I limiti dei numeri tendenti all’infinito

Tra razionali e irrazionali, la storia della matematica pone domande anche fuori di essa

 di Damiano Folli
formatore e insegnante di Matematica, Scienze, Teatro, finalista all’ “Italian Teacher Prize” 

 
Meravigliose costruzioni logiche

La matematica ha già trovato i suoi limiti, anzi li ha già perfino dimostrati. Meglio. Gödel nel 1931 ha dimostrato, con procedimenti matematici e all’interno del mondo matematico, la sua stessa limitatezza. Ma le scoperte non si sono fermate. La storia della matematica è fatta di meravigliose costruzioni logiche regolate da precise forme di ragionamento che continuano ad essere apprese, superate, inglobate in un processo idealmente senza limiti.


La prima forma di trattazione sistematica della matematica fu quella della scuola pitagorica che per prima ipotizzò di poter rappresentare tutta la natura e tutto il pensiero con numeri, numeri interi o rapporti di numeri interi (le frazioni). Ma già agli albori della storia della matematica si trovarono di fronte ad una serie di problemi: alcune grandezze, alcuni “oggetti”, soprattutto geometrici, non erano confrontabili, commensurabili, con numeri interi, i più famosi: la diagonale di un quadrato, la costante pi-greco, le radici che oggi noi chiamiamo “irrazionali” proprio perché non-razionali, cioè non esprimibili da rapporti, da frazioni (es. la √2).
La scoperta dei numeri irrazionali fu il primo scoglio posto davanti alla possibilità di rappresentare la natura, l’arte, la filosofia, in forma esclusivamente numerica (per come il numero era inteso a quel tempo e per come è intuitivamente inteso da quasi tutti noi ancora oggi). Per i greci parlare degli irrazionali era un modo per parlare del concetto di infinito senza nominarlo poiché avevano il terrore dell’infinito. Il limite era un concetto positivo perché teneva al riparo dalla complessità dell’infinito, dal Caos, dalla tragedia. La scoperta dei numeri irrazionali si intreccia con il concetto di infinito e di infinitamente piccolo, troppo per quel tempo.
Alcuni secoli più tardi un altro gigante, Euclide, crea una matematica basata sulla geometria, strutturandola su cinque semplici e intuitivi postulati (cioè verità non dimostrabili). Euclide sfrutta soprattutto il lavoro di Aristotele sui metodi della matematica, su quelle che ancor oggi si studiano a scuola come “dimostrazioni” e sviluppa una struttura geometrico-aritmetica fondamentale nella cultura e nella conoscenza mondiale, basti pensare che il libro Gli Elementi di Euclide risulta quello col maggior numero di edizioni nella storia insieme alla Bibbia. Ma anche la trattazione di Euclide incontra dei limiti. L’enorme evoluzione delle conoscenze soprattutto scientifiche aveva bisogno di strumenti matematici più sofisticati e affidabili. Contemporaneamente la scoperta di tecniche sempre più semplici per risolvere le equazioni permettono l’evoluzione successiva.
Nel Seicento Cartesio e Fermat sviluppano la famosa Geometria cartesiana basata sui Numeri reali (quindi razionali e irrazionali stavolta) e sulla rappresentazione geometrica attraverso equazioni, permettendo un veloce sviluppo di tutta la matematica e di tutte le scienze dei secoli seguenti. La storia successivamente è stata un fiorire di nuove teorie matematiche, dal calcolo differenziale di Leibniz e di Newton, che portò alla definizione del concetto di limite matematico di D’Alembert, ma che era già stata intuita e descritta da Archimede, ai numeri complessi di Gauss a tutti i mondi matematici che si sono poi sviluppati: logica, probabilità, topologia, insiemi e altri. Fino ai teoremi di incompletezza di Gödel e oltre.

Mondi e strutture limitati

Il concetto stesso di limite in matematica, cioè di come, attraverso approssimazioni infinitesime, sempre più piccole, ci si possa avvicinare ad un valore finito è denso di queste relazioni tra il finito di valori numerici e l’infinito di questi passi per arrivarci. «L’analisi ordinaria non tratta che di grandezze finite: questa penetra nell’infinito stesso. (…) Si può dire addirittura che questa analisi si estende al di là dell’infinito, poiché non si limita alle differenze infinitesime, ma scopre i rapporti delle differenze di queste differenze (…) essa non abbraccia solamente l’infinito, ma l’infinito dell’infinito, o un’infinità di infiniti» (De L’Hôpital).
Le conoscenze della matematica si sviluppano sempre all’interno di mondi e strutture limitati in quanto i “limiti” del mondo pitagorico o di quello euclideo o di quelli successivi permettono un approfondimento e un’applicazione efficace dei processi e delle conoscenze all’interno di quel mondo e utili al periodo storico in cui si sono sviluppati. Nello sviluppo di queste conoscenze “interne” ci si trova di fronte a delle discrepanze, a dei paradossi che devono essere esclusi, o considerati come eccezioni per evitare che tutto l’edificio di tale mondo crolli. Ma sono proprio queste “eccezioni” che permettono ai vari geni che via via si presentano nel corso della storia di trovare un modo nuovo, o un mondo nuovo, in cui fare coesistere razionalmente tutte queste conoscenze. Il limite, nella conoscenza, permette di sviluppare concetti e procedimenti “veri” in quel mondo, ma porta anche al superamento del limite per poter includere altro, verso l’infinito, o verso un nuovo finito…

 L’oltre da sempre presente

Ecco, è proprio questo “oltre” che ogni tanto viene raggiunto e che è presente da sempre, biologicamente, nella mente umana che affascina, spaventa, sorprende. Abbiamo una mente finita che è capace di pensare, di immaginare e addirittura di descrivere l’infinito, che si accomoda e lavora all’interno di strutture finite, ma che cerca sempre di oltrepassare questi limiti immaginando l’infinito. Il paradosso forse è una caratteristica biologica della mente umana. Ed è paradossale e allo stesso tempo meraviglioso come secoli di conoscenze e di scoperte vengano così facilmente appresi in pochi anni di educazione scolastica.
Fin dai primi anni di insegnamento mi sono meravigliato di come gli adolescenti siano come delle spugne, assetati di scoperte e di conoscenze che assorbono velocemente. In poche lezioni apprendono concetti e metodi che per secoli sono stati prima impensabili poi complessi. Appoggiano quotidianamente i loro occhi e le loro menti non solo sulle spalle ma dentro le menti dei giganti della storia, diventano quotidianamente questi giganti quando gli occhi si illuminano delle loro scoperte. Questi aspetti della mente umana che apprende e che scopre, per quanto noti (finiti), rimangono sempre un mistero (infinito). Perché sono l’infinito finché non si conosce e diventano un nuovo numero, un nuovo finito quando lo si raggiunge.