Fresca fresca di nascita. A Cesena. Un’esperienza nata da due mesi, ma pensata già da tre anni. Binario 5. La stazione di Cesena ha solo 4 binari. Questo si aggiunge come binario virtuale su cui ritrovare relazioni che amano, in cui anche Cristo si può rendere “visibile” anche se non se ne parla mai esplicitamente. Consacrate, psicologi, e volontari insieme, incontrano giovani che transitano dalla stazione tutti i giorni per lavoro o studio e offrono loro ascolto, condivisione, confronto.

Gilberto Borghi

 Dove il treno non parte

A Cesena, vicino alla stazione, un luogo “accoglievole”

 

L’idea nasce dalle riflessioni di suor Daniela, Madre delle suore della Sacra Famiglia di Cesena, ormai 3 anni e mezzo fa.

Nel centro educativo “Cantiere 411”, in cui si accompagnano e sostengono bambini e adolescenti rispetto all’impegno dei compiti, avevano cominciato ad essere presenti a volte anche adolescenti, che, nella relazione sincera e aperta con suor Daniela, raccontavano comportamenti devianti e degradanti vissuti nelle strade attorno alla stazione di Cesena.

Partendo da qui, suor Daniela e la sua comunità hanno pensato che sarebbe stato importante offrire la presenza di un luogo in cui i giovani, nell’ordinarietà del quotidiano, senza appuntamento, senza formalità, potessero incontrarsi con adulti che dimostrino loro attenzione e cura, e che gli offrano, senza riserve, presenza e ascolto; un luogo che fosse capace di riconoscere ed accogliere le eventuali manifestazioni, più o meno palesi, di bisogni o disagi specifici. Attraverso un ascolto e il dialogo semplice e quotidiano, si sarebbe potuto arrivare anche a proporre iniziative di vario tipo: principalmente legate allo studio, ma anche ludiche, culturali, spirituali, artistiche, sportive, professionali, in modo che i giovani potessero attingere a una svariata gamma di stimoli per nutrire le loro passioni. Finalmente, dopo molte difficoltà l’idea è diventata realtà. Abbiamo intervistato Francesca Mordenti, psicologa, suor Alessandra Fabbri e Jessica Narducci, educatrici, che stanno dando corpo a questa esperienza.

 In cosa consiste questa esperienza?

Il progetto punta al miglioramento della vita di tanti singoli giovani, in tutti i suoi aspetti, e contemporaneamente al miglioramento della qualità della vita dell’intera area, sperando una riduzione delle violenze e azioni illecite. Il progetto prevede alla sua base una rete, in sinergia con tante specificità. In una fase iniziale sono state raccolte le abitudini e i bisogni dei giovani, attraverso una presenza degli operatori nelle strade della stazione, e il confronto con le varie realtà che già operano in questa zona a vari livelli e con vari ruoli: dirigenti scolastici, operatori di strada comunali, polizia, ecc. Contemporaneamente, si è aperto un ambiente di accoglienza, nei locali della Cooperativa sociale CILS. Principalmente finora abbiamo incontrato i ragazzi in giro per la stazione per comunicargli la presenza di questa nuova realtà che è il “Binario 5” ed invitarli a venirlo a vedere e a venirci a salutare.

 Tempi, luoghi, attori?

Ad oggi il Binario 5 è aperto martedì e venerdì dalle ore 7.00 alle ore 9.00 e lunedì e giovedì dalle ore 12.30 alle ore 14.00. Al momento siamo a gestirlo in tre operatori e per un paio di ore settimanali un ragazzo che sta facendo il servizio civile per il Servizio di pastorale giovanile. A quasi due mesi dall’inizio del progetto, si è riscontrato un notevole interesse da parte dei ragazzi, che hanno già iniziato a frequentare il locale in particolare nella fascia oraria mattutina. «Vengo qui perché alla mattina arriviamo in stazione molto presto e quindi dovevamo rimanere fuori al freddo e quindi quando ci avete proposto di venire qui, che era un bel posto, che potevamo stare insieme, seduti, a fare qualcosa, abbiamo accettato volentieri» (Sofia). «È accoglievole» (Celeste) (ha proprio detto “accoglievole” e mi sembra bellissimo). «Si può stare in compagnia, mi sa di un posto felice… con le pareti tutte colorate (ancora Sofia)». «Compagnia, tempo, nuove conoscenze», le parole chiave di Tommaso. E quelle di Elena sono simili: «Caldo, gente simpatica, felicità». Qualcuno ha già cominciato a fare il passaparola. «Io alle mie amiche della classe, che arrivano come me presto, ho detto di venire qui, che è un posto bello, così possiamo stare insieme anche prima della lezione… molte vengono» (di nuovo Sofia).

 La difficoltà maggiore che incontrate e l’aspetto più bello

Spazi, tempi e risorse umane ridotte e un luogo un po' decentrato per cui c’è la fatica di fare capire ai ragazzi di che cosa si tratta, quando glielo spieghiamo per le vie della stazione. Al momento viviamo anche la fatica di capire concretamente quali sono le loro necessità e come in futuro potremo conciliare le loro esigenze con lo spazio che abbiamo e quello che avremo.
L’aspetto più bello, invece, è quello di poter incontrare i ragazzi lì dove si trovano, così come sono, senza filtri e mediazioni; poter sperimentare la loro disponibilità a farsi incontrare, la loro curiosità rispetto a questo luogo e la fiducia nell’accogliere l’invito. E questo mostra come, al contrario di quanto si pensa di solito, i ragazzi sono disponibili se uno li avvicina senza volergli vendere o dovergli imporre qualcosa. Se siamo autentici e sinceri loro lo sentono e la comunicazione si apre.

 Qual è l’aspetto evangelizzatore di questa esperienza?

L’esperienza del Binario è, per ciascuno di noi operatori, principalmente un’esperienza di servizio e di desiderio di ricondividere un Bene ricevuto, convinti che in ogni ragazzo incontriamo un “pezzetto” del volto di Gesù. È un modo per andare in una periferia esistenziale, come papa Francesco ci chiede, incontrando in questi ragazzi lo Spirito che agisce e, partendo da lì, aiutarli a sostenere la loro crescita restando aperti a quella presenza misteriosa, ma efficace, che molte volte vediamo all’opera in loro. È un modo anche per risvegliare la Chiesa cesenate, fornendo la possibilità di coinvolgersi in questo circolo di bene a persone che spesso vivono una vita di fede ordinaria, ma che sentono il desiderio forte di “alzare” il tiro della loro vita spirituale. Pensiamo ai ragazzi del servizio civile che collaborano con noi; ai giovani scout e ad altri volontari di altre realtà che condividono questa esperienza come cammino di fede. 

Difficile prevedere se e come si evolverà questa esperienza, ma di sicuro ha indovinato una forma e uno stile che sembrano davvero incontrare il favore di questi ragazzi. Di sicuro, può essere un’esperienza nuova, che ha un alto tasso di riproducibilità anche in altre città o luoghi di transito giovanile. Forse proprio l’aspetto del “frattempo”, del momento fuori schema, potrebbe essere davvero una traccia che favorisce l’incontro libero e senza formalità, oggi più accettabile e riconoscibile da parte dei ragazzi. Da questo, forse, la nostra pastorale dovrebbe imparare che i tempi e le forme istituzionalizzate oggi lasciano il tempo che trovano.