Autenticità virtuale è possibile!

Piccolo appello alla generosità cristiana sulle reti sociali.

 di Jane Stranz, @janestranz
pastora responsabile del Servizio relazioni ecumeniche della Federazione Protestante di Francia

  Infinite domande

Ho una relazione autentica con le persone che incontro nel corso di un ricevimento o di una riunione ufficiale tra le tante che il mio lavoro chiede?

Lo spero, certo, anche se il galateo non sembra essere sempre d’aiuto. Eppure riescono a nascere dei progetti, delle amicizie o delle relazioni lavorative. Ci si può porre poi la stessa domanda di autenticità anche per le relazioni tra persone, Chiese, istituzioni che incrocio sulle reti sociali.
Il poeta anglo-americano T.S. Eliot scriveva in uno dei suoi capolavori che il genere umano non può sopportare troppa realtà (The Four Quartets, Burnt Norton). Oggi si riformulerebbe la domanda piuttosto attorno alla capacità umana di sopportare la virtualità: ci possono ancora essere vero e umano nel mondo digitale?
Confesso serenamente di non essere specialista di reti sociali: ho imparato gettandomici, sia a livello professionale che personale, da una decina di anni. All’inizio praticavo facebook e twitter in maniera un po’ utilitaristica per incoraggiare le persone a leggere un blog che scrivevo all’epoca. Contemporaneamente ho fatto i primi tentativi di comunicazione istituzionale via twitter al Consiglio Ecumenico delle Chiese, così come per altre istituzioni ecumeniche e internazionali. All’inizio faceva quasi paura: convincere l’istituzione che si trattasse di una modalità seria di comunicazione era una sfida. Una sfida vinta: la Chiesa dei Paesi Bassi, 1000 follower di @oikoumene su twitter ricevette una lettera personale da parte del Segretario generale del CEC, e oggi il Consiglio Ecumenico ha vari account twitter, per far risuonare meglio i differenti campi d’azione e, contemporaneamente, ha vinto un premio proprio per la sua presenza sui social network. (genevaengage.diplomacy.edu)
Di certo ho fatto degli errori: inizialmente ho fatto incetta di follower seguendo tutti. Nei miei account più recenti ho fatto lo sforzo di crescere in maniera più durevole e di seguire account importanti per i miei interessi in campo ecumenico, religioso, della migrazione a livello francese e internazionale, legati da una serie di account di amici e di interessi più personali, come l’ecologia, il femminismo, l’arte e lo humor. Creare una rete è un lavoro di ampio respiro, come nel vero lavoro relazionale. Ritwitto molto, per proporre una fonte di informazioni riguardante i temi ecumenici e per promuovere l’attività della mia istituzione, per far risuonare delle campagne o dei progetti. Ritwittare è anche un modo di tessere relazioni, di prendere sul serio quanti sono in rete e per incoraggiare gli amici che vi fanno i primi passi o che sono meno follower di me.

 Memoria sintetica

Scrivo spesso dei tweet direttamente, per riassumere una conferenza, una riunione o un viaggio. È al tempo stesso un modo per prendere appunti, per proporre un po’ di valore aggiunto, e per rendere un ambito di lavoro dai tratti esoterici più leggibile. Siccome sono pastora, sono abituata ad essere per così dire una cristiana pubblica, a parlare della fede, della Bibbia, della mia relazione con Dio, a pregare in rete. Per principio non ho paura della testimonianza personale, talvolta condivido come sto, anche quando sono vulnerabile perché arrabbiata o ferita. Uso di rado invece twitter per intrattenere relazioni di forza o apologetiche, o per urlare le mie convinzioni. Se c’è bisogno di spiegarsi con qualcuno, evito di farlo in pubblico, ma attraverso messaggi personali. Ammetto che la Brexit mi ha fatto superare i limiti, inoltre mi rendo conto che negli ultimi mesi ritwitto sempre più notizie di account femministi: è forse una modalità un po’ passivo-aggressiva per cercare di contrastare certi tweet religiosi che leggo sul ruolo della donna. Nella maggior parte dei casi cerco di conservare un tono impegnato, ma comunque giusto e aperto in tutto ciò. Devo aggiungere che ho la fortuna di avere un marito che è professionista della comunicazione e che mi avverte quando pensa che io trasgredisca le regole della comunicazione personale o istituzionale!
Ma in tutto ciò dove sta l’autenticità? Questo concetto dell’essere “autentici” è molto alla moda, specialmente in una piccola parte del protestantesimo evangelico. Per quanto riguarda le reti sociali, ho tuttavia l’impressione che ci si ponga la domanda di autenticità nelle relazioni perché si ha ancora difficoltà ad ammettere che il mondo digitale e virtuale è anch’esso veramente il mondo.

 Uno sforzo reale per un mondo virtuale

Vedo i miei amici e le mie conoscenze su Facebook, parlo con i miei colleghi e amici su twitter, ho dei veri incontri pastorali e degli scambi teologici. Inoltre ho l’impressione sulle reti sociali di essere testimone di grande generosità. Si condividono le proprie informazioni con una certa umiltà, c’è la ricerca di un linguaggio per potersi dire in maniera sostanziale e vera, e talvolta persino ironica. Si scopre se stessi attraverso ciò che si condivide, e si scoprono gli altri nella loro bellezza e fallibilità, la loro erudizione e, talvolta, anche la loro stupidità e collera, il loro pregiudizio, le loro crisi d’angoscia. I social network sono anche, evidentemente, autentici luoghi di tentazione di credere che urlare la propria convinzione cambierà il mondo, di sentirsi meglio insultando altri pubblicamente, di restare nel proprio cantuccio dando ascolto soltanto a degli account con i quali si è d’accordo, o di vedere tutto attraverso lenti rosa togliendosi dalla vista la vera sofferenza e condividendo solo foto simpatiche di gattini!
Per me le reti sociali sono un autentico strumento di informazione e di comunicazione, ma sono anche uno strumento comunitario e relazionale senza pari. Ciò permette di sviluppare la propria voce e di conservare o addirittura approfondire delle relazioni in maniera semplice e, oserei dire, incarnata.
Ma il digitale è anche spazio di lettura biblica, di preghiera, di canti liturgici e spirituali. Le reti sociali sono un luogo di relazione autentica con Dio, con gli altri e con il Tutto Altro. Prego a volte a voce alta su twitter, rilancio delle preghiere, partecipo a un gruppo di preghiera tedesco reale, ma virtuale attraverso @twomplet. Queste possibilità fanno parte della generosità di questo mezzo di comunicazione. Affinché la generosità vinca sull’odio è necessario arrischiarsi con una parola incarnata nel mondo virtuale. L'autenticità virtuale esige questo sforzo reale.

 Twitter della Federazione Protestante di Francia:

@FPFoecumenisme