Conoscere l’altro aiuta a creare dei ponti. Ringraziamo Takoua Ben Mohamed, giovane donna musulmana cresciuta a Roma, che esprime il suo mondo interiore tramite il disegno ed il fumetto. La sua storia personale è una testimonianza importante che parte dalla Tunisia ed arriva fino in Italia.

Barbara Bonfiglioli 

Dialogare attraverso i baloon

Intervista a Takoua Ben Mohamed graphic journalist e autrice di fumetti


Rubrica Religioni in dialogo 01 (Lorenzo Cinque)Cominciamo con una breve presentazione di te stessa: chi è Takoua Ben Mohamed?

Ho ventitré anni e studio all’Accademia del Cinema, a Firenze. Lavoro nel campo del graphic journalism: scrivo e disegno fumetti su temi legati all’attualità e alla cronaca.

Tuo padre si trasferì in Italia come rifugiato politico. Ne vuoi parlare?
Negli anni Ottanta Ben Ali salì al potere in Tunisia, grazie ad un golpe. Nacquero diversi movimenti di opposizione, tra cui quello di Ennahdha, a cui aderirono mio padre e mio zio. In seguito, l’atteggiamento del Governo verso l’opposizione si inasprì tanto che mio padre lasciò il paese nel 1991. Mia madre, con me appena nata ed i miei cinque fratelli, rimase in Tunisia. Fu un periodo difficile: mia madre non si arrese alle pressioni psicologiche da parte delle autorità tunisine e lavorò per non farci mancare niente. Eravamo veramente nelle “mani di Dio”, perché chi aiutava le famiglie dei condannati era considerato criminale e veniva punito. Mio zio fu arrestato, imprigionato per molti anni fino alla sua morte avvenuta nel 2000.

Rubrica Religioni in dialogo 02Quando sei arrivata in Italia, come hai vissuto i primi anni?
Sono arrivata nel 1999: avevo otto anni. È stato difficile riconoscere mio padre come padre: lo consideravo un eroe, ma era la prima volta che lo vedevo. Pensavamo di rimanere solo per le vacanze e di ritornare in Tunisia, ma decidemmo di restare. Cominciai le scuole elementari: il primo anno non sapevo parlare italiano e comunicavo con i miei insegnanti e compagni disegnando. Non ho avuto molti problemi ad inserirmi a scuola, anche se ero l’unica alunna straniera.

Di te si dice che sei romana di adozione: ti senti “adottata da Roma”?
Sono cresciuta a Roma: parlo con la cadenza tipica del dialetto romano ed il modo di vivere la mia quotidianità è romano. L’unica differenza è la fede religiosa.

Quali sono gli aspetti più importanti dell’islam che vuoi sottolineare?
L’islam non è solamente credere in Allah e pregarlo, ma è, soprattutto, uno stile di vita. Il musulmano è libero di scegliere se seguire questo stile di vita o meno. Non ci sono costrizioni nella fede islamica, perché alla base dell’islam c’è la giusta intenzione che è del singolo. Molti sono gli aspetti importanti dell’islam che insegnano al fedele in cosa credere e come crederci, a distinguere tra giusto e sbagliato, e, soprattutto, il rispetto ed il dialogo.

Portare il velo è stata per te una scelta, presa da sola: cosa significa per te? E per le donne?
Ogni donna che decide di portare il velo ha dei motivi religiosi e dei motivi personali: quelli religiosi sono comuni a tutte quante; mentre quelli personali differiscono. Nel mio caso, ricordo, dopo l’11 settembre 2001, le mie sorelle più grandi che lo indossavano e che venivano trattate in modo poco gradevole. Ho fatto la scelta di indossare il velo per testimoniare che sono una donna musulmana libera. Purtroppo so che ci sono donne costrette ad indossarlo, ma - lo ripeto - nell’islam nessuno ha questo diritto di costringere altri. Un velo indossato per costrizione diventa privo di significato e di valore per Allah.

Si parla di “musulmani di seconda generazione”: ti riconosci in questa definizione? Come hai coniugato le due culture in cui sei cresciuta?
Mi ritrovo in questa definizione, in quanto sono cresciuta in Italia fin dall’infanzia. Il fatto di essere cresciuta in due culture ha dei lati positivi: ho attinto da entrambe, coniugandole. Ma ha anche dei risvolti più difficili: sono “vista” come straniera da entrambe le culture. Sono “in mezzo” alle due culture, ponte che può aiutare la comprensione reciproca.

Scopri una passione per il disegno ed il fumetto. Quali sono i temi dei tuoi lavori?
Ho scoperto il fumetto a tredici-quattordici anni. La prima storia che scrissi si intitolava Me and my hijab e parlava di una ragazza che porta il velo, dei pregiudizi, delle difficoltà e delle paure che incontrava e delle reazioni, positive e negative, che suscitava in chi incontrava. Le mie storie prendono spunto da fatti realmente accaduti, a me o a persone che conosco: parlo dei pregiudizi sull’islam, del razzismo, in ogni sua forma, dei diritti umani violati, soprattutto nei paesi in guerra, della primavera araba, della vita che si vive sotto una dittatura. Posso usare toni ironici, ma anche seri e, comunque, positivi. Ora sto lavorando ad un progetto di un libro a fumetti che parla della Tunisia tra gli anni Ottanta e Novanta, fino al 2011.

Islam e ISIS: vuoi dirci qualcosa?
In un mio fumetto, dal titolo Alì barbalunga, parlo di un ragazzo musulmano che tiene la barba lunga perché gli piace e perché si vede più bello. Durante la settimana si veste come tutti i giovani della sua età, va all’università ed è visto come un ragazzo qualunque. Di venerdì, indossa il vestito lungo bianco e il cappellino per andare a pregare e la gente lo vede diversamente: lo associa ai terroristi dell’ISIS che vedono in televisione. L’ISIS strumentalizza la religione e non ha niente a che fare con l’islam. Mi piacerebbe che i giornalisti usassero le loro penne al servizio della cronaca onesta e non per false generalizzazioni ideologiche.

Quali sono le tue esperienze di dialogo soprattutto tra cristiani e musulmani?
Sono una musulmana credente, che porta il velo. Non passo inosservata nei luoghi che frequento, la gente mi riconosce come musulmana, e ciò suscita domande. Per me, questo desiderio di conoscere ed incontrare l’altro nella differenza è dialogo ed è alla base della convivenza.

Quali sono per te i punti su cui si potrebbe costruire qualcosa insieme e quali invece quelli che secondo te dividono maggiormente l’islam e il cristianesimo?
Per me, l’islam e il cristianesimo hanno alla base gli stessi principi, quindi non dovrebbero esserci punti che li dividono. Penso che un cristiano credente, se ha stima della sua religione, ha stima anche di tutte le altre religioni e questo vale anche per un musulmano credente.

Quale è la visione di stato di un musulmano e in cosa, secondo te, può differire dalla visione di stato di un occidentale, laico, figlio dell’illuminismo e della rivoluzione francese?
Penso che la visione di stato sia la stessa per un musulmano e per un occidentale: entrambi desiderano vivere in uno stato dove vige democrazia e libertà di pensiero e dove viene rispettata la legge, uguale per tutti, a prescindere da appartenenze religiose, politiche e provenienza.

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Dell’autrice segnaliamo:

Le vignette di Village al sito:
villageuniversel.com/le-vignette-di-village

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