«Chi trattiene per sé la propria vita la mortifica e, pian piano, la vedrà appassire e sfiorire, chi invece la dilaterà, seguendo il mio esempio, fino a lasciarsi trasportare sulle sue ali e pervadere da tutta la sua forza la vedrà sbocciare e sentirà il suo profumo spandersi per la gioia propria e di molti altri». Così potremmo parafrasare Lc 9,24.

a cura della Caritas Diocesana di Bologna

 

Boia di un mondo distanziato!

Quanto ci manca la classe del tocco ? 

 IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

Come un fiume in piena

La frase evangelica ci fa da pista di lancio per questo “primo tè anno sesto”, purtroppo di nuovo a distanza e, mentre ne attendo i rimbalzi, sento acuta la mancanza dei nostri amici, di quel clima cordiale che scalda il nostro Cerchio, delle emozioni che si manifestano senza falsi pudori, del silenzio che si fa grembo accogliente quando le parole sarebbero di troppo.

Ma ecco irrompere Gabriele con la furia di un fiume in piena: «Non illudiamoci, questo meccanismo perverso non si fermerà tanto presto; rabbrividisco al solo pensiero delle tristissime feste natalizie nella solitudine più totale! Per ora sarà forse la mia perenne arrabbiatura a mantenermi iperattivo il sistema immunitario, poiché, a parte i difetti di fabbricazione, sto fisicamente bene, mentre è la salute mentale, già prima della pandemia messa a dura prova, che mi diventa sempre più difficile da salvaguardare. Se non avessi, come baluardo, la mia proverbiale ironia, sarei rovinato, perché dover ascoltare ogni giorno la litania che, d’ora in poi, questa sarà la normalità, ovvero un mondo totalmente anaffettivo, rende i miei sonni sempre più agitati. Esco di casa come fossi in trincea, muovendomi come se mi trovassi in un campo minato… è ovvio che la salute non è soltanto fisica, ma proprio per questo è altrettanto ovvio che salute e libertà vanno di pari passo, inscindibilmente correlate!».
Partenza da Moto GP in cui si inserisce la dolcezza di Gloria: «Quello che mi fa stare bene è l’affetto e l’attenzione dei miei cari e il sorriso di Massimino (otto mesi) quando mi vede. Ma condivido la preoccupazione di Gabriele quando afferma che gli aspetti più a rischio sono quelli sociale e affettivo. Io sono una coccolona, ho bisogno di mani, di abbracci e pacche sulle spalle».

 La solitudine ammala

«Certo la salute è la prima cosa», si intrufola Maria Rosaria, «anche prima dei soldi. La mia mamma è morta a quarant’anni, dopo una lunga malattia. Io ero giovane e avevo altro per la testa, ma quando, qualche anno dopo, all’improvviso, morì la nonna, soffrii tantissimo e, da allora, la paura della morte non mi ha più lasciato. Adesso che ci penso però, tutti i guai che ho passato c’entravano anche con il fatto che eravamo poveri. La psichiatra mi ha sempre detto che i problemi mentali per cui mi curo sono derivati dal fatto che non ce la potevo fare ad affrontare, da sola, tutto quello che mi è capitato. È vero che Dio mi ha fatto incontrare persone buone che mi hanno aiutato, ma, in fondo in fondo, sono sempre stata sola».
«Anch’io ho provato cosa significhi essere soli, e anche trovarsi di fronte a una morte improvvisa - si aggancia Leone con la delicatezza che gli è propria. Quando, da Palermo, sono arrivato in Veneto per cercare lavoro, ho abitato, per pochi giorni, con un mio compaesano che è stato l’unico a portarmi un po’ in giro in un ambiente dove non conoscevo nessuno, e a incoraggiarmi a non mollare. Poi lui si è trasferito altrove e un giorno ho saputo che un infarto se lo è portato via a 39 anni. Stava bene, non aveva vizi, ma la morte se lo è preso lo stesso. Forse il nostro ritmo di vita non ci fa bene, forse ci dovremmo riflettere» e ci lascia lì, sospesi, pensosi…
«Riflettere sì sui nostri comportamenti - rincara Denise, raggiungendoci da Pescara - la malattia è uno stato di malessere, ma non soltanto fisico; io sono portatrice di handicap e questo, spesso, allontana le persone, e oggi, per via del virus, ancora di più». Uno spazio tra le righe, un tempo sospeso mentre il pensiero va a ritroso… «Sin da piccola ho dovuto accettare di non essere autonoma e, crescendo, questo mi pesava; quando però mia madre è andata via di casa, ho letto il mio bisogno di parziale assistenza in modo quasi positivo, perché ho capito che quei momenti in cui si prendeva cura di me erano diventati ormai l’unica sottospecie di forma di tenerezza che avevo da lei. Questo vissuto mi ha insegnato quanto mi faccia sentire bene, nonostante i miei limiti, fare quello che posso per aiutare chi ha bisogno. Per questo ho scelto studi nell’ambito sociale e chissà se potrò metterli a frutto». È bello Denise averti al Tè.

 Sovrabbondanza da condividere per non spegnersi

Ma ecco Maurizio, con la timidezza che lo contraddistingue, come se si volesse scusare di quello che sta per dire: «Qui mi sembra proprio di cogliere il significato delle parole di Gesù. Lui non si riferisce solo all’aspetto spirituale, ma il Suo è anche un consiglio medico: curarci prendendoci cura degli altri. La vera forza del sistema immunitario, e la vera terapia in generale, è vivere con amore e non con egoismo. Io, per più di un anno, sono stato curato, con professionalità e amore, da medici e infermieri volontari: fare qualcosa per gli altri fa bene anche a se stessi. E, oltre a essere riconoscente, ho imparato a volermi più bene, anche fisicamente. Prima non ero così, ma adesso sono diventato il medico di me stesso, e credo proprio di doverlo a loro».
E l’ultima ad arrivar fu gamba storta… so che Serena mi perdonerà… «Dai problemi alla gamba al Covid, il mio mondo è diventato sempre più piccolo. Fin dall’inizio dei dolori ho promesso a me stessa che non mi sarei lasciata sopraffare. Nelle guarigioni operate da Gesù mi sembra ci sia sempre una infusione di energia, e io l’ho sentita questa energia, consapevole che non era tutta farina del mio sacco. Ho avvertito l’esigenza di comunicarla, di non rinchiuderla in me, ma non parlandone, con il rischio di non essere capita; piuttosto… - s’intoppa al telefono Serena, non trova le parole adeguate… - ecco, è come se io fossi un bicchiere con un dito d’acqua, un bicchiere che un Altro ha riempito fino a farlo traboccare, e l’acqua tracima non perché lo voglio io, ma perché ce n’è in sovrabbondanza!».
E così abbiamo scoperto che salute ha a che fare con libertà e povertà, coccole e pacche sulle spalle, paura e solitudine, amore e bicchieri traboccanti.
Ma no, non era finito! ecco tutta trafelata Rita all’ultimo minuto: «Questo Tè on line sa di poco, però mi permette di dire la mia senza il solito blocco che mi prende davanti agli altri. Secondo il vostro “lancio” è chiaro che io non sono “in salute”, è il benessere mentale che mi manca. Vivere in un ambiente dove sono costantemente in tensione mi spegne, mi toglie la voglia di fare e parlare, per paura di scatenare reazioni che poi non riesco a reggere e a gestire. Tutto ciò si riflette, inevitabilmente, sul fisico e quindi ecco la gastrite, la colite, le tensioni muscolari, il sonno disturbato. Ma anch’io contribuisco a farmi del male, tenendomi tutto dentro, come una pentola che bolle bolle e, piano piano, consuma il suo contenuto. Capisco che chiudersi non è positivo, ma è il timore di rivivere critiche, rifiuti, di sentirmi una deficiente per quello che dico… La speranza che nutro è di riuscire a vincere la presunzione di fare tutto da me e di mettere in atto ciò che ho ben capito, che abbiamo bisogno gli uni degli altri perché da soli ci si inaridisce e poi ci si spegne». Tombola!