Vita e miracolo della pala di Budrio

Restauro dell’opera d’arte di Augusto Majani

Storia a lieto fine

Parliamo della pala dedicata alla Sacra Famiglia con san Francesco d’Assisi che l’artista Augusto Majani dipinse, a ventotto anni, nel 1895 per la chiesa dei cappuccini di Budrio sorta in quel periodo grazie alla munificenza del barone Federico della Noce.
Una storia alquanto travagliata che ha visto, in buona misura, i frati cappuccini come protagonisti. Questa vicenda sottolinea, in qualche modo, la loro attitudine a vivere il rapporto con la gente e il proprio territorio in modo coinvolgente, semplice e immediato. Tale modalità è stata fin dalle origini fruttuosa e vivificante per tutti in una dialettica del dare e del ricevere, nell’accezione manzoniana più genuina di “frati del popolo”. Nel nostro caso specifico, si può parlare di una testimonianza dell’attenzione dei cappuccini per la conservazione delle opere d’arte in loro possesso, del valore delle testimonianze del passato, tanto da prefigurare tutto ciò come una costante nella loro storia. Il bello, l’opera d’arte, come gradino verso il trascendente e come mezzo espressivo della fede; l’arte come quinto Evangelo che parla a tutti.
Ma veniamo alla nostra storia, che ci racconta di un dipinto realizzato dall’artista budriese Majani per la chiesa dei cappuccini di Budrio appena costruita; la sua destinazione era sopra l’altare maggiore. Qui rimase per diversi anni, anche se non mancarono le critiche, che a lungo andare costrinsero i frati a rimuoverla e a collocarla in altra parte della chiesa. La tradizione vuole che tra i rilievi mossi dai fedeli vi fosse la somiglianza del volto della Madonna con quello della fidanzata, allieva e poi moglie del pittore: la budriese Olga Lugaresi. In conclusione il dipinto fu rimosso e collocato in un luogo della chiesa, diciamo così, più “defilato” («così fu levato via e confinato sopra la porta della chiesa»). Nel settembre 1942, il dipinto fu richiesto dall’autore, che all’epoca abitava a Casalecchio, per effettuarvi alcuni ritocchi: infatti era particolarmente interessato a salvare quella che considerava la sua prima opera. Vi fu condotta il 3 novembre successivo da frate Francesco, laico cappuccino, utilizzando come mezzo di trasporto, a quanto pare, un rudimentale biroccio. La guerra, il trasferimento dell’artista a Buttrio (Udine) e altre vicende ne fecero perdere le tracce.
Sembrava che la grande pala fosse andata irrimediabilmente perduta e che ormai ci si dovesse accontentare della fotografia esistente che, sfortunatamente, riproduceva solo parzialmente il dipinto originale. Ma, come nelle storie a lieto fine che si rispettano, all’improvviso ecco la novità: il ritrovamento del dipinto sul mercato antiquario da parte dei frati cappuccini e del relativo acquisto da loro effettuato nel 2004. In tale operazione i religiosi, sotto la guida di padre Andrea Maggioli del convento bolognese di via Bellinzona, hanno dimostrato una grande sensibilità culturale, recuperando un elemento importante della loro storia, con particolare riferimento all’esperienza budriese, conclusasi nel 1985. I giornali diedero molto risalto alla cosa e questo contribuì a suscitare non poco interesse tra la gente del paese, tanto che nel maggio del 2006 un gruppo di cittadini di Budrio si recò a Bologna per vedere il dipinto, che intanto era stato depositato presso il garage del convento, e che versava in uno stato pietoso. Appariva evidente a tutti la necessità di un restauro molto impegnativo, sia sotto l’aspetto tecnico che finanziario.
La storia successiva confermava in pieno il detto popolare “l’unione fa la forza”. Infatti da questo momento in poi si compose una specie di cordata. Ne entrarono a far parte il comune e i musei di Budrio, la Soprintendenza di Bologna, il laboratorio di Restauro dell’Accademia delle Belle Arti, sempre di Bologna, e ovviamente i cappuccini, disponibili a concedere il trasferimento a Budrio della pala di Majani, per un certo periodo e previa convenzione con le Istituzioni del luogo. Cosa che, date le condizioni favorevoli, si realizzò nell’aprile del 2008 quando i frati comunicarono al Comune il loro interesse a concedergli in comodato gratuito per quindici anni la pala suddetta e nella convenzione successiva si esplicitava la finalità dell’operazione in questi termini: «affinché sia esposta in ambiente adeguato per la fruizione pubblica».

Ritorno all’origine

Così un’opera pensata e realizzata un tempo per i frati e per la gente di Budrio ritornava nella sua città d’origine a beneficio di tutti. Singolare vicenda di un dipinto che in poco più di un secolo lo si è visto comparire, poi scomparire e infine ricomparire forse più bello di prima, quasi memoria della lunga presenza dei cappuccini in questa cittadina, dove essi si insediarono nel 1562 e da dove se ne sono andati a metà degli anni Ottanta.
Davanti al dipinto del Majani restituito al suo splendore originario da un accurato restauro, è doveroso ricordarne gli autori: gli allievi del Laboratorio di restauro dei Dipinti su Tela e Tavola del Corso di Metodologia della Conservazione presso l’Accademia di Belle Arti. Sotto la direzione della loro insegnante Marilena Gamberini hanno saputo compiere un piccolo, grande miracolo. A lei e a loro un profondo senso di gratitudine da parte dei cappuccini dell’Emilia-Romagna e degli abitanti di Budrio, con l’augurio che l’esperienza fatta possa trasformarsi, per il futuro di questi giovani, in un sicuro investimento.
Dopo il grande successo ottenuto in occasione della presentazione a Bologna e a Budrio negli ultimi mesi del 2011, non potendo tornare sull’altare originario, essendo attualmente la ex chiesa dei cappuccini di Budrio divenuta di proprietà privata, la pala di Majani è stata collocata nell’abside della chiesa di Sant’Agata di Budrio.