«Il tema di oggi è la “perseveranza”» apre Maura senza tanti giri di parole «ed io ve ne propongo una definizione. La perseveranza potrebbe essere: “la pazienza nel tempo” o anche “la speranza nel tempo”. Che ne dite? Ma soprattutto, nelle vostre vite, che ha significato questa parola? A cosa la associate?».

a cura della Caritas Diocesana di Bologna

 Dentro alla magia di un cerchio

Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare

IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

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L’attenzione silenziosa del cerchio, anche oggi fittissimo di presenze, si disperde per un attimo. Come se fosse terminata la conta a nascondino, ho l’impressione che tutti siano improvvisamente corsi altrove.

Mi assale il dubbio che la parola sia troppo difficile. Osservo Maura e mi tranquillizzo. Da abile direttrice d’orchestra qual è, concede ancora qualche istante personale e poi richiama tutti all’armonia dell’insieme. «Ok, facciamo un giro. Ognuno provi a dire, come gli viene, un’altra parola che associa al tema di oggi».
«Per me perseveranza è sinonimo di costanza» parte Daniele e sembra che le parole gli ardano in bocca: le fa uscire a precipizio, soffiandole fuori come tizzoni infuocati. «Io passo interi pomeriggi a scrivere. Questa per me è una strada bella e su questa strada voglio davvero perseverare, essere costante. Scrivere per me è dire: io ci sono e sono così… non voglio proprio dargliela su! A volte mi incazzo di brutto con il foglio bianco e le parole, perché non vengono come voglio io… ma poi ci penso e capisco che sono come un fiume in piena; non posso dirigerle: hanno un mare da raggiungere e posso solo lasciarle andare, ma è importante essere perseverare nel seguirle, perché loro portano via la mia immondizia e mi purificano…».
«Per me perseveranza è la capacità di stare personalmente dentro una situazione» dice dolcemente Cristina sorridendo di timidezza; «ho vissuto, poco tempo fa, una circostanza personale delicata e difficile. Molti mi davano consigli, mi dicevano cosa avrei dovuto fare, ma non è stato un aiuto questo: anzi, mi sentivo molto giudicata. Ci vuole tanta perseveranza e tanta forza per vivere in modo autentico certe cose che ci accadono». 

“Forse ce la faccio anch’io!”

«Per me è un tempo particolare questo, un tempo particolarmente difficile» dice Maura con voce ferma ma carica di emozione. Improvvisamente, nel cerchio, tutto cambia. Il rispetto, figlio dell’autorevolezza, come un sovrano invisibile, entra nella stanza e prende posto fra noi: in diversi abbassano il capo, con riguardo. Tutti cogliamo il valore profondo di queste parole; esse spalancano davanti a noi il terreno sacro della totale consegna di sé senza difese, né pretese. Come un lampo, mi sale agli occhi l’immagine di Gesù a tavola, con i suoi intorno. «Mi hanno diagnosticato un tumore» prosegue Maura diretta. «Non mi aspettavo che fosse maligno. Si tratterà di accettare una terapia che ha effetti collaterali poco gradevoli. Questa è una condizione nuova per me, che mi ha fatto proprio immedesimare in chi soffre ogni giorno» poi alza lo sguardo e nei suoi occhi leggo fatica e coraggio. «Credo di aver proprio bisogno di sentire l’affetto di chi mi vuole bene per resistere in questa situazione di difficoltà. Sì, per perseverare. La perseveranza in me è un grido: non lasciatemi sola!».
Il cerchio si stringe attento, si fa intimo, sembra un abbraccio.
«Io pure c’ho un ospite da tempo» è Vincenzo a prendere la parola. La sua voce trema mentre la guancia si contrae ritmicamente. «Ho la depressione, ma non ho ancora capito che cosa sia esattamente; forse è qualcosa che riguarda l’anima. Non so, è difficile da definire. Mi hanno mandato dallo psichiatra. Lui mi dava delle medicine che mi facevano essere uno zombie. Avevo una sofferenza che non potevo nemmeno spiegare. Vedevo brutta ogni cosa, non ero più un uomo e pensavo: “Signore, fammi ritrovare come persona!” ma non riuscivo nemmeno a pregare… Poi dalle mie parti, c’è una Madonna che fa miracoli… e quando sono stato lì davanti a Lei, ho cominciato a pensare “forse ce la faccio anch’io!” e piano piano tutto è cominciato a cambiare. Io ho perseverato a vivere, nonostante tutto. Adesso non mollo più il tempo buono che sta dentro a quello cattivo. Ora mi accorgo che ci sono persone belle! Ho imparato a perseverare anche nella fiducia per l’altro. Ho ricostruito le tante cose belle che ho vissuto da ragazzo e quelle non me le toglie più nessuno. La vita che ho vissuto con le persone, nessuno può portarmela più via!». Vincenzo si ferma, sembra sfinito. Poi riprende «Sai a me che veniva in mente? Ai tempi dei romani, la sentinella che dava il cambio chiedeva al compagno ogni notte: “Soldato, quando arriverà l’aurora?” e l’altro che smontava dal turno rispondeva sempre: “Arriverà l’aurora, arriverà!” Ecco: è così! Dicono che Dio non si fa vedere, ma forse siamo noi che non Lo cerchiamo davvero, finché non ne abbiamo bisogno… Bisogna perseverare e cercare perché l’aurora arriva!».
«Sì!» aggiunge Maurizio di botto «finché c’è speranza, c’è vita! La speranza è tutto, senza essere niente…».

 Come lo zucchero a velo

«Già. Quando ho abbandonato l’Argentina, per venire qui in Italia» si inserisce Carlos «mi è servita molta perseveranza! E anche tanta speranza! Oggi però ho una speranza diversa: a 65 anni, non pretendo di fuggire di nuovo. Sono stato in carcere, sono stato torturato e ho capito che la speranza è il mio vicino che vive con me un dramma simile al mio. Ho capito che ho bisogno di quello accanto, che forse vive peggio di me. Anche l’indifferenza è un tumore che non dovremmo mai smettere di curarci…».
«Ma certo! Noi abbiamo bisogno degli altri!» esplode Maria Rosaria tutta rossa. «Lo spunto parte da te: tu devi aver la forza di andare, ma poi devi sapere che qualcuno ti aspetta. Io ho toccato il fondo e poi mi son rialzata. E sapete? Ho conservato una gran voglia di vita! Proprio ieri ho sentito l’odore d’erba della primavera, come arrivava nel mio paese a sud… la vita è profumata!».
«Hai ragione: c’è una perseveranza personale, ma ce ne è anche una collettiva… ad esempio quello che facciamo adesso è molto importante» dice Maurizio sorridente, lo sguardo fisso su Maura. «Il tè mi ha cambiato. Qui ho vinto la mia timidezza e ho imparato dagli altri quanto sono importanti per me». Fuori il sole si fa arancione.
«Sapete che vi dico?» fa Antonio allegramente, battendo la giacca sporca «Mi basterebbe essere perseverante come questo zucchero a velo: quando vede qualcosa di scuro, dimentica la gravità e si attacca con una tenacia incredibile…!!! ».
Fra le risate, ci salutiamo. Negli occhi di Maura brilla un’infinita riconoscenza per questa vera fraternità che ci è data in dono: tutti erranti e tutti perseveranti. Proprio grazie, amici.