Flashback, come back!

Il perseverare del passato fra storia e memoria

 di Riccardo Saccenti
Research Associate, King’s College (Londra)

 In apertura delle sue Historie Erodoto annota come le sue ricerche – questo appunto il significato del termine greco historie – si propongano il fine di salvare dall’oblio le imprese degli uomini e le gesta grandi e meravigliose degli stessi e di mostrare il motivo di quello stato di inimicizia fra Greci e Persiani che è culminato nella guerra.

Le parole di colui che viene indicato come il padre della “storia”, intesa come genere letterario qualificato dalla narrazione di eventi passati, permettono di enucleare tre nodi cruciali per la definizione di che cosa sia il sapere storico, ossia le nozioni di memoria, storia e ricerca, quest’ultima intesa come vaglio critico degli eventi volto a determinarne le cause. Se l’ultima di queste tre nozioni ha una qualità di matrice epistemologica, le prime due sono invece nozioni che occorre distinguere con chiarezza per capire anche i rapporti che fra esse intercorrono e il modo in cui interagiscono fra loro.

 Le gemelle diverse

La memoria rappresenta un elemento costitutivo della dimensione esistenziale e ad essa sono state dedicate analisi di ordine filosofico particolarmente accurate che suggeriscono una distinzione di piani. Se da un lato esiste una memoria individuale di cui ciascuno è responsabile, vi è tuttavia anche una memoria collettiva che è propria delle comunità e rappresenta il precipitato di esperienze che sono costitutive del passato di una collettività. Il discorso sulla memoria si articola a partire dalla relazione con il vissuto, singolare e collettivo, rispetto al quale è possibile un’opera che riporta al presente, all’oggi, i contenuti e il valore di quel vissuto che è qualificato da un legame di appartenenza che fa identificare la memoria come propria.
La storia ha invece un connotato diverso, nella misura in cui essa implica come dato preliminare una presa di distanza dagli eventi e dai fatti che sola consente di operare quella operazione di studio, che ha un carattere tutto epistemologico, che si articola su una molteplicità di piani: il racconto degli eventi, l’indagine e l’esame critico degli stessi, la definizione e acquisizione di una conoscenza. Rispetto alla memoria, la storia si pone una finalità specifica, che già il testo di Erodoto indicava, ossia la ricerca delle cause che sono all’origine degli eventi presi in considerazione, là dove invece la memoria ha un legame strettissimo con la dimensione della identità, sia individuale e collettiva, che matura attraverso il rendere attuale, nel presente, eventi passati di cui si è fatto esperienza.

  Kant vs Hegel

La storia come sapere rappresenta un tratto qualificante della cultura europea, soprattutto a partire dall’età moderna, quando acquista una specifica connotazione epistemologica, divenendo una scienza che viene di volta in volta ripensata secondo modelli e orientamenti culturali diversi. È in particolare a partire dalla seconda metà del XVIII secolo che tendono ad emergere due visioni diverse della storia e del suo ruolo nel quadro del sistema delle scienze e dei saperi. A partire dalla riflessione kantiana e dal criticismo che la caratterizza, matura l’idea che il termine “storia” designi un’idea regolativa, ossia un elemento che ha la funzione di indirizzare l’intelletto a ricercare una sintesi rispetto agli eventi del passato in grado di rendere ragione in modo sempre più comprensivo e completo dei nessi causali che li hanno determinati. La nozione di “storia” rappresenterebbe in tal modo il punto di riferimento ideale che guida e struttura il lavoro di ricerca degli storici e che imprime ad esso un carattere di costante tensione verso gradi di spiegazione e conoscenza sempre più dettagliati e completi. Accanto a questa impostazione si colloca una visione della storia come “idea determinante”, che ha una tematizzazione specifica nella filosofia hegeliana e che vede nella storia il dato costitutivo della realtà: la dimensione in cui si coglie l’elemento razionale che governa e guida il reale.
Riflettendo su questi due paradigmi storici Paul Ricoeur, nel suo La memoria, la storia, l’oblio, notava che la visione kantiana ha come corollario l’implicazione che la storia deve diventare storia universale, là dove nell’accezione hegeliana la storia è già universale. E a partire da qui, il filosofo francese osservava l’esistenza di due elementi che tendono a mettere in dubbio questi paradigmi della storia, entrambi sottesi al rischio di una pretesa di assolutezza che tende a ridurre tutta la realtà a storia. Da un lato, l’idea di una storia solo come “storia universale” confligge con il dato costitutivo della pluralità umana, che è fatta non solo di individui ma di molteplici dimensioni collettive irriducibili ad uno sguardo universale inteso come uniformante. Dall’altro lato la “storia” come disciplina, che tende ad un livello sempre crescente di perfezione, entra in contraddizione quando viene “temporalizzata”, ossia quanto si traduce in una valutazione morale della progressione cronologica degli eventi che fa giudicare il “nuovo” come migliore perché espressione di quel progresso che è elemento costitutivo della storia. L’esito di tutto questo è un rischio di depotenziamento del passato che viene collocato dentro una polarità “vecchio/nuovo” che confina l’esercizio del sapere storico alla rievocazione di eventi “morti” e dunque colti come irrilevanti e ininfluenti sul piano di un oggi che è migliore perché nuovo.

 Un punto di incontro

Questo quadro denuncia un bisogno di storia, nel senso di un sapere capace di rendere ragione del presente attraverso lo studio del passato e dei nessi causali che lo legano al presente e al futuro. Più ancora emerge l’esigenza che la storia si affianchi e si saldi con l’esercizio della memoria. Quest’ultima infatti, proprio perché confinata agli eventi di cui si è avuto esperienza, individuale o collettiva, necessita di essere collocata dentro l’orizzonte più ampio che solo il sapere storico può offrire. Il punto di vista dello storico, qualificato dal distacco rispetto agli eventi, è il solo che consente di indagare i nessi causali in modo oggettivo e rigoroso e dunque rendere il passato che è memoria fonte di una conoscenza. D’altro canto la memoria rappresenta anch’essa un interlocutore necessario per la storia, nella misura in cui il suo essere individuale e collettiva ne fa il punto di confronto con quella pluralità dell’esperienza umana del sapere storico che definisce i limiti e al tempo stesso la funzione. È in questo modo che la storia riesce a liberarsi dalla tentazione di essere sapere assoluto per esercitare invece un’indagine sugli eventi che, uscendo dalla polarità riduttiva che oppone il vecchio al nuovo, supera un oblio del passato che rischia di essere anche oblio del futuro.

 Dell’Autore segnaliamo:
Debating Medieval Natural Law: A Survey
The University of Notre Dame Press, Notre Dame (IN) 2016, pp. …