Perfino il grande Mozart ha scritto un famoso pezzo polifonico per celebrare la “Venerabilis barba Capuccinorum”: viene qui sintetizzata la lunghissima storia di questo “onor del mento”, una volta segno di grande austerità. Il Movimento francescano (Mo.Fra) regionale si sta riorganizzando: ha scritto una lettera ai superiori/e provinciali e propone un appuntamento a Camposampiero il 4 novembre.

Nazzareno Zanni 

Onore del mento

La barba rivela l’identità del cappuccino, ma ne svela l’età

La storia è lunga come una barba

In molte culture sia antiche che moderne, la barba ha rappresentato un elemento di espressione esteriore della virilità.

In quanto prerogativa dell’uomo maschio adulto, presso gli antichi era simbolo del potere, perché erano gli uomini a detenerlo, mentre le donne, avendo il volto glabro, erano assimilate ai bambini e di conseguenza non potevano assurgere a posti di comando. Anche quando in alcune civiltà antiche il radersi era considerato un obbligo religioso e una norma igienica, tuttavia la barba non perse il suo connotato simbolico di comando. In Egitto ad esempio, i faraoni, pur radendosi, portavano delle barbe finte, e in tal caso anche le donne, se avevano un alto ruolo sociale, potevano permettersi di essere raffigurate con la barba.
Nella Grecia antica la barba rivestiva il significato di forza, di coraggio, e di virilità, tanto che i codardi in guerra erano obbligati a portare la barba da una parte sola del viso, quale segno di vigliaccheria. Nella Roma imperiale invece era invalso l’uso di radersi e solo i filosofi potevano permettersi di portarla come espressione di sapienza e dei valori del pensiero raziocinante. Presso gli ebrei il radersi la barba era considerato un atto sacrilego, tanto che tagliare la barba altrui equivaleva a un’aggressione vera e propria, e un’umiliazione per chi ne fosse vittima.
L’arte paleocristiana rappresenta Gesù sempre con la barba, e ancor oggi non si può immaginare una sua raffigurazione se non con la barba, peraltro modesta e ben curata. Nel mondo dell’Islam chi voleva essere un buon credente nel profeta Maometto, che secondo la tradizione portava la barba, se la lasciava crescere curandola però adeguatamente. Nella Chiesa orientale la barba divenne una caratteristica dei Patriarchi e ancor oggi è così, mentre nella Chiesa occidentale ormai da secoli i papi non esibiscono tale ornamento.
Nella seconda metà del secolo scorso l’uso della barba divenne il simbolo di ribellione ai valori borghesi e alle consuetudini, ma, con lo smorzarsi delle instabilità sociali, la moda passò e le barbe furono prese d’assalto da forbici e da rasoi. Oggi, nel terzo millennio, si è risvegliato il piacere di poter esibire una barba ben curata, anche se, quando comincia ad imbiancarsi, sono pochi quelli che intendono mantenerla, in quanto nessuno ci tiene più di tanto nel vedersi valutare i propri anni dal colore della barba.

 I cappuccini spuntano con la barba

Tra i cappuccini la barba è stata fin dall’inizio una tipica caratteristica, unica tra i grandi ordini religiosi. Una regola addirittura. Essi nacquero per essere testimoni di una vita semplice e povera, immersa nella solitudine e nella penitenza. Avendo inizialmente trovato rifugio presso i monaci Camaldolesi, da loro mutuarono la prassi di cucire al povero saio francescano un cappuccio simile al loro e l’uso di portare la barba. Una volta ottenuta l’approvazione da parte di papa Clemente VII, con la mediazione della duchessa di Camerino, Caterina Cybo sua nipote, si impegnarono come nessun altro nella predicazione popolare, dandosi alla preghiera e a una vita fatta di digiuni e di penitenze corporali.
La loro predicazione era innovativa, e si contraddistingueva per uno stile semplice e impregnato di quotidianità, senza la preoccupazione che davanti ai predicatori vi fossero sempre le grandi folle delle cattedrali: a loro bastava anche lo sparuto gruppo di persone delle povere chiese disperse nelle campagne o sulle montagne. E così non erano invisi a nessun ceto sociale, ricchi e poveri, nobili e gente del popolo, anche se il tono della loro voce era severo, e la loro presenza così rude e austera non mancava di fustigare i vizi, prefigurando pene severe a chi non osservava il vangelo. Soprattutto nelle zone di campagna erano popolari in quanto i fratelli laici questuanti, oltre al cappuccio a punta, si distinguevano da tutti gli altri frati per la barba fluente e selvaggia e per essere vicini ai poveri e agli ammalati.
Nelle Costituzioni la barba divenne uno dei capisaldi dell’identità cappuccina: «et portino la barba a exemplo di Christo sanctissimo et di tutti i nostri antiqui santi, imperoché è cosa virile et naturale, rigida, dispecta et austera» (Costituzioni del 1536). Queste disposizioni sono rimaste pressoché immutate fino alla vigilia dei nostri giorni, a parte una precisazione: che non venga curata alla stregua dei secolari.

 La barba alla barba dell’uniformità

Ai nostri giorni però, con l’abbandono della tradizionale uniformità per acquisire il concetto di pluriformità, così è prescritto nelle Costituzioni (2013): «Circa la consuetudine di portare la barba, si applichi il criterio della pluriformità». Ma ancor prima che le Costituzioni legiferassero a tal riguardo, la pluriformità si era già pian piano imposta, anche dove la tradizione di portare la barba era più radicata. Il maldestro tentativo di fermare la storia o di erigere dei muri contro deviazioni dalle norme alla lunga si dimostra sempre fallimentare, perché il fiume della storia non può essere arrestato, neanche se lo si volesse con tutte le forze: prima o poi qualsiasi progetto di contenerla si dimostra inutile e gli sbarramenti messi in atto vengono scavalcati.
Così nel mondo attuale già da vario tempo molti frati si erano ribellati più o meno apertamente a questa norma così rigida e tipicamente cappuccina. Alcuni si erano sbarazzati completamente delle appendici filamentose del volto con la giustificazione che quattro peli non erano sufficienti per definirsi barba, mentre altri si rifiutavano di lasciar crescere la barba spontaneamente al pari di tante erbacce sul ciglio di una strada, adducendo la scusante che il cappuccino non era un selvaggio, e che doveva mostrare un viso più gradevole alla gente e… soprattutto a se stesso. D’altronde anche le unghie che crescono in maniera naturale si tagliano e si curano, e allora perché non fare così anche con la barba?
Cara barba capuccinorum, nel passato chi ti vedeva sapeva riconoscere un frate in chi la portava. Ma oggi anche tra noi cappuccini sei divenuta più rara e meno appariscente, perché l’Ordine è sparso in tutto il mondo, e deve adattarsi a immergersi nelle culture e nelle tradizioni locali. Forse sotto sotto tu ci crei un disagio interiore, soprattutto quando cominci a purificarci dagli anni della giovinezza e ci vuoi ricordare che tutto è vanità, anche la barba nera. Però, anche se ti sforbiciamo e ti accarezziamo con la lama del rasoio, tu continui a ricrescere imperterrita, nera o bianca che tu sia, per essere l’onor del mento, imperoché sei cosa virile et naturale…