Le iniziative promosse dal GREM (Gruppo Regionale Educazione alla Mondialità) meritano di essere divulgate, sia per i contenuti sia per l’ottica di pastorale integrata che le sostiene. Sono attività della Caritas, che si fa carico, in termini educativi, di tutti gli abitanti del territorio, creando collegamenti tra le diverse istituzioni e i vari servizi.

Barbara Bonfiglioli

 Il dialogo della vita

Esperienze di vita per costruire una relazione interreligiosa concreta

 di Francesco Millione
della Caritas di Piacenza, referente regionale del GREM per l’Emilia-Romagna

 Riconoscersi come amici e vicini

Una Chiesa capace di promuovere comunità aperte e partecipate da tutte le sue componenti, persone, gruppi, italiani, stranieri, cattolici e appartenenti ad altri credi. Con questo obiettivo, dal 2016 ed in un’ottica di pastorale integrata, la Delegazione Regionale Caritas Emilia-Romagna, i Centri Missionari Diocesani regionali e la Fondazione “Migrantes” stanno provando a far convergere le proprie riflessioni su alcuni temi comuni.


Nel settembre del 2016, con il seminario “Cristiani e Musulmani: quale dialogo?”, si è toccato il tema della necessità di costruire localmente forme concrete e quotidiane di dialogo con chi non condivide la nostra stessa religione, in particolare con i credenti musulmani.
Il professor Brunetto Salvarani ha offerto un quadro analitico del dialogo tra le religioni in Italia: “un cantiere effervescente” in cui manca ancora un modello sia a livello ecclesiale che a livello interculturale. Ha osservato come la multireligiosità in Italia è ancora percepita come un problema, da cui la necessità di costruire relazioni, prediligendo il livello sociale, piuttosto che quello teologico. L’efficacia del narrarsi su temi del quotidiano (il lavoro, la scuola, i figli), riconoscendosi come persone, come vicini, come amici e non come diversi e distanti. Ha stimolato a cogliere occasioni particolari, come la Giornata per il dialogo cristiano-islamico (il 27 ottobre), utili poi per attivare piccole azioni condivise, come quella al carcere della Dozza dove detenuti cristiani e musulmani leggono insieme Bibbia e Corano. Rimane centrale la questione della formazione: sarebbero necessari laboratori continui di formazione permanente in ogni diocesi.
Mons. Andrea Pacini, dell’arcidiocesi di Torino, ha sottolineato che, per vincere pregiudizio e incomprensioni, siamo chiamati a farci compagni di strada di coloro che hanno paura della diversità. La situazione migratoria è complessa, da qui l’urgenza di conoscere il più possibile il proprio interlocutore. Tra i possibili tipi di dialogo, la Chiesa ha privilegiato il dialogo della vita, elaborando percorsi comuni e cooperazione nella carità. A livello ecclesiale manca un progetto di relazione con l’Islam, che occorre promuovere su diversi ambiti: partendo dalle scuole paritarie, l’ora di religione, la presenza delle moschee; per finire con azioni che abbiano come destinatarie le donne musulmane.

 Analisi e idee

Il sociologo iracheno Adel Jabbar è partito dalla situazione globale in cui si inserisce il tema del dialogo: un mondo squilibrato, dove pullulano discriminazioni, dove è in atto una “terza guerra mondiale a pezzi”. Il terrorismo va contestualizzato e non interpretato superficialmente come un conflitto tra due entità (religiose, culturali o geografiche): occorre cercare le cause storiche che lo hanno prodotto. Inoltre, i musulmani devono avviare un dialogo interno che porti a confutare con determinazione certe posizioni violente. Occorre in sinergia lottare contro la cultura della paura, che produce ignoranza e accuse superficiali. Occorre essere uomini con dubbi, aperti alla ricerca della verità.
Sono emerse nel pomeriggio diverse esperienze di dialogo nel nostro territorio: Berardino Cocchianella e Abdessamad Bannaq hanno raccontato l’esperienza del film documentario sul carcere DUSTUR/Costituzione di Marco Santarelli; la professoressa Beatrice Draghetti ha presentato l’esperienza dei viaggi a Gerusalemme per giovani cristiani, ebrei e musulmani promossi dall’associazione “Abramo e pace”; don Francesco Scimè, delle Famiglie della Visitazione, ha portato le sue riflessioni sugli operatori della salute a contatto con fedeli di altre religioni.
Quest’anno, il 16 maggio, si è organizzato un convegno sul ruolo pastorale che i sacerdoti fidei donum e quelli non italiani svolgono nel creare comunità più accoglienti, sfida attuale come ha ricordato mons. Lino Pizzi, vescovo di Forlì, in apertura.

Mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena, ha evidenziato quattro livelli diversi e concentrici di “comunità”: quella ministeriale, quella eucaristica, quella dei battezzati e quella parrocchiale. Ha sottolineato che l’orizzonte di appartenenza ad una comunità è ampio, dinamico e comporta la condivisione di un cammino. Di conseguenza non può che essere “accogliente”.  In tale ambito, i sacerdoti fidei donum sono una ricchezza, in quanto sono uno stimolo missionario per tutta la diocesi, che si vede costretta a ri-vedersi come soggetto missionario: le diocesi sono spinte a cambiare prospettiva, a costruirsi a partire dall’annuncio ed a “mantenere i piedi per terra”, richiamate al contatto con gli ultimi, i poveri e con la religiosità popolare.

 Per una Chiesa dinamica

Le diocesi, grazie allo scambio “ossigenante” con le Chiese sorelle, sono, quindi, stimolate ad una coraggiosa conversione missionaria, che possa dare vita ad una Chiesa dinamica: ogni persona è chiamata a partire dalla conversione del cuore, richiesta da Gesù, fondamento per ogni cambiamento dentro e fuori di sé. Solo così può poi divenire compagna di strada con l’altro, là dove l’altro si trova: un accompagnamento caratterizzato da un attento discernimento, nella carità e nella verità. Alla fine si può arrivare alla “conversione delle strutture”, intendendo per strutture non solo quelle “di muratura”, ma anche abitudini, prassi ed organismi, che si deve poter pensare di cambiare, con coraggio e consapevolezza.
Si è poi dato spazio all’ascolto delle esperienze nella nostra regione come buone prassi, che possono dare ispirazione ed incoraggiare: il tema del rapporto tra il ruolo del parroco e la comunità parrocchiale nelle unità pastorali, alla luce dell’esperienza di don Paolo Cugini, vissuto 15 anni in Brasile; il tema della conoscenza reciproca e della collaborazione, vissuta tra don Luciano Luppi e p. Trandafir Vid della Chiesa Ortodossa a Casteldebole di Bologna ed infine l’esperienza “variopinta” di una parrocchia multiculturale, presentata da don Graziano Gavioli a Modena.

 Per seguire l’attività della Caritas regionale si può accedere al sito http://www.caritas-er.it/
È possibile trovare relazione più ampia e visionare gli interventi dei singoli relatori del seminario di settembre 2016  all’indirizzo: www.caritas-er.it/2016/10/10/cristiani-e-musulmani-quale-dialogo-2/, e quelli di maggio 2017 all’indirizzo: /www.caritas-er.it/2017/02/22/costruire-comunita-accoglienti/