Tra i lontani echi provenienti dai campi estivi di formazione missionaria, abbiamo scelto quelli provenienti dalla Turchia, dove giovani in cammino hanno conosciuto la realtà missionaria in cui operano i cappuccini dell’Emilia-Romagna da quasi cent’anni, dal 1927.
a cura di Saverio Orselli
Il dialogo, l’origine e noi
Partire è un po’ come incontrare e seguire
di Eugenia Berselli
del gruppo di campisti in Turchia
Il 31 luglio siamo partiti, in un gruppo di giovani adulti, alla volta di Istanbul.
L’esperienza missionaria che abbiamo vissuto ha avuto un’impronta prettamente spirituale e formativa: l’obiettivo è stato non solo quello di permettere a noi campisti di conoscere una cultura differente e approfondire il pluralismo religioso che caratterizza da sempre la Turchia, ma anche conoscere le radici della fede cristiana. Nel nostro viaggio siamo stati accompagnati da fra Matteo Ghisini, che segue la formazione del gruppo missionario di San Martino in Rio e di Imola, e da fra Paolo Pugliese, che da anni è al servizio delle fraternità che hanno sede in Medio Oriente. Durante il nostro soggiorno in città abbiamo avuto il privilegio di dialogare con il Vescovo, il Patriarca Ortodosso Bartolomeo, e un insigne esponente del Patriarcato Armeno. Questi incontri ci hanno permesso di meglio comprendere come nel territorio anatolico le persone vivano la loro fede e come le diverse religioni si intreccino in un turbinio in continua evoluzione.
A sua immagine e somiglianza
La Turchia è un paese a prevalenza musulmana. L’Islam al suo interno è caratterizzato da molteplici sfaccettature: esistono modalità più intransigenti e tradizionaliste di vivere questa fede, come avviene per le Confraternite islamiche, in cui le donne hanno un ruolo sociale del tutto marginale e il dialogo con le altre religioni è ridotto ai minimi termini, e realtà più aperte e progressiste in cui, pur rimanendo fedeli ai precetti del Corano, la comunità è più disposta al dialogo e alla serena convivenza con le altre fedi religiose. La realtà religiosa turca è composita e complessa.
Son presenti anche diverse realtà cristiane come cattolici, protestanti, ortodossi e diverse chiese ortodosse orientali (siriaci, armeni, caldei), che convivono pacificamente e collaborano fraternamente. Le relazioni che si sono intessute nel corso del tempo tra le diverse Chiese si sono rese necessarie anche per garantire la loro sopravvivenza in una terra a prevalenza islamica.
Ciò che caratterizza e contraddistingue il credo cristiano non è costituito solo dal mero rispetto di una serie di precetti formali, ma il cuore della nostra fede è rappresentato dalla relazione che ciascuno di noi intesse con il Signore, che per mezzo di Cristo si è reso una persona in carne ed ossa. Come sostenuto anche da un giovane ragazzo di origine islamica che abbiamo avuto l’occasione di conoscere, il buon cristiano non è colui che osserva solo pedissequamente le regole imposte dalle sacre scritture, ma colui che cambia sé stesso per vivere a immagine e somiglianza di Dio. Questo aspetto è ciò che più ha colpito il nostro interlocutore e che lo ha stimolato ad approfondire la conoscenza della fede cristiana, tanto da arrivare ad una conversione.
Nel nostro Paese, laico per definizione e dettato costituzionale, ciascuno è libero di abbracciare qualsiasi credo religioso e di vivere liberamente la propria fede. Questo è un privilegio riservato solo ad alcuni Stati, mentre così non è in altre parti del mondo. Dall’incontro con alcuni catecumeni, nel corso della nostra missione spirituale, abbiamo capito quanto, in Turchia e in altri Stati del Medio Oriente, non si gode delle stesse libertà. Infatti i ragazzi con cui abbiamo parlato ci hanno confessato che non hanno potuto condividere la loro scelta con i propri familiari o amici per il timore di ripercussioni negative. Per dar contezza delle condizioni in cui queste persone si trovano a vivere si riporta la storia di un giovane costretto a mettere bibbia e crocefisso in una cassaforte installata presso la propria camera da letto per evitare che i genitori possano venire a conoscenza del suo credo.
Per questi motivi, nel corso del tempo trascorso a Istanbul e delle riflessioni fatte su quanto raccontato, abbiamo capito quanto sia importante rimanere sempre vigili e attenti riguardo al modo in cui si vive la religione; infatti, come accaduto anche in passato, questa non deve divenire uno strumento nelle mani degli uomini per incentivare conflitti e devastazioni o faide familiari, ma deve essere il mezzo con il quale vivere una vita serena in comunione con Dio.
Tre testimoni
Dopo aver trascorso la prima parte del nostro campo a Istanbul, ci siamo spostati verso sud per concentrarci maggiormente sulle nostre origini cristiane. Abbiamo fatto tappa a Nicea dove 1700 anni fa, nel 325, si è celebrato un primo concilio che ha portato i Padri della Chiesa a redigere la professione di fede del Credo. Dopo diverse ore di viaggio siamo arrivati a Selçuk dove abbiamo trascorso alcuni giorni. Particolarmente emozionate è stata la visita alla tomba di San Giovanni, durante la quale fr. Paolo ci ha invitati a leggere alcuni passi del vangelo e a riflettere sulla vita e sulle opere compiute dal Santo. Giovanni, nonostante il temperamento piuttosto arrogante ed eccentrico, era il discepolo più amato da Gesù; questo dato è stato fondamentale per capire come Gesù sia venuto sulla terra per rompere l’equazione “tu sei ciò che fai” e mette in crisi il meccanismo del giudizio, come si evince dall’incontro con l’adultera. Come ci insegna Giovanni nel suo vangelo, Dio è amore e la vera fede consiste nel cogliere questo sguardo amorevole che ci trasfigura.
Altro esempio e modello di santità deve essere per noi Maria, docile serva del Signore, che ha messo la sua vita e il suo corpo a disposizione per contenere l’incontenibile, ossia Cristo Gesù. In base alle fonti storiche vi è motivo di ritenere che, dopo la crocefissione di Cristo, Giovanni abbia preso con sé Maria, come affermato nel vangelo di Giovanni (19, 26-27), e l’abbia condotta in questa terra. Tappa fondamentale del nostro pellegrinaggio è stata Meryem ana evi, ossia la casa nella quale Maria ha vissuto l’ultima parte della sua esistenza. Grande è stata l’emozione di trovarci in quel luogo. Siamo stati ospitati dai Frati che lì risiedono e custodiscono questo luogo santo e che ci hanno raccontato di incontrare ogni giorno centinaia di persone, anche di fede musulmana, che chiedono preghiere e intercessioni.
Sì, ma noi?
Maria e Giovanni, come del resto anche Paolo, che ha abitato questi luoghi, ci permettono di avere testimoni tangibili della grandezza di Dio ed esempi concreti a cui ispirarci per vivere, giorno dopo giorno, la nostra fede. Paolo di Tarso rappresenta uno dei primi missionari della storia, sempre in viaggio per diffondere il messaggio di Cristo. Durante i suoi viaggi ha vissuto delle difficoltà che hanno messo a dura prova la sua resistenza. Egli infatti, dopo essere arrivato in una comunità, essersi integrato e aver instaurato relazioni, è sempre stato chiamato dal Signore a lasciare tutto e spostarsi per annunciare ovunque il vangelo in modo efficace. Egli non ha portato alle genti un messaggio monotono, ma ha sempre cercato di comprendere i caratteri delle persone che aveva di fronte e individuare la modalità comunicativa più adatta, in primis adeguando le proprie azioni e il proprio operato al messaggio che andava annunciando. Questo è ciò che viene chiesto anche a noi oggi, ovvero non limitarci a professare la nostra fede a parole, ma vivere la nostra quotidianità da veri cristiani; beati quelli che vivendo la vita di Cristo con la loro carne saranno operatori di pace perché, come si legge in Matteo 5,9, saranno chiamati figli di Dio. Quanto detto sottolinea l’importanza di vivere secondo gli insegnamenti e l’esempio di Cristo, incarnando la sua pace nel proprio corpo e nella propria vita quotidiana, proprio come san Paolo ha fatto fino all’ultimo giorno della sua vita passato in prigionia a Roma. Egli infatti, pur essendo privato della libertà, ha continuato ad annunciare il messaggio di Cristo a chiunque bussasse alla sua porta.
Siamo grati per l’immensa ricchezza ricevuta che custodiamo nel cuore e annunciamo, affinché il tempo trascorso in Turchia non si riduca a una mera esperienza estiva ma renda anche noi testimoni autentici dell’amore di Dio.