Dio che ami e che parli

La Parola del Padre e del Figlio, segno del desiderio di entrare in relazione con noi 

di Mirko Montaguti
frate conventuale, biblista

In principio era la Parola» (Gv 1,1). Il celebre attacco del vangelo di Giovanni non è il solo incipit biblico che si sofferma sull’eternità della Parola di Dio; anzi sembra che questo tema sia particolarmente efficace per catturare l’attenzione del lettore all’inizio di diversi libri biblici: dalla Genesi al Vangelo di Giovanni; dalla Lettera agli Ebrei alla Prima Lettera di Giovanni.


Il lettore della Bibbia, in effetti, approcciando un tessuto fatto di sintagmi ed enunciati più o meno elaborato - ma sempre connotato dalla fragilità propria del linguaggio umano - è chiamato a riscoprirvi comunque la presenza di una Parola che trascende enormemente la superficialità testuale, una Parola - appunto - eterna.

 In principio era un sogno

La prima pagina della Genesi per esempio pone proprio la Parola di Dio, che è eterna, come radice della creazione stessa. In effetti l’azione primigenia di Dio («In principio Dio creò il cielo e la terra»: Gen 1,1) si realizza attraverso dieci parole pronunciate sul primordiale abisso informe. Per dieci volte l’autore sacro ripete «Dio disse…» e ogni volta viene riportato il tramutarsi della Parola in fatto («Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu»: Gen 1,3). A vincere il chaos lasciando emergere l’esistenza delle cose (il kosmos) è insomma la Parola stessa di Dio.
Nella cultura ebraico-cristiana, il creato non nasce da lotte tra divinità primordiali, come avveniva nella mitologia dell’antico Vicino Oriente, o da un decadimento progressivo della divinità fino alla sedimentazione in forme imperfette, bensì da un evento sonoro efficace, una Parola che vince il nulla e crea l’essere. «Dalla Parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera […], poiché egli parlò e tutto fu creato» (Sal 33,6.9).
Se Dio parla, è perché vuole entrare in relazione con qualcuno: al fondamento del nostro esistere c’è un sogno di Dio, quello di non essere l’eterno solo. Nel suo cuore c’è il desiderio dell’incontro e del dialogo con l’uomo, anch’egli portatore da sempre dello stesso sogno di comunione («non è bene che l’uomo sia solo»: Gen 2,18). Alla creazione poi è anche riservato lo sguardo contemplativo di Dio («vide che era cosa buona»: Gen 1,12); l’ebraico tov non qualifica però soltanto la bontà, ma anche la bellezza, indicando così nella creazione “bella” una fonte di piacere e di gioia per Dio stesso.
A un Dio che parla, consegue una creazione che risponde. Vivere, in fondo, è rispondere alla chiamata di Dio ad esistere e corrispondere al suo desiderio di relazione. La vita stessa porta in sé l’idea della responsabilità del vivere che non può essere inteso come elemento di autonomia o di pieno possesso della propria esistenza. Vivere è la risposta ad un appello che parte dal cuore di Dio.

  La Parola che ci guida

Tutto questo retroterra veterotestamentario filtra nel Nuovo Testamento che, stabilmente, attesta come tutto ciò che esiste sia stato fatto mediante il Logos (Gv 1,3; Col 1,16), la stessa Parola eterna di Dio che al culmine della storia «si fece carne» (Gv 1,14).
Anche l’incipit della Lettera agli ebrei si sofferma proprio su questo tema della Parola di Dio che squarcia il silenzio, ma lo contempla da un altro punto di vista: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo» (Eb 1,1-2).
L’autore anonimo di questa antichissima omelia cristiana contempla la Parola di Dio non solo come origine della creazione, ma anche come guida delle sorti della storia. In effetti le vicende di Israele sono state sempre orientate dal rivelarsi di Dio in molteplici mediazioni (eventi meravigliosi, vittorie militari, drammi apparentemente incomprensibili, parole di profeti…). E l’uomo sapiente è colui che pone attenzione e sa cogliere il continuo parlare di Dio nello scorrere del tempo; questa Parola dispiegata lungo la storia è, di fatto, una continua azione creatrice intesa nei termini di “provvidenza”.
È la fedeltà del Dio di Israele che fa sì che egli non si accontenti di innescare il meccanismo della creazione e lasciarlo al suo corso meravigliosamente determinato, ma piuttosto rinnovi il suo desiderio di relazione continuando ad interessarsi e a guidare con bontà la storia anche dentro a quegli accadimenti inaspettati determinati dalla libertà del creato.
Tutto questo emerge non solo nei Salmi («Mandò la sua parola, li fece guarire e li salvò dalla fossa…»: Sal 107,20; «Manda la sua parola ed ecco [il ghiaccio] si scioglie»: Sal 147,18), ma anche nei vangeli, nei quali spesso Gesù guarisce paralitici e muti grazie alla sua parola («Alzati e cammina…»).
La vita prospera e continua quando la creazione rimane in ascolto della Parola di Dio e vi aderisce profondamente. In effetti il comando primo e fondamentale dato da Dio in ogni tempo, perché la vita possa continuare a fiorire, è proprio “Ascolta!” (cfr. Dt 6,4; Mc 12,29). Così è per esempio dei malati che trovano la guarigione ascoltando l’ordine di Gesù: il miracolo si compie proprio nel momento in cui il malato obbedisce alla sua parola («“Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”. Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò»: Mc 2,11-12).

 Accanto al Figlio

La presenza del Figlio nel mondo, come stabilisce solennemente l’inizio della Lettera agli Ebrei, è dunque il segno massimo del desiderio eterno e continuo di Dio di mettersi in relazione con l’uomo. Un desiderio che - come è proprio di ogni amante - non ha lesinato in fantasia nel corso della storia, cercando di intercettare sempre la disponibilità dell’uomo a lasciarsi attrarre a questa relazione vivificante. “Molte volte”, perché la durezza del cuore umano spesso ha portato la creazione alla deriva; “e in diversi modi”, perché l’abitudine rischia di rendere ciechi gli occhi e sordi gli orecchi.
È accostandoci al Figlio che possiamo metterci in ascolto del cuore di Dio ed entrare così in una vita piena e felice. La Lettera agli Ebrei ci mostrerà in che modo sarà possibile anche per noi, non più contemporanei del Gesù storico, gustare la sua mediazione per mantenerci in dialogo con Dio.