AAA svendesi salvezza eterna

Francesco ci mostra un Dio che ci ha già dato più di quanto possiamo restituirgli

 di Chiara Francesca Lacchini
badessa delle Clarisse di Fiera di Primiero

  Quando Francesco inizia a camminare per le strade di Assisi, sostenuto dalla parola del Vangelo scoperta come forza capace di dare forma alla sua vita, è animato dal desiderio di far molte cose per Dio e per gli altri.

Inizia così una storia di promesse fatte e mantenute a partire da intuizioni possibili dentro un contesto spirituale che conosceva i pellegrini, gli eremiti, i penitenti, i costruttori di chiese ecc... Francesco è un uomo che cammina infaticabilmente, annunciando la pace e la penitenza; uno spirito inquieto che si ritira in luoghi solitari per pregare; un fratello che condivide gli spazi di coloro che sono marginali e periferici alla società del suo tempo; un lavoratore nella vigna del Signore, restauratore di chiese e di vite e in ultimo, ma non per importanza, un fedele servo del Signore Gesù Cristo, i cui piedi calcano le sue orme nel cammino della storia.
Questo forse ricordavano i “molti conti, baroni e cavalieri ed altri gentiluomini e molti popolani e cardinali e vescovi e abati e con molti altri chierici ...” che venivano a vedere il capo e padre di quella sterminata folla di frati radunati a S. Maria degli Angeli per il capitolo delle stuoie, lui “che aveva rubato al mondo così bella preda e radunato così bello e devoto gregge perché seguisse le orme del vero pastore Gesù Cristo”. È in questo contesto di capitolo fraterno che Francesco sembra ricordare ai suoi fratelli che se grandi sono gli impegni che ognuno ha preso con il Signore, alla fine dei conti maggiore è l’impegno che Lui ha preso con tutti gli uomini.

 I grandi impegni di Francesco…

Promettere qualcosa significa, etimologicamente, “mettere davanti”. Cosa Francesco e i suoi fratelli hanno messo davanti a Dio, quasi come pegno del dono della vita che sarà consegnato pienamente al termine della corsa terrena? 
Ci viene in aiuto il Testamento di Francesco, che, rileggendo la sua esperienza, ricorda la promessa di mantenersi fedele al Padre nella Chiesa e ai suoi ministri, al sacramento del pane e a quello della Parola; la promessa di essere e voler rimanere fratello; di riconoscere nel Vangelo l’unica strada per una vita vera; di mantenere una relazione viva con il Signore; di lavorare; di annunciare la pace; di mantenersi vigilanti e in una situazione di precarietà vitale, pellegrini e forestieri in questo mondo, per poter diventare cittadini della Gerusalemme celeste.
Grandi impegni, grandi propositi, grandi promesse, che diventano concretamente la strada su cui Francesco ha disegnato la sua mappa per orientarsi nel cammino; in una situazione di complessità, di confusione di linguaggi, di movimenti allettanti ma non sempre garanti della comunione con la chiesa. Mi piace pensare a queste promesse come ad una via ferrata che gli ha consentito di scalare la parete ripida e scivolosa della sequela, possedendosi interiormente per resistere e non lasciarsi sopraffare dalla molteplicità delle sollecitazioni e delle tentazioni forti, dentro e fuori di lui, anche da parte di quella splendida fraternità che è e rimane la cornice entro cui vivere questo progetto voluto da Dio.

 … e quelli infiniti di Dio

Ma alla fine, proprio facendo memoria di quanto sperimentato, Francesco non può che constatare che se la sua vita ha potuto manifestare qualcosa della bellezza dell’Altissimo Onnipotente e bon Signore, è solo perché Lui, il Signore, gli ha donato di incominciare la via della conversione, Lui gli ha donato la fede, Lui gli ha donato i fratelli, Lui ha mantenuto viva la relazione di amore, Lui gli ha dato la grazia di lavorare, Lui gli ha rivelato di annunciare la pace, Lui  - nel Figlio – ogni giorno discende e continua ad essere pane e luce del cammino.
Francesco custodisce la memoria del credente che ha fatto esperienza di un Padre che per primo ci ha amati e continua ad amarci, a servirci, a perdonarci, a condurci, ad ispirarci propositi buoni e veri.
E può dire ai suoi fratelli riuniti in capitolo: «Piccola è la pena di questa vita, ma la gloria dell’altra è infinita». I capitoli erano occasioni di confronto dopo lunghe esperienze di predicazione, di accoglienze e di rifiuti ricevuti; erano occasioni di ringraziamento per il bene seminato e per la vita donata; erano presumibilmente anche possibilità di conforto reciproco e di memoria condivisa delle grandi promesse di Dio ai suoi servi. Mi piace immaginare che la memoria delle Scritture insieme lette diventasse come quell’”annuncio dell’angelo” grazie al quale tutti si rimettevano in cammino, forti dell’unica presenza capace di sostenere un altro lungo anno dispersi per il mondo, illuminati dal ricordo di quel Dio che rinnova continuamente le sue promesse di libertà e di vita per ogni persona, per il mondo intero; promesse di pace, di giustizia, di rinnovata forza e speranza per un futuro che prelude al regno. Promesse che hanno il loro “sì”, ci ricorda l’apostolo Paolo, cioè non rimangono parole vuote e si realizzano qui ed ora per tutti noi in Gesù Cristo. Egli è il Signore che prepara cieli e terra nuovi fondando ogni esistenza umana non più sulla vanità fuggente della menzogna, ma sulla dolce esperienza di un futuro dove si incontra il bene, tutto il bene, il sommo bene. Perché, alla fine, se le promesse di Dio possono confortare e sostenere, è comunque e solo il Dio delle promesse che può riempire la vita e tenerla a testa alta anche quando le promesse tardano a compiersi.

 Con un Amen

Francesco si affianca a noi nel cammino della fede e ci insegna che non si può rispondere a Dio se non con l’antica parola Amen, quale dichiarazione di fiducia in Colui che realizza le promesse di pace e di vita per noi tutti. Amen, dunque, ogni qualvolta nel nostro vivere incontriamo il Signore che ci offre il suo dono in Gesù Cristo. Perché rimane vero che tutte le promesse di Dio hanno il loro “sì” in Cristo Gesù (cfr. 2Cor 1,20).
Non ci sono altre risposte. L’unica risposta, l’unico compimento è Gesù Cristo. In lui troviamo davvero tutto quello che Dio ci ha promesso nella sua parola. Per questo possiamo affermare con Francesco che, per quanto importanti e duri siano i pegni che costituiscono i nostri im-pegni e le nostre promesse a Dio, nulla potrà uguagliare la grandezza della sua promessa a noi, del pegno che ci è stato dato in assoluta gratuità da quel Dio che dimostra il suo amore verso di noi quando, mentre eravamo ancora peccatori, ha consegnato il suo Figlio per noi (cfr. Rm 5,6-8).