Non cerco un Dio perfetto, ma un Dio presente

di Dino Dozzi
Direttore di MC

 

Dimmi se preghi e ti dirò se credi in Dio. Dimmi come preghi e ti dirò qual è il tuo Dio. Se poi mi dici anche chi è Dio per te ti dirò chi sei tu per me. Sì, perché le definizioni sono relazioni. E le une chiariscono le altre.
Prendiamo la definizione di Dio del catechismo di san Pio X, quella che molti di noi hanno imparato a memoria da bambini a catechismo, con tanto di domanda e risposta: «Chi è Dio? Dio è l’essere perfettissimo creatore e signore del cielo e della terra». Non è una definizione sbagliata, è gravemente incompleta, anche se da taluni purtroppo ancora utilizzata. «Tamquam Christus non fuisset»: non c’è nulla di evangelico, nulla di quanto Gesù ci ha rivelato. È una definizione che vorrebbe essere filosofica, ma che fa sorridere: non bastava dire ‘perfetto’? che senso ha quel superlativo ‘perfettissimo’? Ma chi mai vorrà mettersi in relazione personale intima e profonda con un «essere perfettissimo creatore e signore del cielo e della terra»? Il Padre nostro di Gesù è lontano mille miglia.
Una definizione come quella sopra ricordata non è senza conseguenze per la preghiera personale, per l’identità cristiana, per la coscienza comunitaria. Stiamo assistendo all’onda lunga di una relazione mai nata e che ai nostri giorni allontana da un caldo rapporto personale con un Dio a braccia aperte mai conosciuto. Le parole sono importanti, il linguaggio rivela e crea. Le parole e le  parabole di Gesù sono calde come il pane appena sfornato e fresche come acqua di sorgente.
Quest’anno, il 2024, è l’ottavo centenario delle stimmate di san Francesco e la ricorrenza viene giustamente ricordata e studiata ovunque, Festival Francescano compreso. Ma è anche l’ottavo centenario delle “Lodi di Dio Altissimo” uno dei tre preziosissimi scritti autografi di san Francesco (insieme alla benedizione a frate Leone, nel retro di questa stessa pergamena, conservata al Sacro Convento di Assisi, e alla Lettera a frate Leone, conservata nel Duomo di Spoleto).
È lo stesso frate Leone che nella parte alta della ‘cartula’ che riporta la sua benedizione scrive: «Il beato Francesco due anni prima della sua morte fece nel ‘luogo’ della Verna una quaresima a onore della beata Vergine Madre di Dio e del beato Michele Arcangelo, dalla festa dell’Assunzione di santa Maria Vergine fino alla festa di san Michele di settembre, e scese su di lui la mano del Signore dopo la visione e le parole del Serafino e l’impressione delle stimmate di Cristo nel suo corpo, fece queste lodi scritte dall’altro lato della pergamena e le scrisse di sua mano, rendendo grazie a Dio per il beneficio a lui fatto».
Ma per cogliere la differenza abissale tra la definizione di Dio sopra riportata e quella di san Francesco è bene che la rileggiamo: 

Tu sei santo, Signore solo Dio, che compi meraviglie.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,
Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.
Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene,
Signore Dio vivo e vero.
Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,
Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza,
Tu sei giustizia e temperanza,
Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza.
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore,
Tu sei fortezza, Tu sei rifugio.
Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede,
Tu sei la nostra carità, Tu sei tutta la nostra dolcezza,
Tu sei la nostra vita eterna,
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore. 

Intanto notiamo il passaggio dalla terza persona di carattere scientifico “Dio è…” alla seconda di sapore interpersonale “Tu sei…”. Dal freddo e distaccato “essere perfettissimo creatore del cielo e della terra” si passa a una quarantina di sostantivi per dire qualcosa non tanto di, ma a questo Dio “che compi meraviglie”. È proprio vero che l’occhio dell’osservatore modifica il fenomeno: qui l’occhio è pieno di meraviglia per le meraviglie che vede e ammira e loda. Ogni termine utilizzato esprime qualcosa di Dio ma insieme qualcosa dell’uomo oggetto delle meraviglie che Dio compie e di cui l’uomo è felicemente riconoscente. Dire «Tu sei forte» significa dire «Tu metti la tua forza a disposizione della nostra debolezza»; dire «Tu sei bene» significa dire «Con la tua bontà tu copri la nostra cattiveria»; dire «Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza» significa dire «Tu sei la nostra vera e totale ricchezza».
«Tu sei bellezza» è ripetuto due volte: per sottolineare la sensibilità estetica dell’osservatore e per mettere questa qualità divina al pari delle tre virtù teologali, anch’esse ripetute: «Tu sei la nostra speranza, tu sei la nostra fede, tu sei la nostra carità», esplicitando con quell’aggettivo possessivo la ‘comunione dei beni’ che viene ad istaurarsi tra Lui e noi. «Tu sei tutta la nostra dolcezza» richiama la pienezza di significato che Francesco attribuisce al termine e che anticipa l’uso che ne farà nel Testamento per descrivere il passaggio da una vita ‘amara’ senza Dio a una ‘dolce’ con Lui e con i lebbrosi.
Sì, dimmi chi è Dio per te e ti dirò chi sei tu per me, perché ogni definizione crea relazione. Le Lodi di Dio Altissimo dicono un Dio di cui innamorarsi e dicono un Francesco innamorato e fratello di tutti. Magari da scegliere anche come maestro di preghiera e di vita.