I tre intensi giorni di Festival hanno creato l’occasione per donarci gli uni gli altri attraverso la condivisione, il confronto e il dialogo. Vivere l’evento da volontari è un modo diverso di sperimentare la manifestazione e capire fino in fondo cosa significhi costruire connessioni attraverso la disponibilità all’ascolto di chi incontriamo, nella consapevolezza che è possibile anche nei mesi successivi conservare dentro di noi quanto vissuto nell’esperienza della piazza.

Chiara Vecchi

 Immagazzinare per il futuro

Quello che possiamo conservare dall’esperienza di volontari (e non) 

Un punto nella piazza

Quando il conto alla rovescia è ormai scattato e i giorni che mancano all’inizio del Festival sono sempre meno, i volontari e i tecnici iniziano le operazioni di montaggio delle strutture.

La piazza si ricopre di tanti gazebo bianchi e, solitamente, appare ben presto un gazebo più grande degli altri: l’infopoint. È il luogo ideale in cui immagazzinare tutto quello che deve essere distribuito ed è ancora in attesa di trovare una sua collocazione; magliette, programmi, striscioni nuovi, materiali per laboratori e attività: tutto si raduna lì in attesa del via. Come ogni anno anche i volontari, che sempre più numerosi rispondono alla chiamata e accorrono per donare un po’ del loro tempo, trovano presso l’infopoint tutte le indicazioni per svolgere i loro compiti al meglio e popolano questo ambiente con la loro presenza. Quello che, fino al giorno precedente l’inizio del Festival, sembrerebbe un magazzino come tanti altri, diventa nel corso della manifestazione luogo di incontro, servizio e scambio. Non si tratta semplicemente di un punto di distribuzione di informazioni, ma è di anno in anno anche spazio di ritrovo per partecipanti affezionati, oltre che primo punto di contatto per chi non conosce l’evento e prova la curiosità di saperne di più. Anch’io svolgo il mio compito di volontaria da alcuni anni e resto ogni volta colpita da quello che un servizio apparentemente semplice (dare informazioni o vendere magliette) può offrire come ricchezza a ciascuno di noi. Mi piacerebbe riportare in queste righe alcune mie impressioni e fermarmi a riflettere su come un luogo fisico, che racchiude in sé oggetti - ma anche persone - molto diversi tra loro, sia al tempo stesso contenitore di storie e piccolo esempio di quel dialogo ed entusiasmo che si percepisce e respira sulla scala più ampia della manifestazione.

 Costruire ponti, connettere storie

L’VIII edizione del Festival Francescano ha visto come filo conduttore “il perdono”, un tema sicuramente difficile e delicato, ma di grande urgenza e attualità. Durante i giorni dell’evento, chi come me ha avuto modo di vendere o comprare le magliette con il logo della nuova edizione, avrà notato come scelta del simbolo un arcobaleno completo solo a metà, e forse si sarà accorto di come non tutte le magliette presentassero il logo stampato sullo stesso fianco della t-shirt. La grafica si è così resa visivamente promotrice dell’idea che, affinché il nostro arcobaleno sia completo, l’affiancarsi e l’abbracciare l’altro siano i passi necessari da compiere. Che cos’è infatti perdonare, se non fare la nostra parte nella costruzione di un ponte proteso verso gli altri? Se non avere la voglia e la fiducia di permettere l’incontro tra la nostra metà e quella del prossimo?
È proprio in un luogo come l’infopoint, tappa di passaggio quasi obbligatoria per chi arriva, in cui si concentrano tante persone con età e provenienze geografiche diverse, a manifestarsi un piccolo esempio del costante tentativo di porsi in un atteggiamento di ascolto e apertura verso il prossimo. Tantissimi sono i turisti, ma anche i bolognesi, che si fermano per scoprire di più riguardo alla manifestazione, al tema o alla figura di san Francesco; più di cento i volontari che con loro si interfacciano durante i tre giorni della manifestazione. Il continuo dialogare con esigenze, interessi e curiosità diverse risulta un’esperienza non sempre facile, ma che permette un arricchimento umano impareggiabile, nonché talvolta la costruzione di rapporti che durano e possono essere rafforzati anno dopo anno. 

Dalla piazza alla vita

Se allarghiamo poi lo sguardo dall’infopoint alla piazza, da uno stand a tutti gli stand, e spostiamo la nostra attenzione sul Festival in quanto tale, possiamo notare che la realtà fatta di incontri e confronto, vissuta durante il servizio da volontaria, è un’esperienza che mi accomuna non solo agli altri volontari, ma anche a chi ha partecipato come spettatore e a chi si è trovato indirettamente coinvolto. Possiamo inoltre facilmente ritrovare nelle parole di più partecipanti sensazioni e impressioni che, spesso e volentieri, si richiamano a vicenda per somiglianza e che hanno in comune l’evidenziare la bellezza di poter vivere un tempo fatto di dialogo e condivisione.

Al di là del ricco programma culturale e spirituale, articolato in momenti di confronto di diversa modalità (dalla lezione frontale delle conferenze, alla testimonianza di vita raccontata durante una fast conference; dal dialogo personale nelle confessioni, al lavoro e discussione collettiva dei workshops - solo per fare alcuni esempi), l’elemento che contribuisce ad arricchire la manifestazione è proprio questa atmosfera di apertura e la presenza di un contesto che permette la possibilità di sperimentare per tre giorni un tipo di vita basato sulla condivisione. È l’occasione per poter intrecciare in un’unica piazza il proprio cammino con il sentiero percorso da molte altre persone, laiche e non, e così realizzare uno degli obiettivi principali dell’evento: riportare il messaggio di san Francesco sulle strade e tra la gente.

In un clima di questo tipo trova perfetta cornice il messaggio di questo anno e tutto ci ricorda che qualsiasi luogo e momento è l’occasione giusta “per-donare” noi stessi agli altri e al tempo stesso per immagazzinare quello che gli altri, con la loro storia e le loro domande, sono pronti a donare a noi. Quando le luci dei gazebo si spengono, le strutture e la piazza ritornano vuote, resta una pienezza interiore in tutti coloro che hanno partecipato direttamente o indirettamente, una ricchezza da nutrire anche ritornati alla vita di tutti i giorni e alimentare nell’attesa del Festival prossimo.