Non idealizzate, ma valorizzate

 

 di Dino Dozzi
Direttore di MC

Le donne possono fare i chirurghi e i magistrati, possono andare nello spazio e reggere nazioni, ma non possono fare né i preti né i diaconi. Almeno per ora, anche se… «È necessario ascoltarsi reciprocamente per “smaschilizzare” la Chiesa, perché la Chiesa è comunione di uomini e donne che condividono la stessa fede e la stessa dignità battesimale». L’affermazione è di papa Francesco nella prefazione ad un libretto di appena una novantina di pagine, ma denso ed esplosivo: Lucia Vantini, Luca Castiglioni, Linda Pocher, «Smaschilizzare la Chiesa»? Confronto critico sui “principi” di H.U.von Balthasar, Paoline 2024. Il 4 dicembre 2023, nel contesto del processo sinodale, i tre autori del libretto sono stati invitati dal Papa a presentare al Consiglio dei cardinali una riflessione circa la presenza e il ruolo delle donne nella Chiesa, a partire dai “principii mariano e petrino” teorizzati dal teologo svizzero. Non solo hanno accolto l’invito, ma poi hanno anche proposto al Papa di pubblicare i loro interventi e hanno ottenuto perfino una sua prefazione.
Lucia Vantini ha detto con chiarezza che il mondo femminile «si trova a disagio con il principio di Balthasar, un mondo femminile tanto esaltato quanto incompreso, misconosciuto, inascoltato, sottovalutato, deriso e demonizzato». Ha riportato al Papa sofferenze e insofferenze che rivelano uno squilibrio che in questa Chiesa grida con voci di donna, segni di ferite e conflitti aperti. Il principio mariano-petrino promette di semplificare una complessità che terrorizza; cancella o neutralizza le donne attraverso definizioni buone e immagini esaltanti: ma diceva Freud che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione.
Le donne ritengono il principio mariano-petrino una formula vuota con tristi e ingiusti effetti collaterali: «Noi donne non siamo nella Chiesa come Beatrice per Dante». L’effetto del principio mariano-petrino è l’esclusione delle donne, e funziona come sostegno del principio petrino, in una sorta di abbraccio che soffoca, asimmetricamente, tutti i soggetti. Il modello patriarcale assegnava a lei lo spazio della casa, il compito della cura e della riproduzione, le emozioni, l’immanenza, la mistica; a lui lo spazio della piazza, il compito della giustizia e della produzione, la forza dell’autonomia, la ragione, la trascendenza, la teologia. Con il loro ingresso nello spazio pubblico, il riconoscimento della propria libertà e il raggiungimento dell’autonomia economica, le donne hanno messo in crisi questo modello. Non è accettabile il principio di Balthasar che confina l’elemento mariano-femminile nell’affettivo-carismatico-soggettivo e interpreta quello petrino-maschile come esclusivamente ministeriale-istituzionale-oggettivo. Oltretutto si è dimenticato che Balthasar parla anche di un principio paolino-profetico e di uno giovanneo-mistico.
«Non c’è giudeo né greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) spalanca porte e finestre: nessuna differenza etnica, sociale o sessuale può essere usata come giustificazione per scale gerarchiche di cui spesso si serve la storia dei vincitori. Al Papa e ai cardinali Lucia Vantini ha suggerito di uscire dall’idealizzazione mistica del femminile (la donna), per riscoprire le donne reali; e poi di ascoltare anche la soggettività maschile affettiva e vulnerabile, dando così vita ad una cultura del noi, della complessità, dell’interconnessione, della libertà nella differenza.
Anche il teologo Luca Castiglioni ha messo in dubbio la validità dei principii mariano e petrino di Balthasar, proponendo di approfondire le relazioni vissute da Gesù Cristo, indispensabili per accedere al suo mistero. Va ricordato il valore irrinunciabile della presenza delle donne nella vita di Gesù e nella vita della Chiesa. Il capitolo 21 del vangelo di Giovanni ci ricorda che anche Pietro è solo quando vive di amore che può compiere adeguatamente la missione-funzione di pascere gli agnelli e le pecore di Gesù e papa Francesco ha scritto che l’imitazione di Maria è proposta ad ogni discepolo, non solo alle donne (EG 104).
L’identità essenziale di ogni prete non deriva dal ministero che esercita, ma dalla sua figliazione divina, come ogni battezzato, e il suo sacerdozio è un semplice servizio al sacerdozio comune, nella logica che vede in ogni singola persona un dono dato da Dio per il bene comune. C’è un posto per ciascuno e c’è bisogno di tutti, uomini e donne. Nel cammino di formazione al sacerdozio è questa impostazione teologica e spirituale che va presentata ai candidati e non l’idea che il sacerdozio ministeriale sia qualcosa che aumenta la comune grazia battesimale collocando i membri del clero in una posizione di superiorità. E va anche ricordato che il motivo dell’abbandono delle logiche patriarcali non è la rivendicazione di “quote rosa” o di esigenze democratiche, ma la semplice adesione al vangelo. Far proprio lo stile di Gesù significa anche permettere e incoraggiare relazioni paritarie e appaganti di amicizia e di amore con donne, evitando così di temerle o di sottometterle e addirittura di violentarle.
§Suor Linda Pocher ha ricordato che, mentre il contributo delle donne sembra essere minimizzato nei racconti del ministero pubblico di Gesù, nei vangeli dell’infanzia il protagonismo femminile è indiscusso. La pagina della visita di Maria ad Elisabetta è caratterizzata dall’assenza dei mariti e rivela la capacità delle donne di interpretare la parola di Dio per le altre donne, la loro capacità mistagogica. Il quarto vangelo ci presenta uomini e donne che si confrontano con Gesù, che confessano la loro fede in lui e prendono parte attiva nell’annuncio. Alle nozze di Cana l’evangelista presenta Maria come colei che aiuta il Figlio a prendere coscienza della propria identità e missione e sotto la croce riceve il compito di fare lo stesso con tutti i discepoli amati. Interessante che, in entrambi i casi, Gesù si rivolge a lei chiamandola “donna”: che vi sia un’intenzione generalizzante?
La sacra Scrittura cresce con coloro che la leggono, ha scritto Gregorio Magno. E questo vale anche per la viva Tradizione della Chiesa, che, fino ad ora, ha riservato il sacerdozio ministeriale agli uomini, ma in futuro, chissà…