Il più vile sulla terra

Masseo domanda a Francesco: «Perché a te tutto il mondo viene dietro?»

 di Chiara Francesca Lacchini
badessa delle Suore Clarisse Cappuccine di Fiera di Primiero

 
 Dentro la luce della fede

Molte volte nella vita sperimentiamo che vi sono domande che esigono risposte immediate, domande che sollecitano riflessioni a lungo termine, domande che rimangono aperte e che chiedono la pazienza di una vita per poter essere comprese ma, magari, non esaudite. Quando Masseo rivolge a Francesco la sua domanda – secondo quanto riportato dai Fioretti (X: FF 1838) – sembra manifestare la curiosità di comprendere il fascino suscitato da quest’uomo tra i suoi contemporanei, lui, il cui aspetto non avrebbe dovuto sollecitare grandi emozioni se guardato con gli occhi della carne.

«Vuoi sapere perché a me tutto il mondo mi venga dietro? – risponde Francesco -. Perché gli occhi santissimi di Dio, che in ogni luogo contemplano i buoni e i rei, non hanno veduto tra i peccatori nessuno più vile, più insufficiente, più grande peccatore di me; e per fare quell’opera meravigliosa che intende fare, non ha trovato creatura più vile sulla terra, e perciò ha eletto me per confondere la nobiltà, la grandezza, la fortezza, la bellezza e la sapienza del mondo, perché si riconosca che ogni bene viene da lui». Francesco sembra richiamare l’attenzione di Masseo – e di ognuno di noi oggi – sulla Parola che san Paolo scrive in varie circostanze: «La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti. Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?» (1Cor 1,18-20); e ancora «[…] Queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore» (Fil 3,7-11).
Perché queste scelte incomprensibili di Dio? Perché risalti in modo inequivocabile l’opera divina e non l’affaccendarsi umano. Francesco non sta rispondendo a Masseo con la logica della sua domanda, ma cerca di portare questo fratello, e con lui ogni lettore, su un altro piano di riflessione, in un’altra logica di ragionamento, dentro la luce della fede.

 Talvolta

Perché avviene che qualcuno riesca a veicolare il messaggio divino, a manifestare il sogno di Dio sull’umanità in maniera convincente e con strumenti così inadeguati? Perché avviene che talvolta l’opera della salvezza continui a dispiegarsi nella storia del mondo e illumini scenari bui della vicenda umana attraverso strumenti di poco conto e apparentemente insignificanti?
Con la risposta che Francesco dà a Masseo siamo ragionevolmente autorizzati a pensare che il Dio in cui crediamo è un folle che non risponde alle linee del buonsenso. Francesco è riuscito ad entrare bene in questa follia ma non a poco prezzo! È un uomo che si è spogliato non solo fisicamente ma realmente nella sua vita, lasciando da parte progetti, desideri personali, modi per vivere le sue intuizioni per conoscere Gesù Cristo e per poterne seguire le orme.
Tutta la sua vita, dalla conversione in poi, è un cammino di conoscenza del Figlio di Dio, che lo porta a contemplare il volto del padre Altissimo attraverso il fuoco dello Spirito Santo. E, nella lettera a tutto l’Ordine, prova a suggerire, attraverso una preghiera – il cammino necessario per lasciarsi toccare da questa esperienza: «[…] interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l'aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo».
Ciò che a noi perviene è il fascino di Francesco; ciò che è da cercare e comprendere è il faticoso percorso di purificazione, di ascesi, di lavorio incessante fatto da quest’uomo perché l’opera dello Spirito si rendesse visibile attraverso il limite della sua persona e della sua esperienza. Ciò che a noi gusta assaporare è la bellezza di Francesco, questo suo modo apparentemente “anarchico”, così poetico e anche naïf, da catturare tutta la nostra ammirazione. Ciò che ci rimane più oscuro e su cui varrebbe la pena esercitarci in una lettura intelligente è il “frammezzo” che ha come esito questa bellezza, un “frammezzo” che passa attraverso la croce e la sofferenza, a volte attraverso i dubbi e i combattimenti della fede e che richiede la forza dell’amore di Dio, ma anche l’accoglienza amorosa dei fratelli. In fondo Francesco aveva cercato di accompagnare i fratelli in questo “frammezzo”, raccontando – sempre a modo suo – la strada per arrivare alla vera felicità.

 Fratello di fronte alla porta chiusa

Un giorno aveva raccontato la storia della vera letizia, dicendo che non era da ricercare nella possibilità che tutto il mondo accademico più prestigioso del tempo avesse compreso la forza del suo messaggio, come anche che tutto il mondo ecclesiale che contava fosse entrato nella fraternità dell’Ordine, o che il potere evangelico dei miracoli si fosse manifestato in una maniera così strabiliante da convertire tutti! No. La felicità poteva essere vera e duratura se, di fronte alla porta chiusa della fraternità, che stentava a riconoscere la sapienza evangelica e la luce dello Spirito in quell’uomo di poco conto che sembrava essere frate Francesco, lui, il fondatore, fosse rimasto fratello di fronte a chi faticava a riconoscerlo come tale e a quanti ritenevano che la sapienza divina avesse preso un grosso abbaglio nel rendersi luminosa attraverso la vita di un uomo ormai debole, cieco, dall’incedere incerto e dalla parola rara.
Questo racconto autobiografico potrebbe smentire la domanda di Masseo: quale mondo avrebbe potuto andargli dietro se anche parte della sua fraternità stava mettendo in dubbio la scelta divina di consegnare alla storia una parola profetica attraverso la vita di quest’uomo?
Un certo modo comune di pensare la fede crede che Dio sia la risposta ad ogni nostra domanda. Gran parte delle pagine delle Scritture e la vita di alcuni uomini di Dio smentiscono questa “credenza” e ci consegnano la consolante certezza che Dio è domanda e pro-vocazione. Se così non fosse, le nostre belle risposte fatte di consolanti sicurezze e farcite di buoni luoghi comuni, metterebbero fine alla nostra ricerca e la bella battaglia della fede potrebbe trovare una tregua mortifera. Vivano, dunque, le domande che ci abitano e che non ci lasciano tranquilli!