LA RELIGIONE DIETRO LE SBARRE

Una volta violato il limite della legalità, i limiti invalicabili dei muri e delle porte blindate dall’esterno ci inchiodano alle conseguenze dell’errore che abbiamo commesso. Le nostre giornate rimangono intrappolate nel rifugio consolatorio ma limitante della fantasia e del sogno (almeno quelli nessuno ce li può togliere…). Noi però non vorremmo arrenderci a dire senza più speranza: “tutto il resto è noia” perché i limiti, come le scarpe, servono per andare liberamente lontano!

a cura della Redazione di “Ne vale la pena” di Bologna

Trovare la scarpa giusta

Il limite è necessario, ma va commisurato all’esistenza di ciascuno

 

Il limite è come le scarpe. Se è troppo angusto procura dolore. Se è troppo ampio è compromessa la sicurezza del passo e la postura ne soffre. Però il limite ci vuole, come sono utili le scarpe. È vero, appesantiscono il piede e in qualche modo lo chiudono, lo comprimono. Però vuoi mettere la libertà di cammino che ti consentono! È questione di misura. Inutile prendersela con le scarpe se il piede ti fa male. Prenditela con te stesso, perché non hai cercato la misura giusta, oppure sei stato frettoloso e non le hai provate con la dovuta cura.


Il limite, come le scarpe, ha una parte bassa, fatta di suola più dura, che però ci permette di “stare coi piedi per terra”, aderenti alla realtà. Facendo forza sulla suola, aderendo alla realtà avanziamo nel cammino. Il limite - fisico, psicologico, esistenziale - va giocato. Non ci si mettono le scarpe per stare fermi. Ce le leviamo per andare a dormire … e sognare. Ma, al risveglio, le scarpe ci aspettano ai piedi del letto per cominciare la giornata nel mondo della realtà.
Il limite, come le scarpe, ha una parte alta. I lacci ci permettono di sollevare la scarpa insieme al piede, alzarla da terra per andare avanti. Bisogna sollevare il piede per avanzare nel cammino. A meno che non si voglia vivere strisciando. Abbiamo bisogno anche di ideali, di qualcosa di più alto del rasoterra. Non troppo, se no il passo più lungo della gamba ci fa cadere. Se i lacci - gli ideali - sono troppo stretti si cammina ma si sente male ad ogni piè, così nella Crusca sospinto. Se sono troppo blandi rischiamo di perdere la scarpa o di inciampare su noi stessi.
Si potrebbe poi dire che, come nella scarpa, c’è un limite esterno, che teniamo pulito e lucidato, e un limite interno, che gli altri non vedono ma è la parte più delicata e importante per il piede. Basta un sassolino che nessuno vede… Si potrebbe, dicevo, ma ci rinuncio perché ho raggiunto il limite della lunghezza consentita per questo intervento. E anche il tempo a mia disposizione.

Marcello Matté

 

Tutto il resto è noia

Mi sveglio come al solito verso le sette. Sento che oggi sarà una bella giornata. Apro la finestra, un po’ d’aria mattutina fa sempre bene e già il primo sole scalda la pelle. È da tempo che non vedo un cielo così terso, di un azzurro intenso. Vedo le scie lasciate da due aerei che si incrociano lassù in alto, chissà dove andranno. Faccio una bella doccia ristoratrice e la colazione, la solita. Caffè, latte, fette biscottate con burro e marmellata. È oramai ora di andare al lavoro, in biblioteca. Chiudo la porta, che è ovviamente blindata, con quello che c’è in giro di questi tempi, e scendo le scale.
Questa mattina c’è un discreto movimento: si vede che la bella giornata invoglia ad uscire. Come ho detto, io lavoro in una biblioteca. Non grande ma ordinata e pulita, con tutti gli scaffali pieni di libri di ogni genere. Non è molto frequentata, però è un bell’ambiente dove si può lavorare tranquilli. Gli orari sono gli stessi di qualsiasi altro ufficio, dalle nove a mezzogiorno e mezza e dall’una e mezza alle cinque e mezza. Con tanto di pausa pranzo.
Oggi però ho voglia di prendere un po’ d’aria e approfitto di un piccolo giardino che c’è vicino alla biblioteca, facendo due passi per i fatti miei. Guardo il campo da calcio dove, in questo momento, numerosi ragazzi stanno prendendo a calci un pallone. Mi avvicino. Capisco che sono di varie etnie. Oltre agli italiani, riconosco rumeni, albanesi, marocchini e tunisini, e penso come nella nostra società multiculturale lo sport avvicina le persone e aiuta l’integrazione e lo stare insieme. La pausa è ormai terminata, e devo tornare al lavoro. Quando arrivano le cinque e mezza mi avvio verso casa e mi preparo una cena frugale, guardando la tv.
Alle otto sento che la porta viene chiusa dall’esterno, e scruto un viso che guarda all’interno. Ah! È l’appuntato, o l’assistente, o il secondino, come lo chiami lo chiami. Già… perché mi sono dimenticato di dire che sono un detenuto e che la mia casa è una cella. Quindi la descrizione della mia giornata come se fosse “normale” è pura fantasia. Ecco quello che possiamo usare, anche qui, senza limiti: la fantasia, il pensiero, il sogno. Tutto il resto qui è limite. Tutto il resto è noia.

Valerio De Fazio

 Fermarsi prima di distruggersi

Mi preme evidenziare il ruolo centrale che i limiti, nelle loro varie sfaccettature, hanno nella nostra vita. Ognuno di noi ha contravvenuto o contravviene costantemente ad alcune regole, che siano morali o giuridiche. Alzi la mano chi non ha mai superato un limite di velocità con l’auto! A questo punto ci si domanda perché, nonostante si sia consapevoli che quel limite non va superato, proviamo il desiderio di trasgredirlo?
Ma oltre al limite con cui tutti si misurano, esistono limiti oggettivi che condizionano l’esistenza di molte persone. Essendo un carcerato cercherò, in poche righe, di descrivere i limiti che ci sono all’interno della casa circondariale e che, inevitabilmente, condizionano la mia libertà e la mia privacy. Innanzitutto sei limitato da un regolamento interno che, se superato, dà luogo ad una sanzione. Anche la sfera dell’affettività viene compromessa e non possiamo viverla in modo normale: possiamo incontrare i nostri familiari solamente un’ora a settimana, senza avere contatti fisici e senza carezze, perché tutto questo è vietato dal regolamento.
Tante volte ho la sensazione di non disporre dei limiti nell’agire, anche negli aspetti più elementari della quotidianità. Tutto è limitato, ma da altri. In teoria, il carcere avrebbe il compito di aiutare il reo a ripristinare quel limite razionale che la società civile richiede.
Ritengo che tutti noi, se lo vogliamo, siamo in grado di recuperare autonomamente i nostri limiti. Quando i limiti imposti vengono fatti propri, allora si possono trovare benefici sul piano pedagogico, ma colui che li subisce soltanto avrà sempre la tentazione di trasgredire. Ma è proprio lì che si forma il limite della persona: fermarsi prima per non danneggiarsi o autodistruggersi, come purtroppo in passato è successo anche a me.
Dirò di più, fuori dal carcere sui cancelli o sui muri vi è il cartello “limite invalicabile”, e questo forse è l’unico che si rispetta.

Daniele Villa Ruscelloni

 Gestisci la tua ribellione

Oggi il tema è il tuo limite, sì, il tuo! Mi spiego: è quando da “buono” diventi “cattivo”… E cioè, oltrepassi il limite legale. Attento a cosa fai, a cosa progetti, a cosa pensi, a cosa dici, a quale “furbata” potresti fare adesso, oggi, più tardi. Attento a non oltrepassare la linea che delimita la libertà, e può portare al castigo del carcere.
Ti auguro il meglio, oggi, domani, sempre. Gestisci la tua “ribellione” interna ed esterna, che quotidianamente ti sussurra e che potrebbe portarti ad oltrepassare il limite.
Io quel limite l’ho superato abbondantemente, e non, ripeto non, ti voglio conoscere qua con me, all’università di quelli che sono andati troppo in là.
Suerte!

Il Betto