Era un museo, è diventata una locanda francescana. È avvenuto a Reggio Emilia, in via Ferrari Bonini. Un po’ per scelta e un po’ per necessità, quando si dice la Provvidenza! Dalla custodia di opere d’arte all’accoglienza dei poveri. Il diacono san Lorenzo non diceva forse che i veri tesori della Chiesa sono i poveri?
Facciamo poi nostro il ringraziamento di Giancarlo Carotti a Michele Gesualdi, morto il 18 gennaio 2018 e sepolto a Barbiana accanto al suo Priore.

a cura della Redazione di MC

 Locanda francescana

Racconto di una mutazione sorprendente 

di Antonello Ferretti
animatore culturale a Reggio Emilia

 

Il vero tesoro

Il museo dei cappuccini di Reggio Emilia ha goduto di buona salute fino al maggio del 2015 quando un inaspettato (ma non imprevedibile) verdetto ne ha segnato la chiusura immediata.

Nuove norme antisismiche e logistiche non permettevano più l’utilizzo di tali locali come spazi adibiti ad esposizioni temporanee, conferenze ed attività di qualsiasi genere come era avvenuto sino ad allora. Nella incredulità più totale, si cercò anzitutto di trovare un degno rifugio all’attività dei laboratori didattici che già da anni richiamava presso il nostro museo moltissime scolaresche. Ed un inesorabile cartello con la scritta “Fine” venne apposto sullo stabile che da quel momento avrebbe custodito come un vecchio, ma aristocratico deposito, tele, oggetti, mobili e quant’altro costituiva il vanto di un piccolo spicchio di storia fratesca, e non solo, degli ultimi cinquecento anni.
D’accordo l’importanza della conservazione delle opere d’arte, ma forse il diacono Lorenzo, proprio quello vissuto ai primi tempi della chiesa, avrebbe avuto qualcosa da dire… anzi avrebbe proposto una interessante permuta: se è vero che gli autentici tesori della Chiesa sono i poveri ed i bisognosi, perché non donare il Museo dei cappuccini di Reggio Emilia a loro e spostare quanto a tal fine appariva ingombrante a Bologna dove già si stanno raccogliendo tutti i materiali artistici provenienti da chiese e conventi che son stati ultimamente chiusi o ceduti? Musei e gioielli di diverso calibro e valore, ma sempre di musei e gioielli si tratta. 

 

La forza della cooperazione

Influenza diretta o indiretta di san Lorenzo - questo non ci è dato sapere - i cappuccini dell’Emilia-Romagna ben presto hanno iniziato a chiedersi come utilizzare quello stabile: disfarsene o trasformarlo in una realtà nuova? Rifletti qui, rifletti là, contatta questo, interpella quello, si arrivò a una conclusione condivisa: utilizzare lo stabile a favore dei poveri. Il problema non era però del tutto risolto. A chi affidare la gestione di un’opera del genere? Ai frati della fraternità di Reggio Emilia? Questo appariva del tutto impossibile tenendo conto della elevata età dei religiosi presenti e della gravità del servizio che avrebbe assorbito a tempo pieno almeno due religiosi. E poi le competenze, le capacità di agire in tali ambiti non si possono improvvisare; occorre anzitutto conoscerle e poi saperle padroneggiare. Chi meglio dei membri della Caritas (struttura e associazione sorta a tal fine) poteva assumersi un onere del genere?
Detto fatto: i frati prestano i locali, li ristrutturano a loro spese e li consegnano alla Caritas per una attività legata alla seconda accoglienza.
E la prima?
Reggio Emilia, diocesi particolarmente viva ed attenta alla problematica degli ultimi, possiede tre mense (tra cui la nostra) che lavorando in rete cercano di sfamare tutti i giorni dell’anno (Natale e Pasqua compresi) due volte al giorno coloro che ne hanno la necessità. A tali mense si aggiungano strutture di seconda accoglienza, realtà in cui la persona può restare per un periodo di tempo più o meno lungo. Per quanto riguarda la permanenza nell’ex museo cappuccino si parla di un periodo che varia dai pochi mesi a un anno. 

Dentro a un nome… cosa c’è?

Ma cosa si trova nello stabile? Appena varcata la soglia, a piano terra, una comoda e accogliente sala riunione, poi sui due piani successivi sono disposti un paio di appartamenti più grandi, altri di media grandezza e alcuni monolocali per donne sole o mamme con bambino. In totale i posti letto superano i trenta, comprendendovi anche la famiglia ospitante, di origine albanese, che ha scelto di abitare qui per qualche anno in modo da custodire la casa e accogliere i prossimi inquilini. Vladimir, Valentina e la piccola Isabel sono infatti stati i primi a varcare questa soglia e stanno aspettando amici. Fare presenza e tessere relazione: questo il loro compito.
Locanda Francescana: è questo il suggestivo nome dato al centro ed ha un suo perché. Locanda non è albergo, non è stanzialità, ma luogo di passaggio, come lo fu il locale in cui il buon samaritano lasciò quel tale assalito dai nemici perché qui potesse avere non un approdo permanente, ma una sosta ristoratrice da cui la vita potesse ripartire una volta affrontate e superate le proprie fragilità.
Francescana è una aggettivazione ambigua sia in quanto richiama il Santo di Assisi che scoprì la propria vocazione a partire dagli ultimi, dai lebbrosi, e alla povertà rimase fedele sino alla morte, sia in quanto si rifà al più contemporaneo Papa Francesco che riprende in chiave odierna e in modo forte lo stesso tema ribadendo continuamente che la Chiesa deve partire dalle periferie ed essere essa stessa periferia.

 Fragilità come elemento di azione

E così tra un sogno ed un progetto si è giunti al pomeriggio di domenica 19 novembre 2017, giorno fissato per la benedizione ed inaugurazione dei locali. In un freddo ma assolato pomeriggio tardo autunnale, numerosi sono stati coloro che si son recati nella nostra chiesa per un momento di preghiera consistente in una lettura tratta dal messaggio del pontefice per la giornata dei poveri ed una preghiera responsoriale; poi all’esterno la benedizione impartita dal vescovo di Reggio Emilia e Guastalla, mons. Massimo Camisasca, al quale son state presentate una copia del crocifisso di San Damiano ed una icona di san Francesco (da appendere in casa) ed infine l’acqua per l’aspersione dei presenti e dei locali che vengono di seguito visitati.
Luca Vecchi, sindaco della città, presente alla inaugurazione della struttura, ha definito questo gesto compiuto congiuntamente da Caritas e frati cappuccini, come un “gesto molto forte” ed un “segno di civiltà”, come avviene tutte le volte che la fragilità umana diventa un elemento di azione e non di cedimento davanti alla paura del povero e del diverso da sé.
E l’ultima parola della giornata ovviamente è stata quella del Vescovo che così ha congedato i convenuti: «La presenza del povero è una grande potenza educativa di Dio nei confronti della nostra vita: nel povero, non solo vediamo chi è Dio, ma vediamo anche chi siamo noi. Colui che è fragile riassume nello stesso tempo la degnazione di Dio e la fragilità dell’uomo».E allora, cara Locanda
Francescana, buona strada, con l’augurio che tu possa essere prima che stazione di servizio, una scuola di carità.