Sorella Porta

Mostra fotografica in convento a Reggio Emilia

 di Maura Favali
restauratrice e responsabile delle attività dei beni culturali dei cappuccini dell’Emilia-Romagna

 Dalla partecipazione ad un bando di finanziamenti del Comune di Reggio Emilia e dall’adesione all’evento “Settimana della salute mentale”, ha preso vita un progetto per far conoscere sempre meglio la presenza e la missione dei frati cappuccini.

Il progetto “I frati cappuccini in città. Dal 1571 a Reggio Emilia”, fatto di conferenze, mostre e una visita guidata, è stato ospitato negli spazi dedicati alle attività culturali del secondo piano della biblioteca provinciale.
Le mostre “In Viaggio” con i manufatti degli utenti degli atelier dell’AUSL del territorio reggiano e “Sorella Porta”, racconto fotografico di Fabrizio Cicconi con testi di Irene Russo, hanno trasformato gli ambienti in una pista di lancio per mete sempre aperte e nuove che ha permesso a molti di volare in mondi alternativi in cui trovare il perché delle nostre ragioni spesso dimenticate.

 Mondi paralleli in contatto

Mondi paralleli, ma strettamente in contatto tra di loro per una osmosi che permetta la vita di entrambi, sono emersi dalla mostra fotografica “Sorella Porta”. Le porte che di solito sono nemiche perché dividono e lasciano sempre tutti “dall’altra parte”, per una volta sono diventate sorelle che permettono il contatto tra la strada e il convento, tra l’uomo che cerca il senso del suo perché nella confusione e l’uomo che ti dona il perché del suo senso. E allora le immagini e le gigantografie di luoghi difficilmente accessibili svelano segreti che sarebbero difficilmente individuabili, e la voglia di passare dalla immagine alla realtà, dal significato alla oggettività, prende consistenza in una visita guidata al convento e alla chiesa.
Parole, immaginazione e muri hanno dato vita ad una storia che risale alla edificazione del convento (1571) che, nonostante i diversi usi e costumi, ha cercato di mantenersi fedele agli insegnamenti di san Francesco attraverso la mensa dei poveri e la silenziosa e preziosa opera di riconciliazione e direzione spirituale che si svolge nei confessionali e negli ambienti conventuali. Ambienti che sono in buona parte condivisi con la gente che entra a far due chiacchiere e in parte sono personali, privati, ambienti in cui sorella porta rinchiude simbolicamente il frate perché trovi la vera clausura: quella del cuore; e per clausura intendiamo silenzio, pace, intimità, dialogo con Chi parla nel silenzio, e non certo carcerazione e lontananza forzata da tutti.

Un amico riflette

Viaggiando tra coro, chiostro, refettorio e corridoi non potevamo che finire lì… ai piedi di una pala, la famosa “Pala Bardi” testimone di storia, arte e fede del primissimo francescanesimo, dove arte, filosofia, storia e spiritualità per una serata si sono date la mano e ci hanno raccontato di Francesco, di chi è davvero porta per andare al di là, per andare a Cristo. La partecipazione del pubblico, la condivisione e il confronto hanno dato conferma che un linguaggio altro, fatto di immagini, è una delle forme possibili per accompagnare le persone ad avvicinarsi e a sentirsi accolte: un bisogno oggi così urgente e diffuso.
Riportiamo le riflessioni del fotografo Fabrizio Cicconi con il suo vissuto di artista e di uomo che ha conosciuto una realtà fino ad ora immaginata oltre le mura di via Ferrari Bonini. Fabrizio ora è diventato un nostro amico.
«Dall’incontro con Maura, poi con frate Antonello, è nato il progetto, il racconto fotografico, “Sorella Porta”, uno sguardo di accoglienza e di ricerca interiore. Uomini di fede emancipati alle nuove tecnologie, sempre aggiornati sui fatti del mondo e su quello che succede intorno a loro. Studiosi di arti e filosofie che non tengono per loro, ma condividono con chi ne sente il bisogno. Aperti al mondo ma con regole che li riportano ad una realtà spirituale: nei momenti di preghiera e di condivisione dei pasti, i frati non sono disturbabili. Una cosa che dovremmo imparare.
Questo è quello che ho visto. Nelle mie immagini ho cercato di comunicare una realtà intima, quella che non vediamo all’esterno. Attraverso dettagli, sfocature e focalizzazioni precise che possono dare vertigini, la mia intenzione era quella di lasciare spazio all’immaginazione. Muovere il pensiero delle persone che guardano un’immagine e farle riflettere senza trovare la realtà già spiegata. La fotografia ha questa possibilità di documentare dando un messaggio preciso, oppure cercare di far ragionare creando un pensiero soggettivo da un’immagine oggettiva. Per integrare il percorso delle immagini ho coinvolto Irene Russo, scrittrice, che riesce a cogliere momenti importanti traducendoli in racconti non “canonici”. Come scrive Irene «la porta d’ingresso del convento è quasi una sorella: per la sua capacità di aprirsi e mandare il frate incontro al mondo, ma anche per la sua capacità di chiudersi e salvaguardare questo angolo di raccoglimento» …

 Centro estetico dell’incontro

Il racconto fotografico “Sorella Porta” non è il reportage fotografico sul convento dei frati cappuccini di Reggio Emilia, ma è un insieme di immagini e testi che vogliono raccontare la presenza e la missione dei frati cappuccini; essi si pongono in dialogo con il visitatore mettendosi a disposizione per accogliere l’incontro inconfessato e danno bellezza a ciò che bello sembra non essere.

Con questo progetto abbiamo poi voluto inserire, in modo permanente, delle immagini con i dettagli del convento e della chiesa tra gli scaffali della sala conferenze per creare un ambiente dove si possa vedere, oltre che ascoltare, la presenza dei frati. Tutto ciò è stato possibile grazie all’impegno di padre Alberto Casalboni, frate Antonello Ferretti, padre Prospero Rivi, Davide Dazzi e Maura Favali.