Al servizio degli ultimi

Il profumo della famiglia permea il discorso sulla vita nella Chiesa nel Vangelo di Matteo

di Dino Dozzi

 La gerarchia del servizio

Image 013Nella Bibbia CEI in uso fino al 2008 il capitolo 18 del vangelo di Matteo portava come titolo “Discorso ecclesiastico”; nella nuova traduzione il titolo è “Discorso sulla vita nella Chiesa”. Cambiamento opportuno che recepisce, anche se con qualche decennio di ritardo, la sensibilità conciliare che si esprime poi anche nella terminologia: ecclesiastico sa di clericale, vita nella Chiesa profuma di famiglia.

Matteo intende presentare Gesù come il nuovo Mosè e il vangelo come la nuova legge; per questo raccoglie gli insegnamenti del Maestro in cinque grandi discorsi per farne il nuovo Pentateuco: Mt 5-7 è il discorso della montagna, Mt 10 il discorso missionario, Mt 13 il discorso in parabole, Mt 18 il discorso sulla vita nella Chiesa, Mt 24-25 il discorso escatologico. Discorsi ben costruiti dal nostro bravo “scriba divenuto discepolo del regno dei cieli, simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52): Matteo è un grande catechista.

Alla comunità ecclesiale il Gesù di Matteo ricorda prima di tutto la reale gerarchia: è più grande chi si fa più piccolo. È una gerarchia rovesciata, è la gerarchia del servizio, che ha la sua icona evangelica in Gesù che lava i piedi ai discepoli e la sua icona famigliare nella mamma che lava il suo bambino. E, a proposito di bambini, guai a scandalizzarli, guai a far loro del male, guai a strumentalizzarli! Molto dure sono le parole di Gesù (Mt 18,6-10). E terribilmente attuali.

Il discorso è rivolto soprattutto ai responsabili della comunità ecclesiale e per loro Matteo adatta la parabola della pecora smarrita, che in Lc 15 sottolineava la gioia del pastore che finalmente l’ha ritrovata, mentre qui sottolinea il dovere del pastore di andarla a cercare. Se qualcuno è in difficoltà nella comunità, il responsabile non può dormire tranquillo, deve andare a cercarlo e ad aiutarlo. Esattamente come ha fatto Dio con l’uomo in Gesù.

“E se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te…” (Mt 18,15). Il tuo fratello: è terminologia di famiglia. Una colpa contro di te: è esperienza quotidiana anche nelle migliori famiglie. Come comportarsi allora? Correggilo privatamente; se non conta, prendi con te uno o due testimoni (Dt 19,15 parlava di “due o tre”, Gesù è più discreto); se non basta ancora, dillo alla Chiesa (ekklesìa). La CEI traduce qui, per due volte, “comunità”. Peccato, perché Matteo è chiamato il vangelo della Chiesa, non solo perché è stato il più utilizzato nella liturgia (prima della riforma postconciliare), ma anche perché nei quattro vangeli è solo in Mt 16,18 e in Mt 18,17 (bis) che troviamo la parola ekklesìa da ek-kalèo: la Chiesa è frutto di una chiamata, diversamente dalla sinagoga che indica un’assemblea. Se non ascolta neppure la Chiesa “sia per te come il pagano e il pubblicano”: viene riportato l’ordinamento giuridico antico, che dovrà comunque tener conto dell’atteggiamento di Gesù verso i pagani e i pubblicani. Mt 18,18 estende a tutti i ministri della Chiesa il potere di “legare e sciogliere” che in 16,19 aveva riservato solo a Pietro (cf. anche Gv 20,23).
La forza di perdonare

Nella famiglia ecclesiale i figli debbono andare d’accordo e pregare insieme: il Padre allora non potrà non esaudirli (18,19-20), concedendo loro soprattutto la cosa più preziosa, cioè il suo amore paterno e il loro amore filiale e fraterno. Ed eccoci al problema dei problemi in ogni comunità e in ogni famiglia. Domanda Pietro: “Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?” (18,21). “Non sette volte, ma settanta volte sette!”, cioè sempre. E per giustificare la richiesta più difficile di tutto il vangelo, Gesù racconta la parabola del servo spietato (Mt 18,23-35).

Un re vuol fare i conti con i suoi servi. Chiama il primo, che gli deve un milione di euro; non può pagare, chiede pazienza; il re, cosa inaudita, gli condona tutto il debito. Questi esce che non sta nella pelle dalla gioia, e incontra un altro servo che gli deve un euro (la sproporzione delle cifre è nel testo). Quello non può restituirglielo e chiede pazienza. Il primo servo si appella alla legge e lo fa mettere in prigione. I compagni, visto l’accaduto, restano scandalizzati. E Gesù dice: perché lo giudicate male? La legge è dalla sua parte! I compagni dicono: ma come, gli è stato condonato un debito pazzesco e lui non è capace di condonare un euro? Gesù spiega: voi dovete tutto a Dio, ma basta che glielo chiediate e lui vi condona tutto il debito radicale che avete con lui. In cambio, vi chiede di condonare, a vostra volta, i piccoli debiti che gli altri vengono a contrarre con voi. Vien chiesto di perdonare a chi ha già gustato la gioia del perdono ricevuto.

Cos’è il Vangelo

Image 023Questa è la pagina che spiega meglio di tutte le altre che cos’è il vangelo. Si chiama vangelo, cioè bella notizia, perché dice a tutti noi facenti parte della comunità ecclesiale che Dio è nostro padre, che ci ama e ci perdona tutti i nostri debiti che abbiamo con lui; è vangelo perché ci dice che non dobbiamo più avere paura di nulla e di nessuno, neppure dei nostri peccati, perché Dio è più grande del nostro cuore e perché la misericordia di Dio è infinitamente più grande dei nostri peccati. A chi ha ricevuto molto verrà chiesto molto. A chi ha gustato la gioia del perdono ricevuto viene chiesto di diffondere quella stessa gioia perdonando a sua volta. Questa è la logica del vangelo.

E questa dovrà essere dunque anche la metodologia dell’evangelizzazione. La quale, purtroppo, per troppo tempo si è limitata a predicare quello che i cristiani debbono fare, dimenticando, o dando per scontato, quello che i cristiani sono, persone a cui Dio ha perdonato e perdona, persone che Dio ama e delle quali si prende cura paterna e fedele, persone che sempre e comunque possono chiamare Dio “papà”. Si parla di “nuova evangelizzazione” e non è sempre chiaro che cosa si intende. Questa parabola di Gesù (Mt 18,23-35) è la “magna charta” della nuova evangelizzazione, perché recupera la bella notizia evangelica, offrendo nuovamente il fondamento e la motivazione della vita cristiana.

E di tale “nuova evangelizzazione” ha bisogno anche la comunità cristiana, per riscoprire prima di tutto di essere la famiglia dei figli di Dio e per recuperare poi un comportamento di famiglia, sia all’interno che all’esterno. Mt 18 è indirizzato soprattutto ai responsabili della Chiesa: vien loro ricordata la legge del servizio, vien loro detto che sono grandi solo se si fanno piccoli e che non possono starsene tranquillamente in sacrestia se la chiesa è vuota o anche solo se manca qualcuno, soprattutto oggi, quando la parabola si è rovesciata e sono le novantanove a non essere nell’ovile.

Insieme dobbiamo rileggere questa grande catechesi di Matteo, considerandola non più come “discorso ecclesiastico”, ma davvero come “discorso sulla vita nella Chiesa”. Una Chiesa che deve essere sempre più chiaramente famiglia.