medico della Croce Rossa Italiana, responsabile per gli sbarchi a Reggio Calabria, invitato a parlare della bellezza (ma anche amarezza) dell’incontro con i lebbrosi di oggi, poveri, immigrati, detenuti… Raccontando la sua esperienza, ricordava un dubbio dei primi tempi, quando si chiedeva perché tutti gli immigrati arrivassero scalzi, poi ha capito che gli scafisti, facendo togliere a tutti le scarpe sulle spiagge libiche, riuscivano a imbarcare più gente, aumentando il guadagno. Tornato a casa ho pesato un paio di scarpe in silenzio.Anche le presentazioni dei libri hanno stupito: tutte frequentate da più ascoltatori delle passate edizioni, benché collocate, a causa dei lavori a Palazzo D’Accursio, in uno spazio meno visibile, condiviso con la toccante mostra “La bellezza della santità”, nella quale erano raccontate storie di giovani cattolici contagiose anche per l’oggi. A qualcuno è capitato di leggere quelle storie stando, senza saperlo, a fianco dei genitori emozionati dei protagonisti.
Sono certo di avere dimenticato per strada una grande quantità di fotografie e me ne scuso con chi avrebbe voluto rivedersi. Concludo con una scenetta simpatica, certamente sfuggita a fra Fabrizio Zaccarini, anche se ne è stato la causa. Conclusa la chiacchierata sulla bellezza della letteratura con Piero Dorfles e in attesa che si sciogliesse in domande il ghiaccio (anche se le centinaia di presenti ricorderanno un sole che tramortiva), Zac ha ricordato ai tanti presenti che sulle sedie c’erano in dono le cartoline con la preghiera di san Francesco. Al suo invito, «Prendetela e leggetela… sono certo che gli farà piacere», almeno una decina di persone che avevano seguito l’incontro in piedi, fingendo distacco, si sono precipitati per recuperare quel cartoncino, qualcuno lasciando la bici incustodita. Soddisfatti loro, soddisfatti tutti.