Il recinto delle fragili sicurezze

Ogni famiglia ricerca un modello di relazione in Dio

di Anna Pia Viola
francescana secolare, docente di Filosofia all’Università di Palermo

Tra ombre e conflitti

Image 049Famiglia sì, famiglia no, o meglio, famiglia perché? Ciò che fino a cinquant’anni fa si dava per scontato e fisiologico, un dovere morale e sociale, oggi si pone come una libera scelta, una possibilità fra le altre da realizzare con la prontezza di cambiare idea per evitare di esporsi a sofferenze e riaprire ferite. Se la Chiesa oggi si interroga sul valore, sul progetto e la fatica di essere famiglia nella nostra società, mi sembra essenziale chiedere: di cosa stiamo parlando, e a chi? Siamo sicuri che con il termine “famiglia” intendiamo oggi, e tutti, la stessa cosa?

L’immagine di “famiglia unita” come gruppo di persone che condivide le stesse ansie, affronta insieme le difficoltà e le supera seminando gioia e pace, si è rovinosamente infranta rimandando il riflesso di una verità più profonda: era un modello di unità che se è stato un pilastro importante, una realtà realizzata e un sogno legittimo, non è più l’esperienza di oggi né può più contenere le istanze di questi ultimi decenni. Oggi la famiglia è frantumata, lacerata. Per fortuna, o forse per grazia, la “famiglia modello” che conserva dentro le sue mura le difficoltà e le sofferenze, che deve mantenere a tutti i costi l’apparenza di equilibrio per evitare lo scandalo e non essere di peso in un tessuto sociale già fortemente provato, non è più riconosciuta come un valore.

I giovani che vivono la propria affettività di coppia si interrogano sulla famiglia in quanto essi stessi sono il frutto di una realtà che non è stata aiutata adeguatamente ad affrontare le ombre e i conflitti naturali in ogni relazione. Spaventa l’idea di dover scegliere di condividere la propria vita con una persona accettando di vivere nel conflitto, di rimodulare le proprie aspettative e scendere dai propri sogni. È meglio non creare un legame indissolubile se poi si sperimenta la sofferenza di vivere le conseguenze di questo legame! È meglio, poi, separarsi anziché vivere l’inferno dell’incomprensione e della solitudine, dell’inganno e dell’indifferenza.

Abbiamo confuso valore e idealità

Di tutto questo la Chiesa è consapevole, tanto da interrogarsi su quali strumenti offrire cercando vari percorsi sempre più originali per affrontare queste difficoltà. Nonostante tutti questi sforzi, perché ci ritroviamo dinanzi a tanta diffidenza nei confronti della famiglia? Forse perché si confonde il valore con le idealità. Forse si parla di “famiglia” come di un pacchetto già pronto di valori da realizzare, di verità già costituite. Ma se la Chiesa stessa ci insegna che la verità non è un’idea, un pensiero già formato, ma è la relazione che l’uomo ha con le cose, è la capacità di cogliere le cose per quello che sono; allo stesso modo si può affermare che la famiglia è la relazione che l’uomo sperimenta come bene per il mondo. La famiglia si rivela come valore perché ci consente di realizzare l’esigenza propria di ogni uomo di entrare in relazione di fiducia e solidarietà con l’altro.

Il patto, l’alleanza, fra i due coniugi coinvolge la consapevolezza di essere fatti per prendersi cura l’uno dell’altra. Il valore famiglia passa attraverso l’atto di fiducia in se stessi, nell’essere capaci e desiderosi di amare e ricevere amore incondizionatamente. Da qui l’apertura alla nuova vita, la scelta consapevole di accogliere i figli, diventa la possibilità concreta di sperimentare un amore come reale uscita da se stessi. Il figlio ti mette davanti la sua differenza da te, dalla coppia. Fa sperimentare alla coppia il suo essere insieme uniti e differenti in questo “altro” venuto da loro e per loro. Un altro che ti parla in un linguaggio nuovo, che ti interroga e che ti fa smarrire perché non lo riconosci uguale a te.

In tale differenza comincia l’inferno delle dure opposizioni, l’altalena delle concessioni e dei compromessi che fanno riemergere l’antica paura di perdere l’amato, di essere abbandonati e non riconosciuti nel bene che si è dato. In questo stesso conflitto, tuttavia, nasce la famiglia come nuovo e reale modello di santità. Prima di fiondarci su percorsi educativi e strategie pedagogiche generose nel dare consigli a genitori disperati, occorre, infatti, fermarsi a riflettere sul potenziale di grazia di certi conflitti, ed evidenti ferite, che la famiglia mette in luce. Proprio la necessità di accogliere il nuovo che ti destabilizza consacra la famiglia nella sua vocazione di ascoltare la novità per eccellenza: la vita. Ciò che rende la famiglia “paradiso”, è la concreta esperienza di come la novità accolta trasforma anche il senso e il luogo dell’accoglienza.

Pensieri differenti

Image 060Dire oggi “famiglia”, ad esempio, significa dire “casa”, ma in maniera differente. Abbiamo la consapevolezza di abitare un mondo che non puoi chiudere fuori dalla porta. C’è una nuova dimensione dello spazio e del tempo, che coinvolge l’identità stessa della famiglia. La novità portata da Internet dice che è cambiato qualcosa non nei valori, nel bene presente nel cuore dell’uomo, ma nel modo di vivere tale bene. La voglia di essere protagonisti o il bisogno di esprimere le proprie emozioni nell’immediatezza del vissuto, tutto questo ci parla del desiderio profondo e antico di ogni uomo: di essere accolto e di poter vivere per ciò che si è. Tale accoglienza può essere garantita dalla famiglia nella misura in cui essa si riconosce parte di questo modo di esprimere la vita. La Chiesa, che si prepara ad un convegno mondiale sulla famiglia, non può che partire da questo vissuto e da queste esigenze. Ci si deve chiedere se continuare a parlare di famiglia come una realtà “dentro” la Chiesa e la società, oppure come “nuovo modo d’essere” società e Chiesa. Di fatto, anche per chi vive all’interno di un cammino di fede e condivide i valori proposti dalla Chiesa, la famiglia è vissuta come uno stile di vita da costruire e non una certezza ereditata.

Mi domando se persiste la volontà di conservare un’immagine di famiglia come recinto di fragili sicurezze, modelli comportamentali che sanno di esteriorità, oppure si vuole riconoscere l’essere famiglia come apertura a ciò che di nuovo la vita propone. Non bisogna avere paura di rimettere in discussione dinamiche e mentalità che hanno nutrito il nostro passato. Non dobbiamo essere troppo affezionati ad un modo di essere famiglia del passato, perché se i risultati di quella famiglia siamo noi oggi, qualche perplessità dovrebbe guidarci su pensieri differenti.