Impariamo a far bene il bene
di Dino Dozzi
Direttore di MC
Accostare management e pastorale può risultare strano; fare un convegno sul futuro della Chiesa può far pensare ad una rottamazione dello Spirito Santo. Eppure alla Pontificia Università Lateranense, l’università del papa, dal 23 al 25 marzo 2017 si è svolto il “Festival internazionale della creatività nel management pastorale”, sul tema “Quale Chiesa tra vent’anni?”, al quale sono stati invitati anche Gilberto Borghi, che cura la rubrica di MC “Provare per credere” e il sottoscritto; vi ha partecipato anche Giorgio Gatta che cura la nostra rubrica “Percorsi di sostenibilità”. Si vede che MC vien visto da qualcuno come anticipatore di futuro, il che non ci dispiace. Ma veniamo ai contenuti.
“Fare bene il bene” richiede anche professionalità e capacità organizzativa in tempi in cui tutto invecchia rapidamente, dice il direttore del Festival Giulio Carpi. L’invito a guardare avanti, al futuro della Chiesa, con coraggio e creatività viene da papa Francesco nella sua esortazione apostolica programmatica Evangelii gaudium. Per far questo è però necessario uscire dalla comfort zone, ha ricordato mons. Enrico dal Covolo, magnifico rettore dell’Università Lateranense. Think global, act local: è quanto hanno sottolineato anche padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica” e mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto per la Segreteria della comunicazione nel Vaticano. Mons. Franco Giulio Brambilla, vicepresidente della CEI, ha ricordato che non si può parlare del presente senza buttare un occhio al futuro, non si può parlare di Dio senza parlare dell’uomo, non si può parlare di fede senza parlare di lavoro.
Tra sogni e provocazioni, le suggestioni sono state tante. Quale Chiesa tra vent’anni? Meno cattolica e più cristiana, cioè casa di tutti i cristiani, accogliendo e valorizzando le ricchezze di ognuno; meno dogmatica e più evangelica, capace di riproporre la bella notizia dell’amore di Dio per tutti; meno clericale e più francescana, sulla linea di san Francesco e di papa Francesco.
E quale parrocchia tra vent’anni? Più piccola (mille persone?), a misura di conoscenza vicendevole, con un animatore non necessariamente sacerdote (potrà essere anche una religiosa o un catechista): i territori di missione con le loro “cappelle” hanno da insegnarci. Meno messe ma più partecipate, meno comunioni ma più comunione e senso di appartenenza alla propria comunità. La parrocchia, o comunque si chiamerà, dovrà diventare luogo di accoglienza, di incontro e di confronto per tutti, nel segno e nello stile della solidarietà; luogo di aggregazione e punto di riferimento per ragazzi, giovani e adulti.
La Bibbia dovrà ritornare al centro della comunità e delle famiglie, restituita a tutto il popolo di Dio, riscoperta come il libro che non parla solo di Dio, ma soprattutto di noi, degli uomini che Dio ama. La sinodalità, il camminare insieme, esigerà maggiore spazio di responsabilità per i laici e in particolare per le donne. La solidarietà con i poveri sarà la caratteristica della Chiesa e della parrocchia del futuro. L’inculturazione, cioè l’inserimento concreto del vangelo nei diversi contesti geografici e culturali, genererà la pluriformità delle Chiese, come all’inizio del cristianesimo: e questa sarà ricchezza da incoraggiare e non da temere. Chiese - l’ha ricordato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio - davvero vicine ai poveri ad ogni latitudine, abbandonando il modello ereditato dall’impero romano e dal Concilio di Trento, che esigeva rigido controllo centralizzato.
In un’epoca in cui le istituzioni faticano, occorre insistere sulle periferie, svolgendo un ruolo di supplenza. In un tempo presente in cui il bene comune è il grande sconosciuto, è urgente sognare, progettare e cominciare a costruire una cultura dell’attenzione agli altri, della cura della casa comune, del bene di tutti. La Chiesa del futuro deve ricostruire la civiltà del vivere insieme, deve insegnare l’arte del mosaico, che significa riconoscere la preziosità di ogni singola tessera.
Anche il nostro Festival Francescano di Bologna 2017 a fine settembre parlerà di futuro: bella e costruttiva coincidenza. A Roma il futuro della Chiesa nel segno del management (ma non solo, come detto); a Bologna il futuro nel segno della semplicità. MC vi informa su entrambi, perché il futuro siamo tutti noi e lo stiamo già costruendo insieme.