Presentiamo questa interessante iniziativa che è riuscita a coniugare recitazione e dialogo interreligioso, bellezza e riflessione, cuore e testa. Si è svolta al Piccolo Teatro in Piazza di Sant’Ilario d’Enza (RE) grazie ad un’idea del direttore artistico Daniele Castellari, a cui abbiamo chiesto di spiegarci cuore ed anima del progetto.

Barbara Bonfiglioli

 La bellezza del credere

Piccolo dialogo sulla estetica spirituale del vivere

di Daniele Castellari
della Comunità di Sant’Ilario d’Enza

 
Segni da recuperare nella storia

Può essere interessante nel nostro tempo dichiarare a puro scopo di conversazione, senza la necessità di trovare accordi o al contrario di stabilire supremazie, la bellezza di vivere accompagnati da una fede o da una cultura che offre piacere e consolazione? Le grandi religioni monoteiste sono state nella storia, e lo sono ancora nella nostra attualità, al centro di un dibattito che vede la cronaca più tragica far affiorare il sospetto che esse facciano scaturire la violenza più che la pace.


Può essere utile ascoltare e interrogare la voce di alcuni testimoni di ebraismo, cristianesimo e islamismo sulla bellezza del credere? Anziché rimuovere le incomprensioni o trovare punti di contatto, che pure restano impegni positivi e decisivi per il futuro della pace, possiamo per una volta sottolineare la bellezza della dimensione spirituale di ebraismo, islam e cristianesimo?
L’evento Teatro e spiritualità-La bellezza nelle religioni, che si è svolto al Piccolo Teatro in Piazza di Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia) nel mese di marzo, ha provato a rispondere a tali quesiti partendo dall’esperienza teatrale quale premessa alla conversazione. In tre incontri, ideati da Teatro L’Attesa e coordinati dal teologo prof. Brunetto Salvarani, sono stati ospitati rispettivamente Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e docente di Scienza politica e Giornalismo politico alla Sapienza e consulente del Ministero dell’Interno per i rapporti con l’islam; Shahrzad Houshmand, teologa e docente di Studi islamici a Roma alla Pontificia Università Gregoriana; Stefano Levi Della Torre, pittore, architetto e saggista, docente al Politecnico di Milano.

 
 
 
Creare un’emozione estetica

Per la forte sottolineatura dell’aspetto spirituale dell’esperienza religiosa e per suggerire la tensione fra aspetti diversi dell’esperienza del credere (contemplazione, cognizione, azione), nella struttura dei tre incontri è stato previsto un momento iniziale di teatro sulle tematiche affrontate. Si è scelto, in questo modo, di creare un’attesa ed un’emozione puntando sull’elemento estetico, che è stato proposto anche ai relatori quale chiave di accesso alla spiritualità. I tre corti teatrali hanno favorito un ascolto commosso e partecipe che i relatori hanno percepito, sia nelle grandi domande sulla grandezza e la piccolezza di Dio ispirate dalla narrazione scenica della sura 27 del Corano sull’episodio di “Salomone e la formica”, sia negli aspetti più toccanti e poetici (come nella doppia versione di un Francesco d’Assisi bambino e adulto ispirata da Bobin), sia nella dimensione umoristica yiddish del racconto di Bonce il silenzioso di Isaac Leib Peretz.
Le conversazioni, guidate da Brunetto Salvarani, hanno dapprima messo in luce la testimonianza autobiografica e il cammino spirituale e culturale dei singoli ospiti per indagare poi, nella seconda parte del dialogo, il tema della bellezza nelle rispettive tradizioni. Shahrzad Houshmand ha incantato la platea facendo risuonare la melodia del Corano e mettendone in luce il richiamo insistente e continuo alla misericordia e alla compassione che Allah rivolge all’uomo e che chiede che l’uomo pratichi nelle sue relazioni con gli altri esseri viventi; ha inoltre ricordato come proprio l’insegnamento dell’amore e la contemplazione della bellezza siano il punto d’incontro di cristianesimo e islam in una sorta di cristologia coranica. Paolo Naso ha parlato della specificità della spiritualità cristiano-valdese e della bellezza di due caratteri distintivi dell’esperienza cristiana: la libertà dal potere e la semplicità intesa come povertà ma soprattutto come trasparenza di cuore.
Per il particolare momento di delicata mediazione culturale che è stato chiamato a interpretare nell’attualità politica italiana, ha ritenuto opportuno condividere alcuni progetti che gli stanno a cuore e che ha condotto come comunità valdese: un esempio su tutti, il cosiddetto “corridoio umanitario” per i migranti, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, che ha finora garantito salvezza e dignitoso inserimento nelle nostre comunità di 1000 rifugiati. Per coniugare il discorso dell’agape fraterna nella realtà attuale delle chiese cristiane ha poi illustrato i grandi passi in avanti del dialogo fra cattolici e luterani, a cominciare dalla visita di papa Francesco alla chiesa valdese.

 Bisogno di bellezza

L’ultimo ospite, Stefano Levi Della Torre, citando Mishnah e tradizioni talmudiche, ha messo in luce alcuni passaggi della Bibbia sulla bellezza, in particolar modo le letture differenti del Cantico dei cantici e segnatamente del versetto 1,5: «Nera son io eppure bella». Molto interessanti i suoi spunti sulla forza antiidolatrica del messaggio del monoteismo ebraico e sulla interpretazione di alcune peculiarità della cultura e della tradizione ebraica che sarebbero riconducibili a strategie di sopravvivenza di un popolo costretto da sempre a fare i conti con la propria vocazione e, soprattutto, con la propria realtà minoritaria.
I tre incontri sono stati occasione per riflettere su quanto la pazienza dell’ascolto abbia bisogno di bellezza per trovare il suo passo e la sua forza. Che cosa ci impegna ad ascoltare e incontrare gli altri se non la speranza di una bellezza del loro dire, del loro pensare, del loro immaginare? Può sembrare paradossale eppure la scoperta o la riscoperta della propria fede cristiana passa più dall’incontro fraterno con persone di altre fedi che dall’apologia e dalla difesa di una propria primogenitura.